Capitolo 876: ...ogne uento che tira si e contra de nui...

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Bianca stava finendo di leggere una delle accorate richieste che quotidianamente si accumulavano sulla sua scrivania personale. Sembrava impossibile che nelle terre di pertinenza di San Secondo vivessero così tante persone, o meglio, che ce ne fossero così tante necessitanti la sua intercessione, il suo aiuto o un suo giudizio legale su una qualsiasi questione.

La Riario si era prestata subito volentieri alla gestione diretta di molti contenziosi, avvallata da Troilo, che si era fidato ciecamente, senza nemmeno volerla vedere messa alla prova, sicuro che la lunga convivenza con una madre quale Caterina Sforza, che di rado aveva lasciato ad altri l'amministrazione di quel genere di faccende, avesse fatto della sua sposa una giudice imparziale e acuta.

In effetti la giovane si stava dimostrando abile nell'incastrare quel genere di impegno con tutti gli altri che si era assunta. Stava seguendo i lavori alla rocca, dando consigli che spesso stupivano i capimastri che aveva ingaggiato lei stessa. Gestiva la servitù e ne aveva rivisto attentamente la composizione, andando a implementare le aree di servizio carenti e sfrondando quelle con personale in eccesso. Il più delle volte si premurava di controllare anche le voci di spesa della rocca, in particolare delle cucine, e non era raro che apportasse variazioni a quanto deciso dalla cuoca. In linea di massima, però, non si impicciava troppo in quello che riguardava le spese delle stalle, né quelle dell'armeria, non sentendosi abbastanza competente per dare un giudizio oggettivo.

Mentre ancora cercava di capire dalla grafia incerta di un loro mezzadro, quale fosse la diatriba che le veniva chiesto di risolvere, il pianto della piccola Costanza arrivò a dirle che oltre a tutto quanto detto sopra, aveva anche il dovere di accudire una figlia di circa un mese.

La balia era in riposo, per volere della stessa Riario, che riteneva di potersi occupare della neonata mentre finiva di vagliare la corrispondenza. La bambina era stata bravissima, fino a quel momento, e aveva dormito profondamente, senza sosta, svegliandosi poi all'improvviso, disperata, affamata.

Con pazienza, Bianca, mise da parte la missiva, andò a recuperare la piccola e la prese in braccio, sentendo le piccole spalle avvolte in morbidissime fasce bianche, tremare a ogni respiro pregno di lacrime. Si andò a sedere comoda sull'ottomana imbottita davanti al camino acceso e poi, canticchiando un motivetto a caso, si scoprì il seno e attese che Costanza vi si attaccasse. Lo fece subito, iniziando a sfamarsi con l'urgenza della fame più vera.

Più succhiava, più la sua piccola fronte si imperlava di sudore e i suoi occhi si stringevano per lo sforzo. Non accennava a smettere, come se, facendolo, avesse potuto morire di stenti all'improvviso.

Per qualche istante, la Riario si domandò se la balia non fosse troppo magra: forse non riusciva a dare abbastanza latte alla bambina, anche se lei stessa spesso l'allattava...

Poi, quasi volesse tranquillizzare la madre, Costanza si calmò e riprese a mangiare con la sua solita lentezza, assumendo un'espressione beata e tranquilla. Bianca fece un sorriso e, sperando di conciliare il sonno che sarebbe arrivato dopo la poppata, riprese a canticchiare, questa volta puntando su una canzone che arrivava dalla terra d'origine di sua madre Caterina.

Quelle note, che accompagnavano il racconto di gesta di antichi condottieri milanesi, ebbe un effetto pressoché istantaneo sulla bambina che, fissando con i grandi occhi chiari la madre, continuò a bere il latte, ma spostando interamente l'attenzione sulla voce di Bianca.

Mentre si perdeva nei lineamenti di Costanza, la Riario si lasciò prendere dai ricordi e ripensò a Pier Maria, a quando era nato e a come l'aveva curato, nei primi mesi, così come stava facendo con sua figlia. Sapeva che il suo primogenito era al sicuro, a Castello, e doveva ammettere di sentirne la mancanza solo di rado, benché si vergognasse ad ammetterlo, eppure quando capitava era come se una parte di sé mancasse, come se le fosse stato tolto un pezzo di carne e la ferita ancora sanguinasse... In quei momenti si sentiva in colpa, per averlo lasciato da sua madre, per essersi trovata di nuovo incinta troppo presto, andando a ritardare il ritorno del bambino tra le sue braccia, per aver voluto quel figlio prima di essere sposata...

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora