Capitolo 871: Evita le chiacchiere profane...

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Antonio Giustinian cominciava a trovare l'aria di Roma irrespirabile. A disgustarlo non erano tanto i miasmi delle stradine anguste della città, né il mangiare colmo di spezie nauseanti che servivano in Vaticano e nemmeno gli afrori insopportabili delle meretrici che cercavano invano di ridividersi influenze e mercati tra i Cardinali che ancora non avevano lasciato l'Urbe.

Ciò che più lo indisponeva era l'essere bersaglio continuo delle richieste di chicchessia. Oltre al Cardinale Sansoni Riario, che non perdeva mezza occasione per ricordargli più o meno velatamente di perorare la causa dei cugini presso il Doge, ora ci si era messo anche Bartolomeo d'Alviano.

Condottiero corteggiato da tempo dai francesi, per motivi suoi personali l'Alviano sembrava invece desideroso di ottenere dalla Serenissima la licenza della propria compagnia, al fine, sosteneva, di adoperarla per combattere il Valentino. Siccome, a causa di una vecchia ferita alla lingua, Bartolomeo parlava male, quella mattina, di buon'ora, gli aveva addirittura consegnato una lettera autografa, sperando che con la penna potesse convincerlo di più che con qualche balbettio tronco.

Cosa avesse di preciso l'Alviano contro il Borja – che ormai sembrava a tutti solo lo spettro di quello che era stato con Alessandro VI in vita – Giustinian non lo sapeva, né voleva saperlo, ma quella determinazione così forte un po' lo impensieriva.

Un uomo come quel guerriero non dava l'impressione di potersi ossessionare con qualcuno per motivi futili. Se la sua intenzione era quella di distruggere un già decaduto Duca Valentino, sotto doveva esserci qualcosa che al veneziano al momento sfuggiva...

In ogni caso, più o meno volontariamente, con la sua lettera l'Alviano aveva rivelato un paio di notizie importanti a Giustinian. Prima di tutto, il condottiero sosteneva che non solo i francesi lo avevano cercato, ma anche i fiorentini, che addirittura gli avevano proposto di diventare il loro Capitano, ma lui, determinato nel suo fermo proposito di opporsi al Duca Valentino e basta, non aveva nemmeno dato risposta alla loro richiesta.

Aveva anche detto che la Tigre di Forlì, benché fosse al momento senza esercito e rinchiusa in una villa di campagna, smaniasse per tornare in battaglia e che fosse pronta a entrare nella lega opposta alla famiglia Borja e aveva offerto a Bartolomeo grandi somme in cambio del suo appoggio militare, ma anche in questo caso l'uomo aveva declinato, ma stavolta non perché contrario alle idee della Leonessa, ma perchè sicuro che una belva della sua risma l'avrebbe poi costretto ad aiutarlo anche a riconquistare i suoi Stati, dopo aver distrutto il Valentino.

L'Alviano sembrava avere le idee molto chiare su tutto, mentre Giustinian a tratti faceva fatica a capire il caos che lo circondava. Dall'essere uno dei tanti diplomatici dell'Urbe, si era ritrovato dal Conclave in poi, a essere una delle giacche più tirate a destra e a manca da tutti, sempre impegnato ad ascoltare suppliche e minacce, richieste di intercessione e ultimatum fondati sul nulla. Lui a tratti aveva la sensazione di annegare, al contrario di molti prelati e gentiluomini romani, che, invece, nella confusione ci sguazzavano.

La confusione, a conti fatti, era l'unica cosa con cui tutti dovevano avere a che fare, in quei giorni, a Roma. I francesi avevano spostato il campo un po' più lontano dalla città e i portavoce di Cesare Borja facevano la spola tra il campo e le stanze del papa continuando ad avanzare nuove pretese.

Da Roma a Nepi e da Nepi a Roma, gli uomini del Valentino veicolavano richieste riguardanti il loro padrone, chiedendo al pontefice di aiutarlo, di concedergli denaro, o uomini, o potere o qualsiasi altra cosa servisse per farlo tornare in auge. Pio III, però, coerente con le sue prime decisioni a riguardo, per il momento aveva solo concesso qualche breve con cui tutelava tiepidamente almeno la salute fisica del Duca.

Il pontefice aveva mal sopportato il passaggio di alcuni soldati francesi a Roma, e aveva soprasseduto all'ingrossamento delle loro file per merito di duecento uomini inviati dal Duca di Valentinois – che ne aveva arruolati altrettanti per se stesso – e aveva anche evitato scontri diplomatici con gli spagnoli, che si stavano avvicinando all'Urbe in un modo che si sarebbe potuto definire minaccioso. Eppure, secondo Giustian, Pio III, malmesso con la salute e strattonato a destra e a manca dagli uomini che vivevano in Vaticano, presto avrebbe concesso almeno il salvacondotto al Borja per rientrare in città in tutta sicurezza.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (parte VI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora