A Fenisia, la mia insegnante di vita,
che non ha mai smesso di credere in me.
Sempre in alto, là dove osano le aquile.A Martina, che, con un sorriso,
mi ha tenuta per mano fin dall'inizio.
E fino alla fine.
Amicus usque ad aras.A mia madre, la donna
più forte che io conosca;
A mio padre, il mio primo amore;
A mio fratello, odi et amo.A chi è in grado di sconvolgere
anche la luce delle stelle più vicine
e, al momento, si trova nell'ombra.
Per aspera ad astra.
Ogni cosa ha un inizio e, in quanto tale, una fine.
Pensai questo, mentre ammiravo la vista di Londra dalla finestra.
C'era una voce, però, che continuava a destarmi dai miei pensieri.
«Io conosco una storia, o figli della Terra. Parlo come devo. Di come nove alberi hanno dato vita ai mondi affidati ai giganti...»
Ecco. Pensai che anche questo avrebbe dovuto avere una fine.
«Basta così, Aren. Mi farai venire il mal di testa»
È così che passavo le mie serate, ormai.
Con un ragazzo con gravi problemi di insonnia che mi raccontava storie e miti antichi...finendo per non far dormire neanche me.
In tutta risposta, con uno sguardo ricco di drammaticità, lui smise per un secondo di parlare.
Era fatto così, Aren: tremendamente melodrammatico.
Mi guardò come se fosse stato pugnalato al cuore,
mettendosi anche una mano sul petto, per rendere ancora più tragica la sua reazione.
«Come scusa? Credevo ti piacessero queste storie, Lys»
Ed ecco che cominciava a chiamarmi così.
Ho sempre fatto finta di odiarlo, ma in fondo amavo questo soprannome.
Roteai gli occhi, con un piccolo sorrisetto che però mi tradì.
«Smettila, lo sai che mi chiamo Liv»
«Come preferisci, Lys» Rispose, sorridendo.
Amava darmi fastidio. Lui in realtà amava dar fastidio a tutti. Era più grande di me, ma si comportava come un bambino.
«A nanna bimbo, si è fatto tardi. Devi tornare in camera tua, non puoi stare qui»
«Ecco, è questo che non capisco. La Queen's Pride è una scuola così moderna...perché il dormitorio dei ragazzi è ancora diviso da quello delle ragazze?»
Con una mano si strofinò il mento, facendo finta di pensare.
«Per impedire a imbecilli come te di disturbare il nostro sonno di bellezza.» Mormorò Claire, la mia compagna di stanza, che fu svegliata dalle nostre voci.
«Sempre simpatica e allegra come un raggio di sole, Claire» le rispose lui, del tutto sarcastico.
Lei gli lanciò un'occhiata di traverso, poi tornò a dormire. O almeno, ci provò.
«Lei ha ragione Aren, vai a letto.» Incrociai le braccia, attirando la sua attenzione.
«E se io non volessi farlo?» Incrociò le braccia anche lui, in segno di sfida.
«Non verrei con te al ballo» Lo guardai negli occhi, determinata.
«Oh, no!» Esclamò teatralmente, coprendosi la bocca con le mani:«Hai intenzione di lasciare questo povero ragazzo da solo al Canto d'inizio? Come farò senza di te?»
Terminato il suo teatrino, si gettò sul mio letto, nascondendo il suo volto con il braccio.
«Se il povero ragazzo tornasse in camera sua, non resterebbe da solo al ballo più importante dell'anno»
Improvvisamente si alzò dal letto e si inchinò, con un'eleganza che riusciva ad appartenergli anche in pigiama e pantofole, nel cuore della notte.
«Ha ragione, lady Amery, mi ritirerò nelle mie stanze» Disse, baciando il dorso della mia mano.
«Ottima decisione, lord Lavigne. Ci rivedremo presto» replicai, fingendo una voce nobile e autoritaria, che di certo non mi si addiceva.
Lui si inchinò nuovamente, per poi uscire dalla stanza con atteggiamento plateale.
Sospirai, sedendomi sul mio letto. Il giorno dopo si sarebbe tenuto il ballo. Il più rinomato di tutta Londra. Un mese prima arrivai qui, sottovalutando questa scuola.
Avrei poi imparato che quello fu il primo di una lunga serie di errori...avrei potuto scriverci un libro.Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira
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Evara - Il dono di un dio
Fantasy"Non ho mai saputo ballare. Non sono mai stata capace di seguire il ritmo della musica, di lasciarmi andare. «Nemmeno io so ballare, ma a chi importa?» Diceva lui. Eppure, era il miglior ballerino che io avessi mai visto. Ma forse ero un po' di part...