Alba

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L’alba sembrava diversa, quella mattina.
Aren non rimase con me a lungo, dato che entrambi avremmo dovuto riposare.
Ma io non riuscivo a dormire. Continuavo a pensare a lui, a cos’era successo il giorno prima.
Dalla finestra della mia camera, osservavo le stelle scomparire piano piano. La luna era ormai pallida, nel cielo.
La protettrice degli innamorati, che ispira i poeti e gli artisti incantati, lasciava spazio alla stella più grande, luminosa e spavalda, che la vita protegge e i cuori riscalda.
Il firmamento si tingeva di un azzurro sempre più intenso, bello e splendente. Ogni volta che mi fermavo ad ammirarlo, ricordavo i suoi occhi.
Quando il sole era ormai alto nel cielo, decisi di distogliere lo sguardo e prepararmi.
Fuori dalla mia stanza si sentirono dei passi, poi un biglietto comparve sotto la porta.
Lo raccolsi, sorridendo.
“Buongiorno, principessa!
Sai che giorno è oggi, vero? Spero che tu abbia riposato bene. Non riuscivo a dormire, così sono andato in giro per la scuola e, nel giardino, ho trovato un fiore che mi ha fatto pensare a te. Lo trovi nella busta di questo biglietto. Si chiama non ti scordar di me, lo conosci?
Comunque adesso apri la porta, ti sto aspettando qui!
So che sei sveglia, probabilmente stavi guardando l’alba.
Anch’io l’ho vista, ma credo che tu sia più bella.
Il tuo Occhio di Falco ♡”
Nella bustina, c’era davvero un fiorellino. Lo presi delicatamente, ammirandolo. Poi mi ricordai che lui era dietro la porta, ad aspettarmi.
La aprii, con il fiore ancora in mano.
«La principessa se la prende con comodo, vedo.»
«Un buon principe deve saper aspettare.»
Aren sorrise, poi si finse sorpreso: «Chi le ha donato quel bel fiore, lady Amery?»
«Un certo Occhio di Falco, lord Lavigne.»
«Curioso, mi sembra di conoscerlo.» Lo prese, con delicatezza, e iniziò a sistemarlo tra i miei capelli.
«Mi perdoni, signorina. Secondo il mio modesto parere, starebbe meglio qui.»
Arrossii leggermente.
«La ringrazio, milord. Le va di prendere un caffè?»
«Con piacere, milady.» Mi prese per mano e ci avviammo verso la sala grande, per fare colazione. Claire stava ancora dormendo, avevo deciso di non svegliarla.
Loki era già seduto al solito tavolo, ovviamente.
Quando ci vide, un enorme sorriso comparve sul suo volto.
«Il re e la regina del ballo sono finalmente arrivati!»
Bevve un po’ di idromele, poi continuò: «Stai diventando un vero gentiliomo, ragazzino.»
«Io sono un gentiluomo.» Disse Aren, con atteggiamento aristocratico.
«Indubbiamente.» Il dio roteò gli occhi, poi posò lo sguardo su di me. «E tu? Fammi vedere questo bel fiore.»
Lo osservò meglio, poi fece uno strano movimento con la mano che sprigionò una luce verde.
«Che cosa hai fatto?» Chiesi, confusa.
«Un incantesimo. Non appassirà mai, resterà così per sempre.»
«Wow, grazie!» Sorrisi, aggiustandomi i capelli.
«Di niente, ragazzina.» Continuò a bere, prosciugando il suo corno.
«Ma quelle rune non dovrebbero bloccare i tuoi poteri?» Chiese Aren.
Loki lo guardò, scocciato. «La maggior parte. Tuttavia posso ancora compiere trucchetti così semplici. Allora, siete pronti per il ballo?»
Cercai di trattenere una risata. «Sisi, certo.»
«Quel sorrisetto mi suggerisce il contrario. Cercate di non farmi fare brutta figura, stasera!»
Aren sollevò un sopracciglio. «Tanto per cominciare, siamo perfettamente pronti. E poi sono curioso di vedere come balli tu. Ci andrai con Sigyn, vero?»
Aggrottai le sopracciglia, confusa. «Chi è Sigyn?»
Il dio sorrise leggermente. «Mia moglie. Si, andrò con lei, ma non balleremo, ovviamente.»
«E da quando hai una moglie?»
Aren rise. «Te l’ho raccontato, l’altra sera, ma probabilmente stavi già dormendo.»
Questa volta fu Loki ad alzare un sopracciglio. «Aspetta un secondo. Passate la notte insieme, e parlate della mia vita privata?»
Sorrisi. «Qualcosa del genere. Credevo ti piacesse essere al centro dell’attenzione.»
«In realtà mi sembra di essere al centro dei vostri gossip, ma sorvoliamo.»
«Perché non ho mai visto Sigyn? Non è in questa scuola anche lei?»
«È molto introversa, esce poco. Altre domande? Vorrei che ci fosse lezione anche oggi.» Rispose, seccato.
Il giorno del Canto d’inizio, infatti, non prevede lo studio di alcuna materia. Durante la mattina la scuola viene decorata, per l’evento che si tiene la sera stessa.
Mi chiedevo come sarebbe stato. Sognavo questo ballo sin da bambina dato che, con tutte le leggende che ci giravano attorno, era sempre stato il più famoso di Londra. Tutti i giornali ne parlavano, ogni anno. L’università di astronomia più rinomata dell’Inghilterra, però, conservava molti segreti e gli studenti, una volta terminato il percorso di studi, non potevano rivelare nulla di ciò che accadeva in quelle mura.
Quella regola, stranamente, era rispettata da tutti. Possibile che nessuno non avesse mai raccontato nulla?
Ma alla fine noi abbiamo infranto così tante norme da non riconoscerne più l’importanza.
Forse avremmo dovuto fare più attenzione, a una di loro in particolare. Era scritta in caratteri piccoli, l’avevamo letta solo una volta e, soprattutto, dimenticata con fin troppa rapidità.
La giornata passò velocemente, l’ansia cresceva sempre di più.
Passammo tutto il tempo nei corridoi, a parlare e vedere come pian piano venivano decorati.
A Loki piaceva aiutare con qualche trucchetto, seppur limitato per colpa della punizione di Odino.
«Perché sei così nervosa, ragazzina?» Mi chiese, dopo aver fatto comparire qualche palloncino dal nulla per spaventare uno studente.
«Non sono nervosa. Ho solo una brutta sensazione.» Sì, ero molto agitata. Ma dare ragione a Loki non rientrava tra le mie opzioni.
Però avevo davvero uno strano presentimento. Come se tutto stesse andando troppo bene.
Aren sorrise, cercando di tranquillizzarmi:
«Non preoccuparti, cosa può andare storto?»
Lo guardai male.
«Devo ricordarti cos’è successo l’ultima volta che l’hai detto?»
«Dai, cerco solo di essere positivo. È solo un ballo, non c’è nulla da temere.»
«Il ragazzino ha ragione. Dovreste solo pensare a divertirvi. Allora, cosa metterai stasera?» Sul suo volto comparve un sorrisetto curioso.
«Ah no, non posso dirlo. Lo vedrai stasera.»
«Io invece posso saperlo?»
«Assolutamente no, Occhio di Falco.» Scossi la testa, cercando di restare seria.
Entrambi rotearono gli occhi, incrociando le braccia.
«Perché le ragazze sono così riservate?»
«E lo chiedi a me, Burlone? Speravo che tu lo sapessi.»
«Dovete solamente aspettare qualche ora, perché vi comportate da bambini?»
«Perché siamo curiosi!» Risposero, insieme.
«Volete anche un gelato o un lecca lecca?» Era divertente prenderli in giro.
«Ringrazia gli dèi, ragazzina, perché in questo momento ti trasformerei volentieri in un dolcetto, se queste rune non me lo impedissero.»
«Sei diventato Majin Bu, per caso?» Loki sollevò un sopracciglio.
Aren rise.
«La principessa è acculturata, vedo.»
Gli feci l’occhiolino.
«Non so di cosa voi due stiate parlando, ma forse è meglio così»
Cercammo una foto del personaggio su internet e, quando lo vide, mi riservò uno sguardo di fuoco.
«Ancora una volta, ringrazia gli dèi, cara mia.»
«Tranquillo, lo faccio sempre.»
E poi guardai l’orario. Erano le 18:00. Il ballo doveva iniziare alle 20:00.
Sgranai gli occhi.
«Okay, è decisamente tardi, devo andare.»
«La principessa vuole farsi bella?»
«Puoi contarci, principino.»
«Credevo che non si potesse superare la perfezione.»
Sorrisi: «Allora la sorprenderò, milord.»
Loki mi salutò con la mano e un occhiolino, mentre Aren mi scompigliò i capelli.
Mi diressi velocemente verso la mia stanza.
Dopo un bel bagno caldo, arricciai i miei capelli, lisci come spaghetti, con la piastra. Ottenni dei boccoli quasi perfetti, che sicuramente sarebbero durati solo qualche ora.
Scelsi un trucco leggero: come base cipria, fard e un tocco di illuminante; per gli occhi un po’ di eyeliner nero, ombretto argento sfumato con il rosa e mascara; infine un rossetto di un colore abbastanza naturale.
Indossai dei piccoli orecchini in argento, con delle stelline pendenti.
Il mio abito era rosa, lungo, con un bustier a rete.
La parte inferiore era decorata da un tulle, impreziosito da una pioggia di piccole paillettes a forma di stelle, che lo rendevano luminoso e magnifico, come l’alba che tanto amavo. Le scarpe, infine, erano delle semplici décolleté, di un rosa perlato.
Quando mi guardai allo specchio, per poco non mi riconobbi.
Il vestito era perfetto, elegante e splendente.
Mi fasciava la vita stretta, evidenziando le forme del mio corpo, come se fosse stato realizzato su di me.
Feci una piroetta: il tulle si sollevò, per poi scendere delicatamente. Era come un prato di stelle.
Quando Claire uscì dal bagno, pronta anche lei per vestirsi, rimase a bocca aperta.
«Liv...sei bellissima.»
Sul mio volto comparve un grande sorriso.
«Grazie! Secondo te cosa penserà Aren?»
«Quello lì come minimo sviene.» Disse, ridendo, mentre indossava il suo abito. Era semplice, di un verde molto chiaro e lungo, con uno spacco laterale. Le stava divinamente.
«Come sto?»
«Sei perfetta.»
«Mai quanto te, amica mia!»
Sorridemmo, quando qualcuno bussò.
Andai ad aprire, mentre Claire si sistemava i capelli, portandoli tutti su un lato. Era magnifica.
Spalancai la porta e, per qualche minuto, restai immobile.
Era Aren, ovviamente.
Indossava uno smoking doppiopetto a lancia, con un effetto nero lucido, un papillon del medesimo colore e una camicia bianca.
I suoi capelli, che gli arrivavano alle spalle, erano pettinati all’indietro. Nessun ciuffetto era fuori posto. Anche lui rimase paralizzato per un po’, i suoi bellissimi occhi azzurri brillavano. Non sono mai riuscita a trovare una parola che potesse trasmettere l’idea di quanto lui fosse bello, quella sera.
Tra le mani reggeva, con estrema delicatezza, un corsage da polso, con delle roselline bianche, alternate da un po’ di nebbiolina e foglie di eucalipto.
Il primo a parlare fu lui.
«Buonasera, principessa...»
«Buonasera, milord» Risposi, con un sorrisetto imbarazzato.
«Sei bellissima. E mi correggo, la perfezione si può superare. Anzi, solo tu puoi superarla. Sei bella come l’alba.»
Era il miglior complimento che mi avessero mai fatto. Arrossii leggermente, mentre il mio sorriso divenne sempre più ampio.
«Grazie, anche tu sei bellissimo. In realtà, non credo che abbiano ancora inventato un aggettivo che possa descriverti.»
Sorrise. Dèi, quanto amavo il suo sorriso.
«È pronta per il ballo, lady Amery?»
Mi porse timidamente il corsage, che fino ad allora aveva rischiato di cadere almeno un paio di volte.
Feci un piccolo inchino. «Certamente, lord Lavigne.»
Con estrema delicatezza, lo sistemò al mio polso destro.
«È perfetto.»
«Come colei che lo indossa.»
Salutai Claire con un sorriso. Lei non era ancora pronta, e doveva aspettare James.
Io e Aren ci incamminammo verso la sala grande, tenendoci sotto braccio.
Loki era già arrivato. Si trovava all’entrata, e parlava con sua moglie. Anche lui indossava uno smoking nero e i suoi capelli rossi erano tirati all’indietro, come quelli di Aren. Sembrava che si fossero messi d’accordo.
Vestito così elegante aveva molto fascino. Non passava di certo inosservato.
Sua moglie era bellissima. Indossava un abito lungo e bianco, in raso. I suoi capelli biondi erano raccolti in una morbida treccia, laterale.
«Buonasera, ragazzini! Finalmente siete arrivati»
«La principessa doveva farsi bella.»
«Ho notato. State entrambi benissimo. Solo...lasciatemi fare una piccola modifica.»
Con un semplice gesto, il papillon di Aren e le rose del corsage diventarono rosa, come il mio vestito.
«Adesso siete perfetti.»
«Grazie, Loki!»
«Ricordami di assumerti come stilista, Burlone.»
«Di niente, e poi sono già il tuo designer personale.» Disse, indicando il suo smoking.
Aren gli fece l’occhiolino.
«Ah ragazzi, vi presento mia moglie, Sigyn.»
«Piacere, Loki mi ha parlato tanto di te.» Disse la dea, sorridendo.
«Il piacere è mio, lady Sigyn.»
«Mio marito aveva ragione. Sei una ragazza incantevole.»
Sorrisi, mentre il dio distolse lo sguardo. «La ringrazio»
«E di me cosa dice?»
«Aren, come sei cresciuto! È da tanto che non ci vediamo! Ti vuole tanto bene, per lui sei come un figlio...»
«Okay okay, basta così.» La prese sotto braccio. «Che ne dici di andare? Il ballo sta per iniziare.»
La dea rise. «Va bene. A dopo, ragazzi!»
Loki ci salutò con la mano, imbarazzato.
Anche noi ridemmo, seguendoli nella sala grande.
La preside parlò, dalla sua solita postazione sopraelevata. Indossava un tailleur azzurro, i suoi capelli grigi erano raccolti in uno chignon basso.
«Che la 155 esima edizione del Canto d’inizio cominci!»
Un’aquila dorata, frutto di un incantesimo, volò sopra le nostre teste.
Io e Aren ci guardammo, sorridendo.
E la musica partì.

Evara - Il dono di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora