Galeazzo era stato messo in attesa in una delle sale del palazzo dei signori di Bologna. Da un lato, le spesse pareti di quella dimora lo stavano difendendo dal caldo tremendo che ancora attanagliava la città, ma dall'altro, proprio la loro coriacea corazza lo stavano come isolando dal resto del mondo, in una bolla di silenzio e trepidazione che gli incuteva timore.
Il Riario era un po' in pensiero all'idea di incontrare Ippolita Bentivoglio. Era stata la cugina a chiedere di vedersi da soli, e il Riario era stato felice di quell'invito, che gli aveva evitato l'imbarazzo di farsi avanti per primo per chiedere un abboccamento. Tuttavia, l'intraprendenza della giovane, che aveva la stessa età di sua sorella Bianca, aveva quasi spaventato il ragazzo.
I Bentivoglio erano stati scortati a Bologna giusto il giorno prima da Bartolomeo d'Alviano, che era, si diceva, ripartito immediatamente per raggiungere la Toscana, dove avrebbe dovuto ricongiungersi col cognato, Giampaolo Baglioni, probabilmente per poi marciare alla riconquista di Perugia.
Galeazzo aveva inizialmente sperato di poter incontrare direttamente Giovanni Bentivoglio, signore di Bologna, ma questi aveva dato precedenza a un altro ospite, molto più illustre di lui, ossia il Marchese di Mantova, Francesco Gonzaga.
Questi era arrivato in città con cinquanta armigeri e duecento altri uomini tra stradiotti e cavalleggeri. Era stato Giovanni Bentivoglio stesso a chiedere di poterlo ospitare qualche giorno in Bologna, nel suo palazzo. Non capitava tutti i giorni, in fondo, di poter avere sotto al proprio terro il comandante delle truppe italiane che il re di Francia stava inviando a Napoli contro gli spagnoli.
Galeazzo aveva sentito dire che il Gonzaga, però, già il giorno del proprio arrivo, aveva manifestato qualche sintomo di malaria, anche se ciò non aveva impedito al Bentivoglio di dedicarglisi completamente.
In realtà il Riario aveva avuto mandato, da parte della madre, di parlamentare in primis con Ippolita, quindi le cose stavano andando meglio del previsto, anche se al giovane avrebbe fatto piacere confrontarsi con il signore della città in persona. Sperava che, prima della fine della sua missione diplomatica, si riuscisse comunque a organizzare un incontro e, in quel caso, avrebbe fatto sì che anche suo fratello Cesare presenziasse.
Era da molto tempo che stavano lontani, ma, seppur con una certa freddezza, avevano ritrovato in fretta una discreta confidenza. Discorso diverso, invece, per Ottaviano, che in quei giorni era vicino a Piacenza e non aveva voluto sentire ragioni, rifiutandosi in ogni modo di raggiungerli a Bologna.
Galeazzo si stava ormai perdendo nei suoi pensieri, quasi incapace di misurare il tempo che stava trascorrendo ad aspettare la cugina Ippolita, quando sentì un leggero sferragliare di armature e, subito dopo, la voce di una giovane dire: "Siete mio cugino, vero? Perdonatemi, se vi ho fatto attendere, non ho potuto liberarmi prima..."
Il Riario fece un profondo inchino e accettò la mano della cugina, per baciagliela. Ippolita guardava con curiosità a quel giovanotto di quasi diciotto anni, cercando in lui qualche tratto comune al proprio volto. In fondo, era figlio di sua zia Caterina, era plausibile riscontrarvi qualche somiglianza.
Galeazzo aveva un bel viso, il naso greco e uno sguardo vivo e intelligente, con due iridi di un verde molto acceso. Aveva i capelli abbastanza corti, castano chiaro, appena mossi, e le guance, per quanto ben rasate, tradivano qualche rado accenno di barba biondiccia.
Aveva un bel fisico, era alto e slanciato, muscoloso, ma armonioso, come qualcuno che avesse passato buona parte della propria vita a fare esercizio fisico, ma senza mai esagerare in una o nell'altra disciplina.
Le sue mani, quando avevano preso quella di Ippolita, si erano dimostrate forti e gentili allo stesso tempo. Di certo, pensò la Sforza, quello era il diamante su cui sua zia Caterina avrebbe potuto puntare e non il fratello maggiore, Ottaviano, che lei aveva solo intravisto, e di cui, pur ammettendone una certa bellezza di fondo, aveva notato solo ed esclusivamente lo sguardo spento e il corpo sfatto.
STAI LEGGENDO
Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)
Historical FictionTrovate le prime cinque parti sul mio profilo. Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...