Capitolo 881: ...al presente Valentino sta alogiato in palazo...

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"E siete certo che vostra madre sia di questo avviso?" chiese Giovanni Bentivoglio, guardando di sottecchi Ottaviano Riario che, quel giorno, era riuscito a strappare un incontro con lui e coi suoi figli, Alessandro ed Ermes.

Il figlio della Tigre, che aveva già fatto uno sforzo immane a presentarsi davanti a quel consesso, avvampò, diventando rosso come il fuoco e balbettò: "Io... Io non... Io non ho bisogno di... Sono un uomo adulto!" sbottò poi, ritrovando una certa fluidità nell'eloquio: "Non ho certo bisogno che mia madre mi dica cosa devo o non devo fare!"

"Lo capisco..." fece il signore di Bologna, lanciando uno sguardo un po' teso ai propri figli, ma poi rivolgendosi ancora al Riario: "Ma quello che ci chiedete non è cosa da poco..."

"Ora che mio cugino Giuliano è papa, non c'è nulla da temere!" insistette Ottaviano, scostandosi con un movimento infastidito del capo una ciocca di capelli scuri dagli occhi appesantiti da occhiaie che si trascinava ormai da mesi: "Datemi una condotta e dei soldati e riprenderò la Romagna!"

"E noi che ci guadagneremmo?" chiese Ermes, le braccia incrociate sul petto, ma uno scintilla nello sguardo che al fratello Alessandro non piaceva per niente.

"La Romagna e Bologna diventerebbero amiche in eterno." assicurò il Riario, con un entusiasmo a dir poco infantile: "E con mio cognato a San Secondo, anche il parmigiano sarebbe al vostro fianco."

"E questo ci proteggerebbe dalle ingerenze di Venezia?" domandò Giovanni, scurendosi in volto.

Il Riario deglutì rumorosamente, quasi sentendosi scoperto. Era possibile che i Bentivoglio sapessero del suo accordo segreto con Venezia? Ma, anche se così fosse stato, che cosa avrebbero avuto da temere?

Al Doge aveva promesso, in cambio di qualche favore per suo fratello Cesare e di una manciata di uomini – e della protezione, ovviamente, della Serenissima – che se lui fosse morto, in un lontano futuro, senza eredi, Imola sarebbe diventata veneziana. Ovviamente, una volta ripresa la Romagna, il suo intento era quello di seminare in giro il maggior numero di eredi possibili, dunque quel patto non rischiava in alcun modo di andare a ledere Bologna...

Eppure, quando parlò, lo fece con la lingua attorcigliata e la gola secca: "Certo che proteggerebbe Bologna da Venezia... L'Emilia e la Romagna, protette da Roma, sarebbero fuori dalla portata di un Doge anche più intelligente e potente di Loredan..."

Giovanni fece un lungo sospiro, apparentemente non molto convinto dalle parole del Riario. Era stanco, ormai, di averlo a Bologna, anche perché, malgrado sulla carta quel giovane uomo avesse un foraggiamento fisso da parte della madre, di fatto, su pressioni non solo della nuora Ippolita Sforza, ma anche di alcuni consiglieri che vedevano di buon occhio un riavvicinamento alla Tigre di Forlì per mezzo del figlio, il Bentivoglio si era trovato a sborsare un sacco di soldi per coprire i suoi pasticci e finanziare i suoi vizi. Aveva capito ormai da un po' e a sue spese – nel senso meno metaforico possibile – che era più conveniente, per esempio, pagare una meretrice per il divertimento del Riario, piuttosto che lasciarlo andare per bordelli a seminare problemi, così come gli era ormai chiaro quanto fosse più semplice trovargli alloggio, e vitto, con una notevole quantità di vino assicurata, piuttosto che vederlo angustiare tutti i nobili della città, dovendo poi ripagare ai suoi danni per evitare incidenti diplomatici e proteste.

Sapeva che la Leonessa, in fondo, aveva in animo di riprendersi con le armi Imola e Forlì, dunque perché non dare lo slancio a quell'impresa, cogliendo anche al volo l'occasione per togliersi dai piedi quell'ingombrante e molesto spilungone tutto curvo e con la pancia da avvinazzato?

"Vi faremo sapere." concluse comunque Giovanni, senza sbilanciarsi: "Dobbiamo valutare bene le nostre forze e capire quando agire, se mai decidessimo di agire..."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora