(22) Brutalismo

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Fa ridere quanto chiudere gli occhi possa dare la stessa sensazione di aprirli: ti senti intontita, stordita a volte, con tanta stanchezza arretrata da smaltire ancora.
Ti succede la stessa cosa adesso che scopri di essere sul pavimento del lavatoio. Hai avuto un mancamento appena uscita dalla sala operatoria e ti sei seduta in un angolino. Poi gli occhi si sono chiusi da soli, complice la testa troppo pesante. Così ti sei semplicemente concessa al buio. Ti è sembrato un sogno, hai avuto la sensazione di poterti vedere da fuori, in realtà avevi solo voglia di estraniarti dal tuo corpo e abbandonare tutto per un po'.
Dopo questa breve pausa, se così la possiamo chiamare, ti tocca andartene dal lavatoio: non vuoi farti vedere così dai medici di questo ospedale, soprattutto da Kenjaku che potrebbe girare anche una cosa così a suo favore.
Ti rialzi a fatica da terra e barcollante esci dalla saletta. Appena sei fuori sbuffi tutta l'aria nei polmoni, che in qualche modo ti appesantisce, ma forse non è quello il peso che ti porti dentro. Pensi un po' a tutto, a Toji, a Kashimo, a Maki, al discorso del dottor Kenjaku. 'Solo una stupida sverrebbe per due parole' dici a te stessa, ma non è colpa tua se non c'è un attimo di tregua in questo mondo dove ormai sembra andare tutto a rotoli.
E guarda un po', tu sei l'unica che deve mettere a posto ogni cosa, ogni pezzo di questo puzzle immenso che alla fine è la tua vita.
"Scusami Maki, ora sono di nuovo qui".

I palazzi grigi e alti, quello stile architettonico anonimo che si adatta perfettamente alla zona malconcia di una città. Non ci sono luci, né schermi, né rumore proveniente dai locali. Il silenzio è come un velo che copre ogni cosa, solo pochi lo alzano per sussurrare veloci parole.
Toji non sa se questo posto gli è mai mancato, ma è sicuro di provare un leggero senso di nostalgia.
Può sembrare una cazzata, ma anche in un luogo come questo vengono in mente dei ricordi, non per forza belli, certo.
I portoni dei palazzi sono aperti, ma non è per niente un invito ad entrare. Toji stringe i denti, quella lezione l'ha imparata a proprie spese.
Lui si incammina verso un edificio in particolare, anche se è uguale a tutti gli altri. Non perde tempo a guardare la facciata o controllare se c'è qualcuno dietro il portone che è pronto a tramortirlo con una spranga di ferro, sarebbe decisamente tropo.
Così una volta dentro, l'uomo si prende qualche secondo per abituarsi all'oscurità; dopo pochi istanti emerge dal buio una rampa di scale.
Toji posa il piede sul primo scalino, ma non è un momento da film, lui non si sofferma bensì procedette spedito, non ha nulla che lo trattenga.
Il rimbombo del primo passo lo segue mentre percorre silenziosamente tutta la prima rampa di scale.
Da piccolo Toji aveva imparato a non fare rumore, eppure quel silenzio gli stava dando sui nervi, mettendolo quasi nervoso. Dopo ancora qualche gradino, finalmente arriva davanti alla porta che gli interessa, dove gli avevano detto avrebbe trovato quei bastardi.
Chi gli avesse riferito quell'informazione neanche lo ricorda, ma bensì gli è rimasta in mentre la cifra che ha dovuto pagare a quel delinquente.
Non è il momento di pensarci, mantenere il sangue freddo è la priorità.
Toji poggia la mano sul pomello della porta, gli basta una rapida e delicata spinta per aprirla. A quanto pare o qualcuno lo sta aspettando oppure è una mera casualità che si siano dimenticati di chiudere l'appartamento, alquanto improbabile. Lui si infila nell'appartamento, sempre se così si può definire un ambiente tanto spoglio e lurido. Non c'è nessuno, così sembra, no così vogliono far credere a chiunque entri. Una rapida occhiata permette a Toji di capire che in qualunque caso è in netto svantaggio numerico: le quattro sedie al centro della stanza ne sono una prova. L'uomo non si azzarda neanche a pensare un'imprecazione, chi si è stabilito in quel posto sarebbe stato capace di sentirla.
In una situazione del genere non resta che giocarsi l'effetto sorpresa, l'unico vantaggio restatogli.
Un passo, il primo verso il vano a destra. Nessun rumore, nessun odore, neanche l'istinto percepisce qualcosa.
Allora il secondo passo segue il precedente, e piano piano diventa una camminata lenta e silenziosa.
Aspetta fermo!
No, non è nulla, solo un inutile sacchetto della spazzatura che però ha teso i nervi di Toji come corde di violino. I suoi sensi si amplificano a dismisura finché non si trova al centro del vano. È vasto, illuminato dalle grandi finestre, potrebbe essere facile gestire uno scontro qui.
Andare a controllare nelle altre stanze sarebbe l'azione più scontata, ma anche la più pericolosa. Un combattimento nello stretto corridoio che ha intravisto a destra dell'ingresso potrebbe essergli fatale. Però restare fermo ad aspettare che qualcuno arrivi non è nella natura dell'uomo, ma del predatore che si apposta ed attende; ed ora Toji è proprio questo.

Conteggio parole: 940

Buonasera a tutti, rieccoci dopo un po' di tempo. Perdonatemi l'attesa per questo capitolo un po' corto, non è stato facile per me scriverlo. Ho finito di correggere ed ho subito pubblicato, è da un po' che covo questa parte della storia e non vedevo l'ora di liberarmene, se così si può dire. Ho paura vi risulti pesante, lo è e lo so, ma è necessaria. Grazie perché continuate a seguire questo racconto, nonostante le mie pubblicazioni saltuarie.
Non so quando ritornerò, ma vi prometto che questa storia la finirò, questa è la mia unica certezza.
Alla prossima.

🌛 La vostra Maddy 🌜

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 18, 2023 ⏰

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