𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟷𝟽

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"Ho detto di non toccarmi!"

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"Ho detto di non toccarmi!". Sbraitò l'Omega, nuovamente legato ad un albero, ma questa volta erano ben bloccate entrambe le caviglie, così da evitare la fuga mentre era a stretta sorveglianza da parte della ragazza.
Stava impazzendo, voleva andarsene, voleva scappare, odiava essere lì, in quel mondo sperso, fatto di pura e sola desolazione.
Ovunque guardasse, solamente dune occupavano la visuale. Non un suono, non un essere vivente che girasse di fronte ai suoi occhi.
Per non parlare di quel caldo afoso... Anche nel suo palazzo lo soffriva, ma era decisamente più mite grazie alle mura che tenevano ombra ed estraniavano il prepotente calore che il sole regalava.

Lì tutto era percepibile, ogni singolo grado veniva assimilato dal suo corpo e i liquidi che aveva venivano rilasciati dal sudore, che imperlava la sua candida pelle.

Il loro percorso era prestabilito, dovevano muoversi di oasi in oasi, e quella era la seconda raggiunta dopo la separazione del loro strano gruppo.

La giovane ragazza, Momo, stava cercando di mantenere la calma con tutta sé stessa, mentre Izuku era andato a rifocillare gli animali, le riserve d'acqua e raccoglieva varie tipologie di alimenti da poter ingerire, principalmente radici acquose di piante lì presenti.

Lei aveva il dovere di medicare la ferita della frustata che era stata inferta al principe, con i suoi intrugli a base di aloe, perlomeno per poter rinfrescare il suo corpo e rendere il tutto più piacevole, anche se di piacevole non c'era niente...

"Lasciati aiutare...". Sospirò lei, riprovando a fermare le sue spalle ma senza riuscirci. Come un cane randagio, terrorizzato da qualsiasi gesso gli venisse presentato, che ad ogni tentativo di approccio si rigirava mostrando i denti.
E Katsuki stava facendo proprio quello, appena vedeva la mano avvicinarsi a lui i suoi occhi mutavano lasciando percepire l'ira e la rabbia come fiamme divampanti che fuoriuscivano dal suo sguardo, e poi i denti sbattevano nell'aria digrignando furiosi.

Il suo era un animo indomabile, come il più selvaggio dei cavalli, dal coraggio di un leone. Esatto, era proprio un leone, coraggioso, impavido, e la paura non esisteva nel suo spirito. Non si piegava a nessuno, non una lacrima era stata versata, voleva solamente tornare a casa sua.

"Se crepo io, crepate voi. Sfortunatamente non potrei assistere a tale goduria, ma non vedo l'ora di incontrarvi nell'aldilà!". Sbraitò, mostrando un ghigno strafottente e gonfiandosi, sotto uno sguardo esasperato di una ragazza che voleva solamente poter aiutare.

"Credimi... - Sospirò lei, abbassandosi il velo sulla testa per poter liberare la lunga chioma scura che le andò ad incorniciare il volto, riuscendo a rendere i suoi lineamenti taglienti - Questo non è niente... Sii arrendevole, e tutto andrà per il meglio".

"Cos'è, vuoi provare a farmi pena, ah?! - Ringhiò, stringendo tra i pugni la sabbia calda sotto il proprio corpo - Non me ne frega un cazzo di quanti cazzi ti hanno violent-".

La sua testa venne fatta girare di scatto, irradiando sulla sua pelle un forte calore e un pizzicore da fargli ribollire ancora di più il sangue nelle vene. La mano, sottile ed elegante della ragazza, era riuscita a colpire il suo volto con talmente tanta forza da farlo voltare ad una velocità impressionante.
Addirittura, faceva estremamente male.

AmalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora