☽ Capitolo Dieci ☾

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Il silenzio che calò nella grotta aveva un che di surreale.

C'era una tensione così forte che, da un momento all'altro, sembrava potesse esplodere una bomba sotto i loro piedi.

I membri del clan Yiga erano rimasti immobili, qualcuno si era scambiato qualche sguardo perplesso.

Zelda era ferma, la foto in mano e gli occhi fissi sulla donna mascherata davanti a lei. Quest'ultima era rimasta in silenzio per minuti che sembrarono interminabili.

Ad un certo punto le sue mani andarono alla maschera che le copriva il volto, sfilandola con un gesto: dietro di essa si nascondevano due occhi azzurri dall'espressione tagliente, un viso che sembrava consumato dal tempo e dal dolore. I suoi capelli castani, corti fino alle spalle, erano striati di grigio.

«Nessuno mi chiama più così da moltissimo tempo.» Disse la donna, e la sua espressione tradiva un certo stupore. Sembrava quasi... confusa. «E mio marito... ricordo a malapena il suo volto.»

Zelda rimase in silenzio. Lo sguardo della donna era carico di dolore e rabbia.

«Io voglio solo salvare mio marito.» Ritentò Zelda. «Se anche tu hai una famiglia-»

«Io avevo una famiglia.» Tuonò la donna, cominciando a camminare per la stanza. «E tutto era perfetto. Finché lui, Alistair, non cominciò a fare sogni su dei ed eroi. Era un cavaliere a servizio di tuo padre, e si convinse che il mio bambino fosse destinato a vivere una vita di pericoli e sacrifici.»

Raggiunse la scrivania, e ci battè i pugni con tanta forza da far sussultare tutti i presenti.

«MA LUI ERA SOLO UN BAMBINO!» Gridò, con la follia nella voce e gli occhi fuori dalle orbite.

Urbosa si posizionò istintivamente davanti a Zelda, in un gesto protettivo.

«Era così piccolo, così fragile... e lui me l'ha portato via! Il mio Kith... è morto perché suo padre credeva che fosse destinato a proteggere te e la tua dannata famiglia!» Singhiozzò. «Perso per sempre nel Bosco Perduto, alla ricerca della dannata spada che tuo marito portava con tanto orgoglio sulle spalle!»

La donna tornò a guardarla. Aveva gli occhi iniettati di sangue, un'espressione di pura follia.

«Mi avete tolto tutto.» Continuò quella, riavvicinandosi. «E l'unica cosa che mi da pace... è sapere che soffrirete. Finché sarò viva non passerà un solo giorno senza che io non pianifichi la vostra morte.»

Accadde tutto nel giro di pochi secondi. La donna estrasse un coltello dalla cintura e lo scagliò verso Zelda, ad una velocità spaventosa.

Urbosa riuscì ad alzare lo scudo in tempo per deviare la traiettoria del coltello, proteggendola da un colpo fatale.

«Non so come hai fatto a scoprire tutte quelle cose, principessa.» Disse la donna, facendo un cenno ai suoi scagnozzi. «Ma temo non uscirai da qui viva per raccontarle in giro.»

Gli Yiga partirono alla carica contro di loro, e Zelda li vide arrivare come a rallentatore: erano troppi, anche per Urbosa e le sue guardie.

Li guardò avvicinarsi, le lame dei loro coltelli che riflettevano la fioca delle torce, le loro maschere bianche e inquietanti che si facevano sempre più vicine.

Chiuse d'istinto gli occhi, le braccia davanti al viso nel vano tentativo di proteggersi in attesa del peggio.

Poi un rumore di passi in corsa... e di carne lacerata.

Una serie di tonfi sordi.

Zelda riaprì gli occhi lentamente, non trattenendo un gemito di sorpresa: davanti a lei, in piedi e con la spada sguainata, c'era nientemeno che Link.

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