XXVI - Confusione

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Athena

Ormai avevo iniziato e sapevo di star facendo la cosa giusta, perciò terminai la frase.

"Si tratta di mia madre... lei mi ha... ecco mi ha... picchiato ieri e io non so bene cosa fare" Sussurai attenta a non farmi sentire da nessuno oltre ai miei amici.
"Athena ma perché non ce lo hai detto!" Esclamò Alice attirando l'attenzione di qualcuno seduto ai tavoli vicino a noi.

"Shh Alice! Non è una cosa facile da dire!" Mi difese Mattia.

"Era la prima volta che succedeva?" Chiese poi Samuele.

"Si, per questo io non so cosa fare. Magari ha avuto un attacco di rabbia e non si è controllata, ma non so se succederà tutte le volte o no..."
"Sappiamo tutti quanto ami la Germania. Se la denunciassi ora, è abbastanza probabile che tu possa tornarci. Non possono obbligarti a rimanere qui e se anche dovessero pensare che ti stai invintando tutto... per arrivare ad inventarsi una cosa simile, vuol dire che stai veramente male" Alice aveva ragione.

Nel novantanove per cento dei casi sarei tornata in Germania, ma quell'uno per cento non mi faceva stare tranquilla.

"E se invece fossi obbligata a rimanere qui per mancanza di prove? Lei saprebbe che io ho provato a denunciarla, sarebbe solo più infuriata..."
"Ti picchierebbe di più ed avresti più prove" La mia amica sembrava decisa a farmi tornare in Germania, ma se dovevo prendere botte per tornarci, non ero certa ne valesse la pena.
"Certo, te le prendi te le botte forti il doppio, adornate da insulti gratuiti, giusto?" Affermò ironicamente Samuele riportando Alice alla realtà.

"Secondo me dovresti denunciare e chiedere di tenere la faccenda privata. Così lei non lo saprebbe"
"Mattia non credo possano arrestarla senza aver prima sentito la sua versione della storia... io potrei essermi fatta questi lividi in qualsiasi modo, è suo diritto tentare di salvarsi la pelle"
Lui annuì scocciato.

Era una situazione complicata, ma nessuno di loro sembrava starmi trattando come un piccolo e fragile cristallo per fortuna.
Per loro ero rimasta l'Athena di sempre e adoravo questa cosa.

"Le cose sono due: o denunci, e ti prendi il rischio di essere picchiata un po' di più, nonostante nella maggior parte dei casi saresti salva e in volo verso le tua amata Germania, oppure fingi che non sia successo nulla e continui a prenderti botte rimanendo bloccata qui" Samuele mi spiegò la sua idea ed in effetti non aveva tutti i torti.

I miei lividi erano ancora giallognoli e violacei, perciò le prove le avevo su di me.
Dovevo denunciare, non potevo fare finta di nulla.

"Va bene, denuncerò, ma mi accompagnerete non è vero?"

Ciò di cui avevo più paura in assoluto, era farmi scoprire da un qualche amico di mia madre.
Se fossi andata insieme ai miei amici invece, poteva ancora sembrare la denuncia della scomparsa di un qualche nostro oggetto o cose simili.

Loro accettarono, dandolo quasi per scontato, e dopo aver finito le bibite che avevamo ordinato, ci dirigemmo verso la stazione di polizia.

"Salve, posso esservi d'aiuto?" Ci chiese un uomo sulla settantina in uniforme.

"Buon pomeriggio, io dovrei denunciare... dovrei..."
Le parole mi morivano in gola.

Non sapevo bene il motivo in realtà, era come se me ne vergognassi in un certo senso, anche se ero ben consapevole di non avere colpe in questa situazione.

Per quanto possa essere scappata più di una volta a sua insaputa, ricorrere alla violenza, non è e non sarà mai un metodo giustificato.

"Mi segua signorina" Notando le mie difficoltà a proseguire, il poliziotto mi indicò un angolo più appartato, dove le mie parole non fossero alla portata di chiunque.

Salvami e DistruggimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora