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<<Veramente, Castor. Non ce la faccio più>>.

<<Stai zitta e goditi la città>>.

Finalmente erano arrivati: Parigi era incantevole. Flussi di turisti e paesani passavano accanto ai due amici, tutti meravigliati dalla straordinaria bellezza della città. Il Natale era alle porte e le decorazioni riempievano le strade illuminandole. Tante lucine erano appese ai balconi parigini, facendoli sembrare ancora più accoglienti.

Più si avvicinavano verso il centro della città più il cuore di Celeste iniziava a splendere.

<<Ma quella è la Torre Eiffel?>> urlò la ragazza indicando un punto in cui una struttura metallica sbucava dai comignoli delle case.

<<Proprio lei...>> rispose Castor con un sospiro.

<<Manca molto?>>.

<<No, siamo arrivati>>.


La scuola del fratello di Castor possedeva una bella struttura: di fronte ai ragazzi si stagnava una facciata color oro, con tante finestre decorate e agghindate, con tanto di balconcini annessi. Delle scale, che sembravano infinite portavano, al portone d'ingresso, color dell'ottone. Celeste si perse ad ammirare quella scuola tentando di sbirciare qualcuno nelle finestre, cercando di strappar via un pezzetto della loro vita normale.

La scuola era protetta da un grosso cancello metallico grigio e da grosse mura giallognole.

<<Citofoniamo?>> domandò Celeste ridendo.

<<Si, così ci rispediscono in ospedale>>.

<<Giusta osservazione>>.

<<Queste maledette mura sono la nostra condanna...>>. Castor fece viaggiare i suoi occhi verdi e blu lungo la strada, alla ricerca di una soluzione. E che soluzione trovò.

<<Seguimi>> disse. Portò Celeste vicino ad un grosso ed alto albero di cui i rami finivano all'interno del guardino della scuola. La ragazza lo fissò dubbiosa.

<<E ora?>>.

<<E ora ci arrampichiamo>>.

<<Come scusa?>>.

<<Oh andiamo, Est. Abbiamo scavalcato le mura dell'ospedale con delle lenzuola, abbiamo preso un aereo per Versailles, siamo fuggiti da una signora e dalla polizia su un cavallo, non mi dire che ora ti vuoi fermare?>>.

<<Forza, saliamo>>.

Castor si piegò sulle ginocchia e giunse le mani per aiutare l'amica a salire: Celeste poggiò il piede destro sulle mani e con il sinistro si diede una bella spinta. Con le mani afferrò un possente ramo e come un piccola scimmietta si arrampicò su di questo. Poi si spostò un pochino verso la scuola per lasciare lo spazio necessario all'amico. Castor salì con una facilità che lasciò Celeste a bocca aperta.

<<Cammina, su>> gattonando i due si mossero sul ramo finché non superarono le mura e si trovarono sospesi sul giardino della scuola. Ma ai due ragazzi si presentò un problema: in quel punto il ramo si faceva più sottile.

<<Est, sta' ferma>>. Subito dopo queste parole il remo iniziò a produrre uno strano rumore e i ragazzi non riuscirono neanche ad avere paura che precipitarono sul prato.

<<Aia, le chiappe>>. I due risero, non si erano fatti molto male. Poi si tirarono su.

<<Ora?>> domandò Celeste.

Castor si guardò intorno finché gli occhi non gli si illuminarono: una scala antincendio.

<<Usiamo quella>> disse mentre iniziò ad avviarsi in quella direzione.

<<Abbiamo un fetish per le scale antincendio>>.

<<Già>> sorrise lui iniziando a salire. Celeste lo seguì. Salirono fino a quando trovarono una porta aperta, quella del terzo ed ultimo piano.

Quando aprirono la porta e si addentrarono nella scuola capirono che probabilmente sarebbero stati sgamati nel giro di qualche minuto. Difatti, in quel corridoio dalle lunghe pareti bianche, circolavano studenti vestiti con un'uniforma composta da giacca e pantalone nero, con una camicia bianca sotto. E soprattutto...erano tutti maschi.

<<Mettiti il cappuccio>> sussurrò Castor e Celeste obbedì.

Lui iniziò a muovere i primi osservando i quadri appesi sui muri e cercando di mimetizzarsi tra gli altri il più possibile, cosa abbastanza difficile. Notò però le porte ed ognuna aveva scritto sopra uno o due nomi. Aveva capito, doveva trovare la porta col nome del fratello.

Cercarono in tutti i corridoi, in tutti i piani e ormai non riuscivano più ad orientarsi, quel posto era un labirinto. Ma, come un'apparizione, il nome del fratello di Castor comparve sulla porta numero 23: Pollux. Nessun altro nome, quindi nessun compagno di stanza. In fretta aprirono la porta e sgattaiolarono dentro. Li accolse una camera con le pareti di un grigio tenue, un grande letto ben rifatto, una picc9ola scrivania e un armadio. Poi c'erano il bagno e il balconcino.

<<Guarda, Castor: da qui si vede la Torre Eiffel>> gridò aprendo la finestra.

Castor sospirò: finalmente avrebbe potuto rilassarsi. Neanche il tempo di pensare a ciò che, all'improvviso, la porta si aprì...

COME UNA STELLA CADENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora