Guidobaldo Maria da Montefeltro cominciava a essere abbastanza preoccupato per quanto si diceva dello scellerato accordo stretto tra molti condottieri di ventura e Venezia. Non solo i Naldi,Giulio Vitelli, ma anche Giampaolo Manfrone, tutti quanti stavano marciando verso Faenza per cominciare da lì una conquista sistematica della Romagna.
All'urbinate sarebbe interessato solo relativamente, ma, oltre ad aver dato la sua parola d'onore a Caterina Sforza, e a preferire di certo un'alleata solida – checché ne pensassero tanti – come lei in una terra così vicina a Urbino come la Romagna, aveva anche stretto un accordo con il nuovo pontefice. Non era molto sicuro che una donna come la Tigre di Forlì avrebbe accettato di sacrificare quello che tutti definivano come il suo figlio preferito in un matrimonio con una vedova nota per i facili costumi, ma voleva credere che la sua figlioccia, Maria Giovanna Della Rovere, potesse davvero essere una chiave di volta per il loro progetto ultimo.
Anzi, proprio a tal proposito, aveva chiesto e ottenuto, com'era prevedibile, il di lui permesso di recarsi a Roma per assistere alla sua incoronazione, che sarebbe avvenuta per fine mese, ma per il momento Guidobaldo restava ancora bloccato a Gubbio. Sembrava che tutte le sfortune del mondo si fossero fatte eco e l'avessero raggiunto in quel periodo. Evidentemente non era stata sufficiente la ferita rimediata poco tempo prima: per renderlo ancora più irrequieto e irascibile, c'era voluto un attacco di gotta.
Il Montefeltro era a letto da qualche giorno, benché si sentisse bene, solo perché non riusciva né ad appoggiare in terra il piede destro, né a stendere completamente il ginocchio sinistro. I suoi cerusici continuavano a fargli bere pozioni maleodoranti e a cospargergli unguenti ovunque, perfino laddove il sole non batteva, eppure la situazione restava stazionaria.
Immobilizzato com'era, i nervi sempre saldi questa volta messi a dura prova, l'uomo aveva intanto provato a sistemare molte faccende spinose che fino a quel frangente aveva un po' tenuto da parte.
Malgrado la sua avversione crescente per Venezia – che pure gli aveva dato ricetto, quando ne aveva avuto bisogno, ma che ora sembrava considerarlo una sua proprietà – il Montefeltro aveva perfezionato le pratiche per cedere i recentemente conquistati castelli di Verucchio e Cesenatico a Venezia, ma aveva ceduto Santarcangelo e Savignano al papa. Per mantenere la facciata, aveva inviato mille fanti – che erano appena la metà di quanto promesso – al Doge con Lattanzio da Bergamno e aveva consegnato a Giulio Vitelli, per quanto lo disprezzasse per come si stava lasciando usare da Venezia, duecento cavalleggeri.
Per il resto si era occupato di organizzare la partenza. Avrebbero dovuto passare da Perugia e anche se confidava nella buona volontà del Baglioni di rinsaldare la loro amicizia, non era del tutto tranquillo. Giampaolo si era schierato dalla parte dei Riario e, per estensione, del papa, e come lui sperava di riportare in Romagna Caterina Sforza, per riequilibrare le sorti dell'Italia e ristabilire l'ordine che era andato perso, tuttavia restava un uomo di difficile interpretazione.
Anche quella sera, mentre guardava pensieroso la cartina da campo che teneva stesa sulle cosce, Guidobaldo si interrogava su una possibile via alternativa da seguire.
"Quando ripartiremo?" chiese il suo attendente, che stava trafficando con le boccette di unguento da usare per i tofi del suo signore.
L'altro fece una smorfia e, tastandosi con cautela il ginocchio, che era ancora quello che gli faceva più male, disse, serio: "Se trovi qualcuno che mi inventi stanotte una sella che mi permetta di cavalcare senza piegare le gambe, partiamo anche prima dell'alba..."
L'attendente, che aveva imparato a conoscere, in quei giorni, il tono volutamente tagliente dell'urbinate, fece una breve risata e poi disse: "Se posso poggiare sulla scrivania la mappa, facciamo la medicazione della sera..."
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)
Historical FictionTrovate le prime cinque parti sul mio profilo. Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...