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<<Voi non riuscite a comprendere la gravità dei fatti!>>.

Celeste, Castor e Pollux si trovavano nella camera di quest'ultimo, che gli stava facendo una bella ramanzina. I due amici si trovavano in piedi davanti il letto, con la testa china e le mani nascoste dietro la schiena. Pollux era fuori di se.

<<Mi avete seguito al museo, Dio solo sa come siete riusciti ad entrare e vi siete chiusi in un sarcofago! Mi pare normale, dopo che vi avevo chiaramente detto che non vi dovevate far vedere da nessuno?>>.

<<Infatti nessuno ci ha visto>> commentò Castor, con espressione innocente.

<<Nessuno vi ha visti? Smettila di illuderti. Siete qui da un giorno e mi avete creato più problemi che altro>> fece una breve pausa. <<Io qui devo studiare, devo impegnarmi e voi create solamente casini. Solo un altro errore e siete fuori. E chiamo anche papà>>.

<<No!>> urlò Castor, <<lui no!>>.

<<Comportati bene, Castor. E state attenti, entrambi. Non ci metterà molto a diffondersi la notizia che voi due siete fuggiti>>.

<<Sono scomparsi due ragazzi dall'ospedale psichiatrico di Torino: Celeste Berger e Castor Manni. Lei, ragazza di 17 anni, capelli castani, occhi...>>.

Castor e Celeste rimasero a bocca aperta, con gli occhi spalancati davanti al televisore che stava mandando in onda le loro foto sul telegiornale italiano. Intanto Pollux stava camminando senza sosta per la stanza, portandosi le mani tra i capelli in un gesto disperato.

<<Io lo sapevo, lo sapevo...>> continuava a ripetere.

<<Vuoi stare zitto! Non sento nulla>> sbottò improvvisamente Celeste, alzandosi di scatto dal letto ed inveendo contro Pollux.

Castor, invece, si sdraiò sul letto, coprendosi il volto con le mani.

<<Tu devi stare zitta! Guarda che casino! Sono partite le ricerche, Celeste. Te ne rendi conto?>> urlò Pollux.

<<Non è mica colpa nostra>>.

<<Ah, no? E di chi è? Non sono stato io a fuggire da un ospedale psichiatrico!>> prese fiato un attimo. <<E se qualcuno vi avesse visto? Se qualcuno vi riconoscesse?>>.

Celeste pensò immediatamente alla signora a cui avevano rubato cibo, alla signora che li aveva beccati in mensa, all'agente di polizia del Louvre, a quel gruppo di studenti, e chissà ancora quante persone.

A quel punto anche Castor si alzò dal letto.

<<Tu non capisci!>> urlò contro il fratello.

<<No, sei tu che non capisci, Castor!>> si avvicinò pericolosamente a lui <<tu sei fuggito per vivere, e poi per ucciderti, per lasciarmi da solo, di nuovo! Sei un egoista! Pensi solamente a te stesso e al tuo dolore, ma non ci pensi mai al mio, eh? Non riesci a capire che mi provocherai un vuoto inimmaginabile? Non capisci che non me lo perdonerei mai, che morirò anche io con te?>> fece una breve pausa, poi continuò <<ma no, no che non lo comprendi, sai solo pensare a te. Vivi, vivi pure la vita che vuoi e ammazzati, ma non cercarmi più, non chiedere più il mio aiuto. Tu per me sei già morto>>.

Pollux uscì dalla camera sbattendo la porta. Si lasciò dietro due volti pallidi e sconvolti. Celeste e Castor rimasero immobili nella stanza, nessuno dei due aveva il coraggio di muovere anche un solo muscolo. C'era il silenzio intorno a loro, non si sentiva neppure il rumore del loro stesso respiro.

COME UNA STELLA CADENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora