𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟹𝟸

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La libertà è un senso carico, le persone si sentono appagate nel percepire l'indipendenza, la libertà di parola, di agire, la libertà di vivere

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La libertà è un senso carico, le persone si sentono appagate nel percepire l'indipendenza, la libertà di parola, di agire, la libertà di vivere.

Ma per Katsuki non era prettamente la medesima cosa.

Era nato con un'ideologia, quando era bambino credeva che sarebbe riuscito a toccare il cielo con un dito dall'altezza astratta in cui si trovava.

L'idea di essere un Alpha, addirittura di puro sangue reale, lo rendeva felice, lo rendeva libero di esternare ogni cosa e di comportarsi come più preferiva, ma con l'arrivo del secondo genere tutto era andato a rotoli.

Segregato in un palazzo, chiuso socialmente tra i servi e le dame, imprigionato in una vita nascosta sotto ad una bolla di vetro.

Nel venir catturato aveva assaporato un po' di libertà, una pulce fastidiosa gli era entrata nell'orecchio premendo il suo ego nel voler provare sempre di più per tutti quegli anni passati a mangiare chicchi di uva pregiata e bere sidro.

Per poi arrivare ad un certo punto ed essere... Sempre più legato.

Pesanti manette erano legate ai suoi polsi, incatenate a delle cavigliere che gli minimizzavano i passi, rendendo difficoltosa ogni falcata.

E la cima di quella prigionia chi è che la stava tenendo ben stretta tra le mani...?
Proprio lui, l'Alpha che gli aveva fatto assaggiare la libertà.

Rideva, spensierato, rilasciando ad ondate quell'aroma così avvolgente, sempre di fianco all'altro Omega, che con una certa strafottenza camminava fiero tra quei viali rocciosi, facendo cenni con il capo ai soldati che avevano riposto le armi.

Ogni persona lì presente, squadrava con sguardi lascivi e tremendamente languidi il corpo del principe, coperto da quei veli color sabbia che Momo gli aveva donato con accortezza.

Se solo ci fosse stata anche lei, sicuramente avrebbe trovato un appoggio per lo meno emotivo, l'aroma di gelsomino lo teneva calmo con estrema facilità.
Ed invece il naso gli prudeva per colpa di quell'odore di grano essiccato che gli colpiva il setto nasale.

Quanto desiderava vederlo crepare... Quel Keigo, con quel suo stupido pollo aggrappato tramite gli artigli alla sua spalla imbottita.
Chissà il dolore nel provare quelle lunghe unghie affilate affondate nella carne.
Erano come arpioni incurvati, dai quali le prede non potevano scappare.

Il vociare dei soldati aumentava ad ogni passo, mentre l'ingresso nelle cave fu quasi lugubre.
Torce accese, dalle sempre presenti fiamme blu, gli mostravano la strada, affondando dentro quei canyon che nascondevano un'intera civiltà.

Abitazioni scavate nelle rocce, persone dalle pelli deteriorate da una vita fatta di miseria...
Un senso nauseabondo si aggrappò al suo stomaco, vedendo sui cigli dei viali, di quella città sotterranea, tutte quelle persone che vivevano di stenti e sospiri.

Vivevano male... Ma perché non chiedevano aiuto all'imperatore?

Perché non si prestavano di fronte al faraone, chiedendo di poter risollevare le vite di quelle persone...?

AmalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora