Erano le cinque del mattino del primo dell'anno. Paolo Manni stava dormendo profondamente sul divano impolverato del suo vecchio ufficio. Con la bocca aperta russava sonoramente, talmente tanto che a momenti non sentiva il telefono squillare.
<<Chi diavolo è a quest'ora?>> bofonchio, allungando il braccio verso il tavolino di fronte. Non lesse neanche il nome sullo schermo, ma rispose direttamente.
<<Papà, ti ho mentito!>>. Non appena Paolo riconobbe la voce di Pollux scattò seduto sul divano, il cuore che gli tremava dallo spavento, i nervi tirati e stressati.
<<Pollux, ma...che succede? Che stai dicendo?>>. Paolo era ancora confuso per via del sonno, eppure sentiva qualcosa agitarsi nel suo stomaco già da quel momento.
<<Ti ho mentito! Castor è stato qui da me tutto questo mese! Castor si è ucciso! L'ha fatto di nuovo, papà!>>. Pollux urlava dall'altra parte del telefono. Suo padre riusciva a percepire la disperazione nella sua voce, eppure non credeva di aver capito bene.
Pollux era in ginocchio sul pavimento della sua camera. Era tornato alle due di notte e per tre ore aveva atteso il ritorno di Castor e Celeste. Ma più passavano le ore, più Pollux non vedeva traccia dei due, più entrava nel panico. Se lo sentiva da giorni che c'era qualcosa che non andava, aveva capito che a breve sarebbe successo di nuovo, ma si aspettava un ultimo saluto, delle ultime parole, una qualche spiegazione, eppure non aveva ottenuto niente. E questo lo distruggeva. Singhiozzava ed urlava al telefono, mentre Paolo Manni, sul suo divano rimase impietrito, in uno stato di trance, tutto silenzio intorno a lui, rotto solamente dalle grida del figlio. Ormai, del suo unico figlio.
Pollux si batteva il petto, continuando ad urlare che avrebbe dovuto capirlo, sarebbe potuto intervenire, quando d'improvviso la porta della sua camera si aprì. Pollux balzò in piedi con uno scatto felino, preso alla sprovvista, mentre due ridenti Castor e Celeste entravano nella stanza. I due rimasero stupiti dalle condizioni in cui si trovava Pollux.
Pollux non ci credeva, pensava di star sognando, si diede addirittura un pizzicotto affinché capisse che quella era la realtà.
<<Castor! Celeste! Non siete morti!>>.
<<Eh!?>> urlarono confusi i due. Ma Pollux non gli diede spiegazioni, e non diede loro neanche il tempo di capire che corse da loro per abbracciarli.
<<Dio, pensavo che fosse finita>> sussurrò ad entrambi.
<<Pollux? Pollux? Mi senti? Sei ancora in linea?>>.
Paolo Manni si era alzato dal divano e aveva cominciato a camminare avanti e indietro per la stanza da quando aveva sentito quella frase: "Castor, sei vivo!".
<<Si, papà. Sta' tranquillo, è qui, sta bene. E' stato un malinteso>>.
<<Direi un grosso malinteso, Pollux. Quindi è li a Parigi, con te?>>.
<<Si>>.
<<E c'è anche la ragazza?>>.
Pollux guardò Castor e Celeste, che continuavano a fissarlo come se davanti avessero un alieno, anche se più Pollux parlava, più loro capivano la situazione, e più si stavano agitando.
<<Si, c'è anche lei>> disse alla fine.
<<Bene, avverto le autorità. Ci vediamo presto>>.
<<A presto, papà>>.
Pollux staccò la chiamata.
<<Papà!?>> urlò Castor allargando le braccia e sbuffando.
<<Non vi avevo detto che ci dovevamo vedere in camera dopo mezzanotte?>> urlò esasperato Pollux, lasciando sfogare tutta la paura del momento.
<<Infatti, eccoci qui>> rispose Celeste.
<<Pensavo che...che...>> Pollux fece uscire un urlo di frustrazione, <<ho chiamato papà in preda al panico per quel motivo. Sentivo che c'era qualcosa che non andava in questi giorni...>>.
Castor e Celeste si guardarono sorridendo.
<<E sentivi bene. Siamo stati sulla Torre Eiffel, e si...stavamo per farlo...ma abbiamo capito che c'è qualcosa migliore della morte>> disse Castor, guardando sinceramente il fratello e sistemandosi nervosamente i capelli bianchi.
A Pollux stava esplodendo il cuore dall'emozione.
<<Tipo?>> osò chiedere.
<<Tu>> rispose Castor semplicemente, poi guardò Celeste. <<Ed Est>>.
<<E mia mamma>> continuò Celeste.
<<E i nostri amici in ospedale>> prese di nuovo la parola Castor.
<<E Parigi>>.
<<E il bagno nella Senna in pieno inverno>>.
<<E il pattinaggio all'alba>>.
<<E fare l'albero di Natale insieme>>.
<<E ridere guardando vecchi film>>.
<<La vita>> concluse Castor. Pollux lo abbracciò di nuovo, stringendolo a se, cercando di entrargli dentro, nell'animo, nel cuore. Avrebbe voluto non lasciarlo mai, per paura che potesse andare via.
<<Grazie per avermi aiutato, nel bene e nel male, per avermi mostrato la bellezza delle piccole cose quando io non ero in grado di vederla da solo>> sussurrò Castor.
<<Grazie a te, per averci creduto>>.
Celeste decise di lasciare quel momento ai fratelli, per chiarirsi e poter parlare. Decise quindi di uscire sul balconcino. Parigi era illuminata dal primo sole mattutino, qualche nuvola macchiava il cielo, ma nonostante ciò, era piuttosto serena come giornata. Il vento era sempre freddo, ma Celeste si sentiva così calda dentro che neanche ci fece caso. Guardò il cielo, si toccò la collana regalata da Pollux, in maniera delicata, quasi impercettibile.
<<E per le stelle, vivrò anche per loro>>.
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COME UNA STELLA CADENTE
General Fiction[IN REVISIONE] Celeste ha tentato il suicidio a soli 17 anni. Quando viene ricoverata in ospedale psichiatrico incontra Castor, ragazzo che sveglia la curiosità di Celeste. I due diventano in fretta amici, accumunati dal motivo per cui si trovano in...