La pioggia continua a battere sul mio corpo incessantemente, ma non me ne curo. Ho bisogno di lavar via il senso di colpa che mi macchia dal giorno in cui mia madre è andata via. Ho bisogno di sfogare la mia rabbia per quello che sento da quando ho visto Eros parlare con Febe, e ho bisogno di dimenticare il dolore che ogni giorno è impresso sul volto di mio padre.Non mi fermo, continuo a sferrare colpi con quest'ascia su un pezzo di legno, accanendomi più di quanto sia necessario. In realtà non sto facendo un buon lavoro, non ho mai avuto una gran forza e una gran tecnica per tagliare la legna, ma è l'unica cosa che posso fare per non commettere stupidi errori.
È notte fonda, spero soltanto che mio padre non si svegli e che non si preoccupi non vedendomi sdraiata sulla mia brandina. Dormire è diventato un miraggio e questo è l'unico momento in cui posso sfogarmi senza che gli altri mi vedano.
Da quando mia madre è andata via, molte donne vorrebbero prendersi cura di me, domandandomi ogni istante se io abbia bisogno di qualcosa. Per quanto apprezzi il loro gesto, non riesco ugualmente ad accettarlo perché purtroppo inizio a pensare di aver preso la decisione sbagliata. Non ha senso stare qui, da sola, circondata da persone che dicono bugie. E no, non si tratta di Eros o del fatto che lo abbia visto una sola volta parlare con Febe. Di lui non m'importa nulla e, per quanto mi riguarda, potrebbe tranquillamente procreare venti figli con quella.
- Ti piace proprio sfidare Zeus.
Le mie mani si stringono meglio sull'ascia, e devo riflettere su quali potrebbe essere le conseguenze se la scagliassi contro Eros e non contro questo povero tronco. Non gli rispondo, lo ignoro completamente continuando a fare quello che stavo facendo. Non ho voglia di parlare con lui, onestamente vedere la sua faccia mi dà alquanto fastidio.
- E sono sicuro che prima o poi lo raggiungerai se continui a tagliare legna sotto una tempesta.
- Non mi toccare – sbotto, quando prova a sfilare l'arma dalle mie mani, ma l'occhiataccia che gli rifilo sembra non scuoterlo affatto. Ci fissiamo, occhi dentro occhi, ma non mi prendo la briga di tradurre il suo modo di guardarmi.
- Non ti stavo toccando.
A lui piace prendersi beffa di me, mettermi in ridicolo solo per sentirsi superiore. Vorrei cancellare a suon di schiaffi l'espressione trionfale che adorna il suo visino da falso bravo ragazzo. Lo odio, sul serio, e odio ancor di più non sapere per quale motivo lui mi abbia sempre trattata male. Potrei chiederglielo ora, e approfittare di questa ondata di coraggio che mi ha investito, ma al contempo non voglio che si senta così importante.
- Meglio.
Riprendo a fare quello che stavo facendo, sferrando colpi sempre più forti ma mai precisi. Di questo passo non otterrò nulla e non sopporto l'idea di apparire così inesperta proprio in sua presenza.
- Te ne vai?
- Devi colpire sempre lo stesso punto.
Rilascio un lungo respiro; dalle mie labbra fremono per uscire una miriade di insulti e imprecazioni, ma stavolta non ho nessuna intenzione di innescare un litigio. Tuttavia, sembra che a lui questa cosa non stia bene. È venuto qui per provocarmi, per mettere il dito nella piaga e per imporre la sua stupida saccenteria.
- Stai sbagliando, ancora!
- Allora stai attento, perché accidentalmente potrei colpire la tua faccia.
Alla fine vince lui, vince sempre lui. Ha ottenuto quello che voleva, ed io sono una stupida per averglielo concesso con una tale rapidità.
- Da dove sbuca fuori tutta questa aggressività?
STAI LEGGENDO
Eros ed Agnes.
RomanceAlcune storie non hanno la fortuna di essere raccontate. Nessuno potrà mai venirne a conoscenza, togliendo al mondo o a quello che ne resta, la testimonianza di un amore forte come una tempesta, ma anche fragile come un fiore che prova a crescere in...