28. Nuova vita

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Il giorno successivo lo passai a preparare i bagagli, con un senso di malinconia incastrato nel petto.

Mia madre al telefono mi aveva detto che potevo portare al massimo due valigie, ma che me lo permetteva soltanto perché in una dovevi farci stare i libri di scuola e il computer portatile, altrimenti me ne sarebbe stata concessa una sola dato che loro viaggiavano sempre leggeri.

Nel corso della settimana che io avevo trascorso a casa a riflettere, loro avevano chiamato più e più volte la scuola per informarsi su come avrei potuto continuare a studiare a distanza, ed era stata trovata una soluzione che andasse incontro ad entrambi: dati i miei ottimi voti io potevo seguire le lezioni e fare tutti i vari test online, in diretta quando mi era possibile e in registrazione quando il fuso orario non me lo permetteva, ma a maggio e giugno, quando ci sarebbero stati gli esami, sarei dovuta tornare a Dawnguard per farli in presenza. Sia a me che ai miei genitori sembrò un compromesso corretto, e accettammo l'accordo.

«Tesoro, posso entrare?» disse zia Iris, bussando alla porta della mia stanza.

«Certo» risposi, mentre cercavo di schiacciare i vestiti nella valigia per riuscire a chiuderla.

«Come sta andando? Riesci a farci stare tutto?» mi chiese, sedendosi sul mio letto con le braccia incrociate, stringendosi al petto il suo scialle ricamato.

«Più o meno» dissi, sbuffando e togliendo un maglione di troppo. «È un po' diverso rispetto a quando devo fare la valigia per Redwood».

«Immagino» rispose lei, ridacchiando. «Ti ho portato una cosa. Anzi, in realtà sono due».

Mi alzai dal pavimento, e mi sedetti accanto a lei, incuriosita.

«Tieni» disse, tirando fuori due piccole cornici da sotto il pesante scialle.

Presi in mano quelle due foto, e appena le vidi sentii il mio cuore scaldarsi. In una c'eravamo io, Lila e Matilda, a dormire abbracciate sul divano di casa mia. E nell'altra c'eravamo io, lei, Mirca e Riven, seduti in un prato pieno di fiori lilla e azzurri, dopo quell'escursione di tre estati fa. Guardai quelle foto, e un grande senso di nostalgia mi riempì il cuore: anche se ancora non ero partita, sentivo già la loro mancanza.

Una lacrima rigò il mio viso, senza che io potessi controllarla.

«Piccola mia, sarà difficile andare via con loro, ma non te ne pentirai. Vale la pena fare questa esperienza e darti una possibilità di conoscerli come non hai potuto fare» disse abbracciandomi.

«Lo so, ma... Continuo a chiedermi se è davvero la scelta giusta. Le persone che amo sono tutte qui» risposi, trattenendo i singhiozzi.

«Ti amiamo tanto anche noi, e siamo qui. Non spariremo».

«Grazie, zia» dissi, e infilai le foto tra i vestiti nella valigia. «Mamma e papà verranno a prendermi questa sera. È meglio che vada a salutare tutti».

«Vai, e di sia a Riven che a Matilda e Lila che quando vogliono possono venire a salutarmi, magari gli preparo qualcosa per pranzo» rispose, uscendo poi dalla mia stanza.

Mi si strinse il cuore ad immaginare zia Iris a tavola, da sola e in una casa vuota, senza nessuno a farle compagnia. Sarebbe riuscita a non far schiacciare il suo carattere estroverso ed eccentrico dalla solitudine? Lo sperai con tutta me stessa.

Mi infilai un paio di jeans larghi e un maglione pesante e scesi al piano di sotto, indossai giacca, sciarpa e stivali frettolosamente e salutai zia Iris in velocità, uscendo di casa.

Avevo dato appuntamento a Lila, Matilda, Thomas e Mike al parco dietro casa.

***

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