Capitolo 4.

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L'aria che entrava dal finestrino dell'auto era tiepida, ma non mi dispiaceva, dopotutto c'era la mia paura costante che mi teneva freddo dall'interno. Quel tepore mi dava una senzazione di familiarità, riportava alla mente i ricordi più belli della mia infanzia, quell'infanzia serena e felice che ricordo prima del casino. Prima della mia distruzione interiore.

"Grazie mamma, per la compagnia"
Non volevo aggiungere altro per non darle modo, tempo e spazio per parlare e farmi qualche ramanzina.
"Prego cara, ci sentiamo per telefono"
Le diedi un veloce bacio, scesi dall'auto e corsi verso casa, si era fatto tardi, oltre all'abito quella mattina avevamo scelto altre piccole cose per il grande giorno, come i fiori, le piccole bomboniere e avevamo parlato con il responsabile della sala cerimonie per assicurarci che aveva capito bene ciò che mia madre aveva scelto come buffet. Mancavano solo gli abiti per le damigelle. Ma due mesi bastavano, c'era ancora un pò di tempo.
Sam era fuori paese per lavoro, quindi io avevo il fine settimana libero, per dedicarmi un pò di tempo.
Il mio stomaco brontolava.
Avrei potuto cucinare qualcosa, ma scelsi la via più facile e veloce, mangiai un pò di insalata di riso che avevo nel frigo, avanzata dal giorno prima. Nel periodo estivo era tradizione a casa mia tenere sempre un pò d'insalata di riso pronta da consumare durante i pasti, io per esempio, amavo mangiarla anche per colazione. :-)
Mi distesi un pò nel letto dopo pranzo, per riposarmi un pò, quando all'improvviso vibrò il cellulare.
Una chiamata persa ed un messaggio.
Chantal: "Amor, dove sei? Verso le 16:00 vengo a prenderti, devo comprare delle cosine. Smak."
Ecco, addio tempo per me stessa.
Chantal era la mia amica da sempre, quella con la quale avevo condiviso la scuola materna fino al diploma, quella persona che per me avrebbe dato la vita. Mi sentivo costantemente in debito con lei, dopo il casino, mi fece aiutare da suo padre. Non sapevo dirle di no.
"Ok amor, a dopo."
Andai a fare una doccia dopo aver riposato circa un'oretta.
Lasciai i capelli liberi, fasciati solo da un cerchietto per non averli davanti agli occhi, mia madre diceva che somigliavo ad un barboncino, io amavo i miei capelli, erano una delle poche cose che amavo di me stessa, lunghi, neri e ondulati solo sulle punte, sembravo sempre uscita da un salone di bellezza. Misi un paio di short jeansati, una canotta bianca con delle perline e dei sandali alla schiava sempre bianchi.
Sentii suonare il clacson.
Chan era arrivata.

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