21. La solitudine

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Per qualche strana ragione ancora incognita, nonostante fosse lei a stare male, riapro gli occhi il mattino dopo con una guancia sprofondata nel seno di Kiara e una mano appoggiata sulla pancia lasciata scoperta della mia t-shirt risalita durante la notte. Ha il corpo leggermente ruotato verso di me e mi cinge le spalle con un braccio.

L'espressione è rilassata e sembra essere in fase rem nonostante sia ormai tarda mattina; non oso immaginare come si sentirà una volta sveglia ma sono felice del fatto che, probabilmente, non ricorderà nulla di quanto successo ieri. Sono sicuro che si sia spaventata da morire rendendosi conto di non aver più controllo di sé stessa e sentendo qualcuno entrarle in corpo per costringerla a buttar fuori tutto quello che, prima, aveva buttato dentro.

Attraverso la porta socchiusa – sebbene ricordi di non averlo fatto ieri sera - sento la voce di Caroline, segno che i ragazzi sono già svegli da un po' e sono andati a recuperarla a casa dei genitori di Pope. Dato il baccano che sta facendo, ho la sensazione che stiano giocando a qualche gioco non propriamente destinato all'interno di una casa.

Prima che distruggano ciò che ho a malapena aggiustato la scorsa settimana, decido di alzarmi. Mi muovo adagio, evitando di svegliare Kiara ancora profondamente addormentata, ed esco dalla camera chiudendo la porta alle mie spalle in modo che eventuali rumori non la disturbino e che, soprattutto, nessuno – passando – potesse vederla mezza nuda sul letto.

Ho un leggero mal di testa a causa dei litri di birra di ieri sera e spero in un'aspirina dopo colazione.

"Buongiorno JJ".

Sarah mi accoglie con Caroline sulle spalle, spettinata come un leone di prima mattina, e con un'espressione combattuta tra la divertita e la colpevole.

Saluto tutti ondulando la mano in aria mentre con gli occhi sono già alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare.

"Ci sono i pancake sul tavolo" suggerisce John B.

Consumo la mia colazione in silenzio, non sicuro di cosa dire o di quale argomento affrontare tenendo conto che ieri sera ho picchiato John B, baciato una ragazza, rimesso in sesto Kiara e mi sono addormentato sul letto con lei dopo aver detto a tutti che ci saremmo visti in dieci minuti, giusto il tempo di sistemarla e metterla a letto.

Con Caroline sulle ginocchia che ogni tanto ruba qualche boccone del mio dolce, Sarah mi raggiunge al tavolo, seguita dagli altri due.

"Come facevi a sapere così bene cosa fare? Eravamo tutti nel panico ma tu sei rimasto calmo, riuscendo a risolvere la situazione in poco tempo" mi dice la bionda prendendo posto di fronte a me dall'altro capo del tavolo.

"Caro perché non vai a guardare un po' la TV sul divano? A bassa voce, però, perché di là c'è Kiara che dorme" dico alla bimba mettendola giù.

"C'è Kiara?" spalanca gli occhi felice.

"Sì, però non si sente bene, quindi puoi aiutarmi a farla riposare?".

Annuisce con la testa fermamente e scende dalle gambe per andarsi a sdraiare sul divano, accendendo la televisione e mettendo il volume così basso che credo nemmeno riesca a sentirla. Certe volte è talmente attenta e dolce che mi stupisco di come nostra madre possa essere stata così brava.

"Sapevo cosa fare perché sono stato costretto a farlo centinaia di volte" rispondo a Sarah una volta che Caroline è andata via.

Ad occhio e croce direi che nessuno l'abbia messa al corrente della situazione con mio padre.

"Cosa vuol dire?" chiede incerta.

"Mio padre beveva molto e faceva uso di farmaci e di droghe; l'ho fatto la prima volta a undici anni perché lo avevo visto fare in una serie tv e da quel momento in poi è diventato un'abitudine" spiego giocando con lo sciroppo d'acero sulla restante parte di pancake rimasta nel piatto.

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