Tra un disegno lasciato a metà e qualche capitolo di un libro letto con la testa da tutt'altra parte, la mattinata passò abbastanza in fretta.
Passate le una e mezza del pomeriggio, orario di fine delle lezioni, mi misi sul divano e staccai lo sguardo dall'orologio solo per lanciare qualche occhiata fugace alla porta d'ingresso, per prepararmi al momento in cui Riven avrebbe suonato al mio campanello. Ero a dir poco impaziente di vederlo.
Più i minuti passavano, più dentro di me si insinuava la preoccupazione che lui potesse non venire. La lancetta dell'orologio si muoveva di mezzo centimetro e il mio cuore saltava un battito, preparandosi alla delusione imminente che lui non si sarebbe presentato.
Ma poi, dopo esattamente undici minuti di trepidante attesa, il forte ruggito del motore della moto di Riven risuonò nella via.
Mi alzai dal divano con un balzo e mi diressi alla porta d'ingresso con una goffa corsetta.
Poi pensai a quanto sarebbe stato imbarazzante se avessi aperto la porta nell'esatto istante in cui lui avesse suonato il campanello, e tornai a risedermi sul divano con una posizione fin troppo impostata.
Feci appena in tempo a risedermi che Riven suonò alla porta, e il mio cuore sobbalzò a quel trillo acuto.
«Arrivo!» gridai.
Mi sentii immediatamente una stupida per averlo detto, e avvampai per l'imbarazzo. Ma che avevo in mente? Sembrava proprio che lo stessi aspettando come una pazza. Che vergogna. Sperai con tutta me stessa che non mi avesse sentita.
Aprii la porta, e me lo trovai davanti con ancora il casco addosso, e con in mano una piccola scatola bianca in polistirolo, avvolta da un sottile nastrino rosa.
«Ciao. Fammi entrare, o si scioglie tutto» disse lui serio, facendo un passo in avanti e costringendomi a spostarmi.
Ma di che diamine sta parlando? pensai.
Richiusi la porta, e mi resi conto che lui se ne era già andato in cucina e aveva appoggiato la scatoletta sul tavolo.
Lo seguii, confusa da quel suo fare agitato.
«Iris non c'è? Puoi prendere dei cucchiai, per favore?» mi chiese, togliendosi frettolosamente il casco per poi appoggiarlo su una sedia.
«No, non c'è. È andata via circa un'ora fa, doveva andare da una cliente a farle le carte» risposi, prendendo due cucchiai dal cassetto e appoggiandoli sul tavolo, senza farmi troppe domande sul perché li volesse.
«Bene!» esclamò lui, sedendosi al tavolo e avvicinando a se la scatoletta bianca. «Menomale, così non ci vedrà fare questa schifezza e non potrà rimproverarci».
Lo guardai perplessa, e lui mi sorrise compiaciuto.
Tirò un filo del fiocco rosa, e quando il nastrino si sciolse e alzò il coperchio della scatola, sgranai gli occhi per la sorpresa.
«Gelato?» domandai con stupore.
«Gelato» confermò lui serio, «Due chili, per l'esattezza. L'ho preso in quella gelateria che ti piace tanto, quella dove vai sempre con Lila e Matilda».
«Ma dobbiamo ancora pranzare, non possiamo mangiarlo ora» ribattei, sempre più confusa da quel suo comportamento insolito.
«Ma secondo te perché ne ho preso così tanto? È questo il nostro pranzo» disse lui con fermezza, come se mi stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo.
Mi feci scappare una risatina, e mi sedetti al tavolo accanto a lui.
«Ora mi dici come ti è venuta in mente questa cosa e per quale motivo hai pensato fosse una buona idea. E per inciso, lo è stata» dissi io, ridacchiando e prendendo in mano un cucchiaio.
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Petali e Spine
Romance❤️🥀 COMPLETATA 🥀❤️ Rosaspina ha da poco compiuto diciott'anni, e sta per affrontare l'ultimo anno del liceo artistico della città di Dawnguard, dove abita da anni con la zia Iris. Lei, con un nome così particolare, è la rosa amata da tutti per la...