7. Pancake e ritorno a casa

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Una piccola brezza mi fa sussultare e aprire gli occhi.

Cerco di inquadrare bene il posto in cui mi trovo. Una camera tutta rossa.

Ricordo bene nei singoli dettagli tutto quello che era successo la sera prima: il mio tentativo di ricerca di Charles, la visione di lui in lacrime, la sua proposta di restargli a fianco.

Cerco di muovermi, ma qualcosa mi blocca. Ci provo di nuovo, ma quella cosa continua a trattenermi.

Provo a controllare cosa sia. Il braccio di Charles mi stringe il bacino, impedendomi di muovermi.

Non so se tornare a dormire o se alzarmi lasciando Charles da solo nel letto.

Accendo il blocco schermo del mio telefono per controllare l'ora.

Sono le 7:00.

Già di prima mattina il mio stomaco comincia a brontolare, probabilmente perché ieri sera non ho cenato.

Credo proprio che andrò a prepararmi la colazione.

Delicatamente tolgo il braccio di Charles dal mio bacino, mi alzo piano piano dal letto e mi incammino per andare giù in cucina.

Ho già idea di cosa possa preparare: i pancake.

Quando ero piccola mia madre me li preparava sempre per colazione, e ogni volta mi caricavano e mi rendevano felice. Ancora adesso eh, per carità.
Solo che a causa del lavoro non faccio mai in tempo a mangiarli, ci vuole anche tanto tempo per prepararli.

Chissà se Charles li ha in frigorifero.

Arrivo in cucina stiracchiandomi la schiena. Apro il frigorifero iniziando a perlustrare in ogni angolo alla ricerca dei pancake.

Spero di non svegliarlo, se no mi butta fuori a calci in culo.

Mi immagino la scena: lui che arriva assonnato e mi trova intenta a frugare nel frigorifero del suo motorhome. Penserebbe "ma questa è pazza".

Non si sa come ma riesco a trovare una confezione di pancake. Evidentemente anche lui si droga di quella roba.

Accendo il fornello e ci appoggio sopra la pentola con i pancake, poi tiro fuori lo sciroppo d'acero e qualche frutto di bosco.

I pancake con lo sciroppo d'acero sono la specialità di mamma. Ci metteva sempre un lampone o mirtillo, ed ero contenta.
Tutta la famiglia l'amava.

Col tempo però il caffè ha preso il loro posto... Ho iniziato più ad abusarne dalla terza superiore in poi. Studiavo tutto il giorno, dalla mattina alla sera. Anche la notte mi svegliavo, puntavo la torcia sui libri e studiavo. Arrivavo a scuola con poche ore di sonno e caffè in vena, ma ne valeva la pena.

Mentre aspetto che i pancake si cuociano, sento dei passi fitti fitti dietro di me.

Potrei dedurre che Charles si sia svegliato.

Mi giro e trovo il monegasco appoggiato sullo stipite della porta che si stropiccia gli occhi. Ovviamente continuo a soffermarmi su quegli addominali che sembrano scolpiti dal Bernini in persona.

"Che prepari?" mi chiede il pilota con una sottile voce. "I pancake" rispondo tornando vicino al fornello.

"La mia droga. Sono felice di sapere che non sono l'unico ad amarli" commenta fiero. Gli lascio un sorriso.

Spengo il fornello e appoggio i pancake sul piatto, poi prendo lo sciroppo d'aceri e lo verso sopra, aggiungendo anche qualche mirtillo.

"La colazione è servita" affermo passando il piatto a Charles, che mi ringrazia. Ci sediamo intorno al tavolo e iniziamo a mangiare.

Continuo a soffermarmi sul petto del monegasco. Stavolta l'attenzione è rivolta alla sua collana che scende fino ai suoi pettorali.

"Come mai porti il corno napoletano al collo?" gli chiedo ridacchiando. "Perché ho bisogno di fortuna. Recentemente mi sta andando tutto male, non che gli anni passati fosse così eh" mi spiega.

Vero, Charles è un ragazzo un po' sfigato. Gli succedono di tutte i colori, sia dentro sia fuori dalla pista.

Avrebbe bisogno di un giro a Lourdes.

Quando sono andata a Napoli una volta me l'avevano dato e l'avevo usato come charm per il mio braccialetto, finché non si è rotto.

Storia triste.

"Lavo io i piatti, stai tranquillo" dico finito di mangiare.

"Sappi che mi hai salvato il culo... Io faccio schifo a cucinare, probabilmente se avessi preparato io la colazione saresti già in ospedale con una disintossicazione alimentare" afferma Charles compiaciuto.

Mi ha fatto un complimento per come cucino? Impressionante!

"Va beh senti, vado su a farmi la doccia" mi avverte Charles mentre io sistemo i piatti e le cianfrusaglie vare.

Il pomeriggio lasciamo il Bahrain e torniamo a Maranello, per concentrarci sul weekend di Jeddah, in Arabia, che sarà settimana prossima.

"Ma tu dove abiti Charles?" gli chiedo arrivati nel cuore della città. "A qualche isolato dalla GES, almeno ci arrivo agilmente senza problemi" mi risponde Charles. "Anche io abito quasi lì. Ti immagini se siamo vicini di casa?" ipotizzo ridacchiando.

Subito dopo ci salutiamo e io vado per la mia strada, cercando la mia casa. "Ehi Anna" una voce da dietro mi fa girare e mi ritrovo Valeriè alle calcagna.

Alla sua vista l'abbraccio. "Allora com'è andata la tua prima trasferta con la Ferrari?" chiede. "Poteva andare meglio se Charles non si ritirava per quel problema, ma nel complesso mi sono divertita tantissimo. È un'emozione indimenticabile, sembra un sogno lo ammetto" racconto tutto. "Sono molto felice che ti piaccia. A me un po' dispiace che non posso venire con te, ma sai devo studiare, dare altri esami" si rattristisce Valérie.

Povera. Lei è due anni più piccola di me, quindi ha iniziato recentemente a studiare per ottenere la laurea.

"Ascoltami, prima ti ho vista con un ragazzo che sembrava essere Charles Leclerc. Mi nascondi qualcosa?" domanda un po' con uno sguardo infuocato Valérie. "Amo, non sembra, È LUI. Era Charles Leclerc in persona" la smentisco subito facendola quasi sbiancare come un fantasma.

"E com'è??? Ti prego raccontami. Lo so che lo conoscevi già da gennaio, ma non ho avuto modo di sapere niente siccome ero praticamente col naso appiccicato sui libri" mi intima Valérie.

"È una persona d'oro, oltre ad essere un simpaticone. Ho l'impressione che con lui mi sento a mio agio, quando mi perdo in quegli occhi tutto quello che mi circonda sparisce. Probabilmente spariscono anche i miei problemi" le racconto per filo e per segno.

"Però... Credo anche che sia fragile di carattere... Anche se bene bene ancora non lo conosco" aggiungo. "Lui lo sa che soffri d'ansia?" chiede la mora.

"No, non lo sa nessuno a parte noi due. Io ho paura a raccontarlo a Vasseur, perché non vorrei che possa creare un ostacolo per il team a causa di questo" confesso.

"Anna, tesoro, non credo che in Ferrari siano così tiranni da mandarti via perché hai attacchi di panico. Io penso che se glielo dirai loro troveranno il modo di aiutarti. Fidati, devi iniziare ad aprirti su questo" cerca di rassicurarmi la mia migliore amica.

Forse ha ragione, dovrei iniziare ad aprirmi su questo tema.

Medicine, Safe Place And...Love | Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora