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- Si?

I suoi occhi si scuriscono come il cielo che ci avvolge. C'è qualcosa di strano nel suo comportamento, qualcosa che non so descrivere a parole, qualcosa che mi confonde ma che mi incuriosisce terribilmente tanto.

- Io... non lo so – balbetto parole a caso, senza un filo logico.

Non riesco a ragionare in questo momento, non sono affatto lucida e lo conferma il fatto che le mie mani muoiono dalla voglia di aggrapparsi alle sue.

Resisto, per fortuna resisto.

- Non mi piacciono le persone indecise.

- Non ti piaccio io. È diverso.

Un sorriso pigro, oserei dire quasi triste, si fa spazio sul suo volto e proprio quando penso di potermi spingere oltre con lui, di potergli chiedere il perché del suo costante distacco nei miei confronti, le sue mani spingono sulle mie braccia, facendomi cadere all'indietro.

Mi bagno tutta, dalla testa ai piedi, sotto il suono della sua risata grossa, di pancia e completamente inaspettata.

- Stupido che non sei altro – sbotto, provando a rialzarmi. Lui continua a ridere con le lacrime agli occhi, e io mi beo di questo suono, che dovrebbe infastidirmi, ma che invece mi fa provare una piacevole sensazione di pace.

- Questa me la paghi – continuo a borbottare, tenendo lo sguardo basso per l'imbarazzo. Il vestito che uso per dormire mi si è appiccicato addosso, e ovviamente qui non sfruttiamo stoffa in più per crearci anche della biancheria intima. Non mi sono mai posta questo problema.

Fino a qualche anno fa, Eros non mi guardava e nessuno dei due aveva pensieri strani sull'altro. Ecco, neanche ora, ma mi sento ugualmente a disagio, mentre gli passo accanto per tornarmene a casa.

- Aspetta.

La sua voce calda mi colpisce alle spalle. Non so perché io senta la necessità di scappare e di nascondermi. Probabilmente perché temo di apparire brutta ai suoi occhi, sfatta e scialba.

- Stai sanguinando.

E quando mi guardo le gambe, noto un piccolo graffio sul ginocchio destro.

- Mi sarò graffiata con qualche conchiglia quando mi hai spinto.

Provo a guardarlo male, ma i suoi occhi ora sono fissi sulle mie gambe e la sua espressione allegra di qualche istante fa, è stata sostituita da una preoccupata. Devo avere le allucinazioni. Ad Eros non importa nulla di me.

- Vieni con me.

Si allontana verso il bosco e anche se sono abbastanza restia dal seguirlo, lo faccio lo stesso. Non mi sono fatta chissà quanto male, onestamente non sento alcun dolore, eppure sembra che lui non la pensi allo stesso modo.

Più volte si assicura che lo stia seguendo, ma nessuno dei due apre bocca fin quando non arriviamo sul retro della sua casa.

- Cosa ci facciamo qui?

- Le conchiglie, soprattutto se rotte, potrebbero provocare tagli profondi e tu stai continuando a sanguinare parecchio – spiega, facendo una smorfia, come se la situazione lo infastidisse.

Beh, nessuno gli ha chiesto di aiutarmi e non è di certo colpa mia se un rivolo di sangue scorre fino alla mia caviglia.

- E cosa vorresti fare?

- Entra e non fare rumore – mi intima, mentre sposta una tenda pesante che separa la sua casa dall'esterno.

Non ci sono mai stata prima, e provo una serie di emozioni contrastanti mentre guardo ogni angolo di questo posto. Ci sono libri ovunque, onestamente mi aspettavo che fossero più ordinati, ma quando passiamo accanto alla stanza dei suoi genitori, vengo rapita dalle sue dita che premono sulle sue labbra, intimandomi di stare zitta.

Eros ed Agnes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora