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Parlare con mio padre.

Credo sia diventata una delle cose più difficili da fare. Ultimamente è sfuggente, distratto e triste, ma non potrebbe essere altrimenti. Sono le stesse sensazioni che provo anch'io da quando mia madre è andata via. Ogni giorno provo a dare un senso alla sua scelta e provo a dare un senso anche alla mia. Mi chiedo cosa realmente mi abbia spinto a rifiutare la sua proposta, e cosa mi abbia portato ad accettare quello che Eros mi propone ogni giorno. Non parlo solo della sua strana idea di farmi vedere quello che c'è dall'altro lato dell'isola. Parlo di me, e di come io riesca a dimenticare con troppa rapidità i suoi atteggiamenti. Non dico di essere sempre gentile con lui, ma so che non gli farei mai del male. A modo mio, provo ad avvicinarmi a lui, a comprenderlo e a creare il rapporto che non abbiamo mai avuto in tutti questi anni. Ma non è facile, soprattutto quando lui mi ricorda di essere all'ultimo posto nella classifica delle persone più importanti per lui. Forse, in questo elenco, nemmeno ci sono. E sarei una bugiarda se non ammettessi che questa cosa mi fa male.

Non ha senso, mi ripeto sempre.

Mi dico che fra di noi è sempre stato così e che non è scritto da nessuna parte che le cose debbano cambiare. Eppure lo voglio. 

Vorrei che lui si aprisse con me, che si fidasse e che non mi vedesse come una nemica. Qualunque cosa sia successa fra le nostre famiglie, noi dovremmo restarne fuori. Dovremmo essere l'uno la spalla dell'altro, sostenerci, passare del tempo insieme senza dover temere un litigio. Ma anche stavolta, mentre raggiungo il posto dove ieri mi ha trovata, penso che potrebbe succedere. Potrei tornarmene a casa delusa per qualcosa che potrebbe dirmi, ferita per la sua indifferenza o, peggio ancora, con il cuore spezzato.

Lui è già qui, seduto sulla sabbia a fissare questa grotta che collega il luogo in cui viviamo ad un'altra parte dell'isola. E per un solo istante ho paura. Ho paura di potergli chiedere qualcosa di molto stupido quando, con un cenno del capo mi saluta, e in silenzio si avvia verso l'ingresso di questo tunnel naturale ed ignoto. Anche se da qui posso vedere la sua fine e la spiaggia che ci aspetta, non posso prevedere quello che potrebbe succedere.

E l'inizio non è dei migliori.

Eros non solo non mi ha salutata, ma cammina senza assicurarsi della mia presenza alle sue spalle. Vorrei mettermi a sbuffare, fargli notare che ha già iniziato a fare lo stronzo, ma sono venuta qui con le migliori intenzioni e devo almeno provare a fare la brava. Se c'è una cosa che ho capito di lui, è che provocarlo non è mai una buona idea. Eros è bravo a ribaltare la situazione, a far sentire me sbagliata, ma non è quello che voglio per noi oggi. Ma qui è tutto buio, freddo e umido. Non so su cosa io stia camminando, né cosa ci sia ad un passo da me.

- Cavolo.

Mi tocco il naso quando vado a sbattere contro qualcosa, per poi rendermi subito conto che si trattava della sua schiena.

- Sei troppo lenta.

- Potevi avermi persa già da un po' e nemmeno te ne saresti accorto.

Ho un difetto: riesco a mantenere le mie promesse, con Eros, per un massimo di due minuti, e credo ne siamo passati anche di più. Tuttavia, lui non mi rende le cose molto semplici. Ha sempre una risposta pronta per ogni evenienza, e sa come farmi saltare i nervi con poche parole.

- Quando cammini hai la delicatezza di un elefante! E purtroppo loro si sono estinti.

- Dovrei ridere? – riesco ad affiancarlo e, nonostante il buio pesto, i miei occhi ora sembra che si siano adattati.

Riesco a vedere la sua faccia da stronzo!

- Come vuoi, ma non era una battuta.

Mi chiedo che influenza abbia il tempo sulla sanità mentale di Eros. Il suo umore cambia ad una velocità impressionante ed è davvero difficile stargli dietro.

Eros ed Agnes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora