Sputaparole.
La sua estate è un coagulo di linfe
non fluite, ora legate in lacci
in doppio nodo
lo sguardo spostato sulle scarpe.
Non le piaceva guardarsi
i piedi, ma mamma raccoglieva gli elastici
sulla strada
scambiava tappi di birre per monete
e poi si tagliava o almeno schifava
dei germi di alcolisti, mai del germe
del denaro.
Aveva la faccia di una stanca di pedalare,
del disagio del teatro dell'università,
era una stanca di parlare,
una voce ad alta esauribilità.
Mette in conto sillaba per sillaba
ogni concessione all'animale sociale,
nelle ore più calde risparmia il monologo;
disidratato e sempre meno corposo
come frutta secca in bustina.
Sputaparole,
deve mangiare e mangiare cibo vero.
I piedi non reggono il peso.
Chi dice che le gambe sono pilastri
non ha avuto ginocchia scollate dal pavimento,
ha saputo scaricare
fare la sua messa a terra mentre
Sputaparole ha finito i liquidi, l'olio,
e dai reni, le emoglobine,
si spalma sul quadro
come gesso asciutto a bassa tenuta,
come una pratica a senso unico
-ma l'importante è partecipare.
I denti del pettine sono contratti,
logora la catena,
non bastano occhiali per un mondo ciclopico
e che vede
solo in monocromo.
Le offrirebbe nature morte
senza ripulire i vetri da terra,
e lei ha le mani legate,
buste da chiudere con la saliva
e in bocca sapore di ferro.
Sotto la sua bici, ruote bloccate,
qualcuno l'ha creduta una puttana.
Affaticata sul bordo della pista e sola con la bestia,
può riporre il fiato,
le puttane non chiedono aiuto.
Prendi ciò che è impigliato e strappalo senza salvarlo.
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Il mio sangue è una distesa di asfalto
ŞiirLe poesie di una ????enne che cerca ossigeno nell'arte.