<<Ma che diamine ci fai qui!?>>.
Pollux richiuse immediatamente la porta.
Celeste lo studiò attentamente. Notò subito come non aveva nulla in comune con Castor: i capelli castani, ondulati, che ricadevano quasi fino alle spalle, gli occhi azzurri chiari, che assomigliavano al mare in tempesta in quel momento, la voce roca e profonda, il fisico possente e ben definito, i tratti da uomo, più che da bambino.
<<Ti sono venuto a trovare>> rispose semplicemente Castor, con un sorriso splendente in volto.
<<Trovare? Trovare? Tu eri rinchiuso in un ospedale!>>.
<<Hai detto bene: "ero">>. Il suo volto si incupì.
<<Ti hanno dimesso?>>, chiese con un tono più tranquillo Pollux.
<<Sono scappato>>.
<<Cosa!? Stai scherzando vero?>>, l'apparente calma di Pollux aveva già abbandonato il suo corpo.
<<E' vero, sono scappato. Anzi, siamo scappati>> disse, guardando un secondo Celeste.
Pollux sembrò accorgersi solo ora della presenza della ragazza: la bocca spalancata, gli occhi fuori dalle orbite, l'espressione sconvolta in volto. Gli occhi del ragazzo passavano da Castor a Celeste, da Celeste a Castor. Poi sbuffò, si passò le mani sul viso, poi se le mise in testa, sulla zona delle tempie, chiuse gli occhi ed iniziò a camminare in tondo per la stanza.
<<E' così che fai quando hai l'ansia?>>, rise Castor.
<<Sempre meglio di quello che fai tu>>.
Castor smorzò la tensione con un gesto della mano.
<<Ricapitolando: voi due siete fuggiti dall'ospedale psichiatrico in cui eravate, anzi, siete ancora ricoverati. Da Torino, siete venuti qui a Parigi, mi avete cercato, ed anche trovato a quanto pare e vi siete infilati dentro la scuola e poi dentro la mia camera... Sei impazzito, non c'è altra spiegazione>>.
Pollux continuava a camminare per la stanza.
<<Comunque, lei è Celeste>>. La ragazza fece un saluto con la mano ed un accennò di sorriso.
Pollux si fermò per un attimo, la guardò dall'alto verso il basso, poi riprese a camminare.
<<Perché sei venuto qui?>> domandò.
<<Perché mi mancavi>>.
<<Si, ma... perché sei dovuto scappare?>>.
<<Volevamo vivere un po'>>.
<<E non potevate aspettare le dimissioni?>>.
<<Quando ci dimetteranno non ci sarà più vita per noi>>, disse in tono serio Castor.
Pollux si fermò nuovamente, lo guardò con occhi arrabbiati, spaventati, ma consapevoli. Aveva capito tutto. Rise istericamente, mentre scuoteva la testa.
<<Quindi ci vuoi riprovare, di nuovo?>> si prese i capelli scuri tra le mani e se li tirò.
<<Puoi stare un attimo fermo. Mi fai venire il mal di mare>>. A rompere la tensione ci pensò Celeste, che cominciò a guardare male Pollux. Anzi, piuttosto che un cominciare, sembrava un continuare.
<<Scusa?>> chiese lui, assottigliando lo sguardo.
Celeste sbuffò, allargando le braccia.
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COME UNA STELLA CADENTE
General Fiction[IN REVISIONE] Celeste ha tentato il suicidio a soli 17 anni. Quando viene ricoverata in ospedale psichiatrico incontra Castor, ragazzo che sveglia la curiosità di Celeste. I due diventano in fretta amici, accumunati dal motivo per cui si trovano in...