Capitolo 28.

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Sapevo già che mi sarei fatta del male, ma questa volta non mi importò. Potevo decidere una volta nella mia vita se rischiare per scelta mia?
Si, potevo, e se quello sarebbe stato il male che mi attendeva, allora avrebbe potuto anche uccidermi. Davvero.
Ogni centimetro della mia pelle si tendeva sempre di più ad ogni suo tocco, ad ogni sua carezza. Il mio cuore batteva all'impazzata, qualcosa in lui mi faceva sentire a casa, il suo contatto, quel calore che le sue emozioni mi trasmettevano, tutto era perfetto. C'era un solo problema. Un grande problema.
Io non avevo mai fatto l'amore.
Dopo le violenze, subii un blocco fisico e mentale riguardante i rapporti, nonostante io e Sam stavamo insieme da sempre, non riuscii mai ad affrontare quel passo con lui. L'unico a violare il mio corpo era stato quel grande figlio di puttana di mio padre. Quel pensiero mi fece rabbrividire, sentendomi sporca, inadeguata ma più di tutto, sbagliata. La dottoressa mi disse di dare tempo al tempo, se io preferivo così, non dovevo forzarmi, se la mia mente si era fermata su quei pensieri, non dovevo insistere per andare contro me stessa. 'Le paure vanno coltivate, apprese e comprese. Poi vanno elaborate.' Morale, dovevo superare tutto lentamente. Dandomi del tempo.
Ma questa volta fu diverso, dentro di me desideravo profondamente, inimagginabilmente, fare l'amore con lui. Sentivo la stessa disperazione interiore che ogni giorno provavo io, c'era qualcosa che mi legava a lui, qualcosa che andava ben oltre i legami di sangue. Come se una sua mano invisibile fosse entrata dentro il petto ed arrivando alla mia anima, l'avesse accarezzata delicatamente, nè troppo forte per fargli del male, nè troppo piano per solleticarla, perchè in un modo o nell'altro avrebbe dato fastidio, no, lui aveva trovato un modo tutto suo.
Fermai quel bacio, delle lacrime invasero il mio volto, non riuscivo a capire ancora me stessa, un momento andavo bene, il momento dopo no.
Jan si spostò delicatamente dal mio viso cercando di scrutare la mia espressione, mi coprii con le mani e scivolai con la schiena al muro sedendomi sul pavimento.
"Perdonami Jan, è davvero troppo difficile stare con me, sarebbe una condanna, io non sono una persona affatto facile, ho dei problemi, problemi così grandi che tu non potresti capire nè ora, nè mai, nessuno ci è riuscito ancora. Ti prego, stammi lontano, non mi piace illudere le persone, sopratutto non mi piace illudere te, sei stato così dolce e premuroso con me, non lo meriti, ti prego, lasciami stare."
Jan restò scosso dal mio pianto isterico, e ancor di più dalle mie parole, calò un velo di terrore nei suoi occhi. Mi prese per le mani e mi trascinò fuori dal bagno, portandomi nel piano superiore della casa di Chan, esattamente nella camera da letto degli ospiti, entrando chiuse la porta dietro di se a chiave e la mise in tasca, nonostante quel gesto io non ebbi paura di lui.
Si mise le mani attorno alla testa ed iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza. Mi stava sfuggendo qualcosa.
"Che hai? Perchè fai così?"
I suoi occhi di gonfiarono di lacrime, si inginocchiò davanti a me.
"Perdonami Amelie, ti prego perdonami, é colpa mia se adesso stai così, io ti ho cercata perchè avevo bisogno di farmi perdonare da te, ti ho rovinato la vita. Perdonami, perdonami, ti prego Amelie."
Rimasi a guardarlo sconvolta per dei secondi. Poi dei flash invasero la mia mente.

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