☽ Capitolo Quattro ☾

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All'inizio, Link non si rese conto di niente. Poi ci fu il buio e, dentro di esso, un dolore bruciante.

Annaspò disperatamente per prendere aria, e i suoi occhi si aprirono.

Vide tenebre e ombre, una stanza poco illuminata, le pareti in tronchi d'albero, con file di letti e una finestra che lasciava filtrare la calda luce del crepuscolo; era sdraiato su uno di quei letti, coperte e lenzuola avvolte attorno al suo corpo come corde.

La spalla gli faceva male, come se sopra avesse un peso morto.

Alzò una mano per capire di cosa si trattasse, incontrando soltanto uno spesso bendaggio che gli copriva la pelle nuda. Prese un altro respiro.

«Link.» Quella voce gli risultò familiare come fosse la propria. Una mano strinse la sua mano, dita intrecciate ad altre dita. Con un riflesso innato, ricambiò la stretta.

«Zelda...» Disse, quasi scioccato al suono gracchiante delle sue stesse parole. Si sentiva terribilmente accaldato.

Alzò gli occhi verso le iridi verdi e cariche d'angoscia di sua moglie: indossava una pesante pelliccia bianca, con lo stemma azzurro della famiglia reale che le svettava sul petto. Dovevano essere ancora dai Rito, nelle gelide terre di Hebra.

«Zelda... mi dispiace...»

Lei scosse la testa e gli accarezzò una guancia.

«Non scusarti. Non hai niente di cui scusarti.» Zelda si sedette sul letto accanto a lui, attenta a non fargli male. «Sei stato incosciente per quasi due giorni. Rischiavi di morire congelato... per fortuna i Rito ti hanno subito soccorso. Appena ho saputo tutto io e Impa siamo corse qui con la scorta, anche se mio padre era totalmente contrario.»

Link fece un debole sorriso.

«Una volta tuo padre ti terrorizzava. A me terrorizza ancora.»

Zelda ricambiò il suo sorriso, stringendogli la mano con più forza.

«Perderti mi terrorizza più di qualsiasi altra cosa.» La sua voce tremò impercettibilmente.

Link fece un respiro profondo, cercando di rimettere insieme i pezzi di ciò che era successo.

«Zelda, i miei uomini... siamo stati attaccati...»

«So tutto.» Lo interruppe lei, non volendo che suo marito si stancasse troppo. «Ma ne riparleremo a tempo debito. Ora riposati e basta.»

Link abbandonò la testa sul cuscino, con il volto bollente.

«Mi sento andare a fuoco.» Le disse.

Zelda lo aiutò a mettersi seduto, posizionandogli il cuscino dietro la schiena in modo che stesse il più comodo possibile.

Link vide che accanto al suo letto c'era un piccolo comodino di legno, con un panno umido e una ciotola piena di un liquido denso e fumante. Dall'odore invitante sembrava uno stufato di carne.

«Il freddo ti ha fatto venire la febbre.» Le dita di Zelda gli spinsero i capelli biondi all'indietro, via dalla fronte, per poterci posare il panno freddo e dargli un po' di sollievo. «Dentro lo stufato c'è una medicina, ti aiuterà a riprendere le energie. Riesci a mangiarne un po'?»

Link annuì con un debole cenno della testa, aprendo la bocca. A Zelda ricordò gli uccellini appena nati, con il becco spalancato in attesa di essere nutriti dalla madre.

Sorrise a quell'immagine e si mise la ciotola con lo stufato sulle gambe, imboccando piano il marito.

«Posso fare da solo se vuoi.» Le disse lui tra un boccone e l'altro, le labbra sporche di stufato.

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