Capitolo 857: Haec ornamenta mea

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"Sicuro che qui non ci disturberà nessuno?" chiese Bianca, dandosi ancora un'occhiata alle spalle, per accertarsi che non ci fossero occhi indiscreti nelle vicinanze.

Troilo scosse il capo e, sistemando due sgabelli, uno accanto all'altro, ribadì: "Questa vecchia stalla non è in uso. E comunque ho detto alle due guardie di non far avvicinare nessuno."

La Riario annuì e si sedette, mentre il marito cominciava a estrarre dalla bisaccia il pranzo al sacco che si era fatto preparare nelle cucine quella mattina all'alba. Si trattava di poche cose semplici, ma saporite e nutrienti: formaggio stagionato, salame e pane.

"Comunque non credo che alla gente di qui spiacerebbe, vederti mangiare così, in semplicità..." si premurò di dire lui, porgendo alla moglie il formaggio, mentre lei si massaggiava il ventre gonfio e sospirava.

"Lo so, ma non mi conoscono e per il momento non voglio dare impressioni strane..." spiegò lei, accigliandosi: "Altrimenti questa mattina avrei fatto il giro della rocca da sola, senza pretendere che tu mi seguissi come un'ombra..."

In effetti la giovane aveva ragionato molto su come muoversi. Dapprima aveva avuto la tentazione di lasciare il De Rossi ai suoi impegni, prendere un paio di soldati e farsi scortare da loro in giro per San Secondo, ma poi aveva temuto che quell'atteggiamento potesse essere frainteso. Qualcuno avrebbe potuto additarla come donna troppo libera, come la straniera che, appena arrivata, già si comportava da padrona senza nemmeno avere accanto il marito, o, ancor peggio, avrebbero potuto paragonarla alla Tigre di Forlì, rivedendo in lei la donna guerriera che era sua madre e, per questo, considerarla un pericolo per la pace e la tranquillità dello Stato.

Così aveva convinto Troilo a seguirla – e lui ne era stato ben lieto – ma anche in questo caso aveva cercato di non mostrarsi troppo dipendente o sottomessa a lui, facendo in modo che chi li incontrava per strada si rendesse conto che nel dialogo tra lei e il marito c'era parità e non subordinazione.

Infine aveva fatto del suo meglio per non apparire né troppo campagnola e spiccia, né troppo schizzinosa e complicata.

Per farla breve, era arrivata al mezzogiorno stremata, affamata e con la testa preda dei dubbi più disparati.

"Allora, che ne dici di questa rocca?" chiese il De Rossi, pulendosi la bocca col dorso della mano.

Bianca, accaldata, ma suo agio nell'ombra di quella stalla dismessa, fece un'espressione pensosa e poi rispose: "Ci sono tante cose da sistemare: dovremo investire molto."

"Non abbiamo molti soldi..." si schermì lui, che pure era conscio di quanto fosse importante ristrutturare la rocca, sia come strumento di difesa, sia come simbolo del loro potere.

"Dovremo trovarli." fece lei di rimando, con il pensiero che già correva al cugino, il Cardinale Raffaele Sansoni Riario che, negli anni, non si era mai negato, quando uno dei suoi fratelli aveva avuto bisogno di denaro.

"Al momento non saprei a chi chiedere un prestito sufficiente... Senza contare che i prestiti, anche se arrivano da un amico, vanno saldati, prima o poi." rimarcò, amaro, Troilo.

La moglie, dopo aver masticato per un po' il suo formaggio ed essersi asciugata la fronte imperlata di sudore sia per il gran caldo, sia per la stanchezza, ribatté: "Quelli degli amici, sì. Quelli di certi parenti, non necessariamente..."

Parlò brevemente di Raffaele e di come, ormai da anni, provvedesse a Cesare e, in parte, anche a Ottaviano. Ora che aveva dovuto lasciare Roma, forse, sarebbe stato più difficile per lui venire incontro alla richiesta di denaro, ma appena fosse riuscito a rientrare in città senza pericolo, sarebbe stato lieto di aiutarli.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora