C'è un Me che non sarò mai, una specie di fantasma a cui io stesso non credo.
Appare in pieno giorno, e mi sussurra che in ogni futuro immaginato c'è pur sempre una possibilità. Vuole che leghi sogno e mondo reale, che diventi finalmente un uomo del mio tempo, scordandomi dell' intera mia vita fatta di nuvole e niente, di cicatrici sull'acqua.
Mi dice di aprire ciò che ho chiuso, di mischiare le cose e crescere dimenticandomi. Dice che è semplice, un po' come uno scialle che cade e scopre tutto il passato.
Mi dice che è sciocco vedere ancora il ciliegio dove mi accucciavo quando ero triste, che dal momento che quel bambino non esiste più, nemmeno quella tristezza che provavo esiste più.
È proprio vero che i fantasmi non esistono, e se esistono non sanno niente dei vivi...
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La consuetudine del mattino
PoésieUn uomo all'alba, la solita strada per andare a lavoro. La realtà che s'impiglia nel sogno: volti e fantasmi di un viaggio quotidiano