Capitolo 860: Libero, dritto e sano è il tuo arbitrio...

77 9 0
                                    

"Nella sala d'onore? Sei sicuro?" chiese Bianca, quasi divertita.

Da tutto il giorno lei e Troilo stavano ragionando su come abbellire la rocca, oltre che su come renderla più efficiente e solida. Entrambi convenivano che, benché fosse l'aspetto militare quello più importante si fini della difesa della propria famiglia e del proprio Stato, la magnificenza e il significato profondo di affreschi e abbellimenti vari fosse fondamentale per far passare il messaggio che la loro casata fosse dominante e decisa a restare al potere.

Anche dopo cena, nella loro camera, il discorso non si era spento, anzi, avevano cominciato a scendere sempre più nel dettaglio.

Così, a un certo punto, parlando della sala d'onore, in cui avrebbero ricevuto gli ospiti ufficiali, il De Rossi aveva espresso il desiderio di far dipingere lo stemma di Bianca giusto appena dopo l'ingresso, in modo che, sollevando lo sguardo, fosse la primissima cosa che il nuovo arrivato avrebbe visto.

La Riario non capiva appieno quella proposta, o meglio, non riusciva a comprendere se il marito fosse serio o avesse scherzato per blandirla in qualche modo.

"Sì, la rosa d'oro dei Riario e il biscione degli Sforza..." disse lui, lo sguardo lontano, mentre si sfilava gli stivali, seduto sul letto.

"La vipera dei Visconti, più che altro..." ribatté la giovane: "L'ha trasformata in un biscione lo zio di mia madre, il Moro... Mia madre ha sempre preferito l'iconografia classica... Anche a Forlì aveva fatto incidere la vipera e non il biscione, e io sono d'accordo con lei sul voler mantenere il vecchio simbolo..."

"E vipera sia." sorrise Troilo, abbandonandosi con la schiena sul letto, mentre la moglie ancora vagava per la stanza.

"Comunque non mi sembra una scelta... Non so come dire... Dovrebbe esserci il tuo, di stemma, il leone dei De Rossi, ecco cosa dovrebbero vedere in prima battuta gli ospiti." fece la Riario, accigliandosi e posando una mano sul pancione che, ormai, era enorme e denunciava il fatto che nel giro di un mese scarso il bambino sarebbe nato.

"Io invece voglio, per prima cosa, che sappiano chi è mia moglie e che, grazie ai suoi natali, ha il diritto di comandare tanto quanto, se non ancor più di me." si ostinò Troilo, rimettendosi seduto dritto e allungando una mano verso di lei.

Mentre la giovane stringeva le dita del marito intrecciandole alle proprie, sorrise e disse, senza pensarci sopra a sufficienza: "Sono stata fortunata a sposare te... Se avessi sposato Ottaviano Manfredi, com'era nei progetti di mia madre, non credo che sarebbe stato così tanto predisposto a condividere con me il potere... Con mia madre, magari, ma non con me."

Da che erano sposati, non avevano quasi mai parlato del defunto Ottaviano – ne avevano parlato, addirittura, ancor meno che del cugino, Astorre Manfredi – e dunque il De Rossi drizzò le orecchie nel sentirlo nominare con tanta leggerezza.

"Se non fosse morto, l'avresti sposato, vero?" chiese il De Rossi, curioso, ma con una nota infastidita nella voce.

Per sua natura, l'emiliano non era mai stato un uomo geloso, né dei propri averi, né dei propri affetti, ma lo irritava comunque immaginare la sua Bianca come sposa di qualcun altro.

"Probabilmente sì." annuì la Riario, guardando la pelle pallida del marito chiazzarsi di rosso sul collo e sulle guance, mentre cercava di restare impassibile: "Ma, come hai ricordato tu, lui è morto e non se n'è fatto più nulla..."

Il velo di rammarico che aveva smorzato un po' le parole della donna, mise ancor più sull'attenti il marito, che chiese: "Quindi tu saresti stata ben disposta a sposarlo..?"

"Mi piaceva molto." asserì Bianca, distogliendo lo sguardo e sedendosi accanto a lui.

"Ma era l'amante di tua madre." obiettò lui, con una certa durezza.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora