Vischio

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Aren
7 ottobre, la data del ballo era arrivata.
Il giorno più atteso dell’anno, in cui la scuola veniva decorata a festa e tutti si preparavano per la serata più bella della loro vita.
Io la mia l’avevo già vissuta. Quella sera fu, per me, una copia sbiadita di momenti che avevo già trascorso, i miei ultimi ricordi con lei.
L’avevo persa, quel giorno, e una piccola parte di me sperava che, come per magia, lei tornasse dicendomi che era stato tutto un sogno.
Non avremmo dovuto uccidere Balder, il Ragnarok non sarebbe iniziato.
La realtà, però, era ben diversa.
Cosi, per farmi compagnia, Loki “prese in prestito” (così disse) due botti di idromele dal bar della scuola, invitandomi in camera sua per passare una notte “da uomini”.
Va bene, anche lui non stava messo meglio di me.
Aveva litigato con sua moglie, i suoi figli non gli parlavano. Narvi e Vali avevano solo 10 anni, ma capivano tante cose, forse anche più di me, e mentre mi incamminavo verso la stanza del dio mi fermarono, nel bel mezzo del corridoio.
Avevo parlato poche volte con loro, dato che raramente interagivano con gli studenti.
Sollevai un sopracciglio.
«Ciao, ragazzi! C’è qualche problema?»
I due incrociarono le braccia e si guardarono negli occhi, prima che Narvi mi rispondesse.
«Ci sono tanti problemi, e tu ne sai qualcosa.»
Soffocai una risata nervosa.
«Mi dispiace, ma non sono coinvolto nelle faccende degli dèi. Forse potete provare a chiedere a vostro padre-»
«Nostro padre?» Mi interruppe Vali. «Credevo che fosse più il tuo, dato che passa molto più tempo con te che con noi. Stavi andando da lui, vero?»
«Non è vero, io sono un suo amico, non mi tratta mica come un figlio. Sicuramente passa del tempo anche con voi.»
Ma in quel momento pensai che forse, in fondo, avevano ragione. Loki li evitava da quando erano nati, raramente l’avevo visto con loro, ma con me e Liv si era sempre comportato come un genitore, più che un amico.
Mi piegai sulle ginocchia, per raggiungere la loro altezza.
Erano abbastanza bassi infatti, per avere 10 anni, nonostante i loro genitori fossero entrambi molto alti.
Vali sospirò.
«Gli abbiamo fatto qualcosa? Perché ci odia così tanto?»
Narvi gli dette una gomitata.
«Che domande fai? Siamo semplicemente nati, questo è il motivo.»
Entrambi cercavano di non piangere, di guardare altrove, per mostrarsi forti.
«Cosa state dicendo? Non è assolutamente vero. Non vi odia, anzi. Credo che abbia solo paura.»
«Paura di cosa?!» Chiese Narvi, alzando la voce.
«Di non essere un buon padre.» Risposi, cercando di mantenere un tono calmo.
«Bella bugia, non ne hai una migliore?» Disse Vali, con la voce spezzata.
«Non è una bugia, ragazzino. Stasera parlerò con lui, va bene? Vi dimostrerò che avete torto.»
Vali provò ad abbracciarmi e, questo, mi spezzò il cuore. Non poteva sentire il mio tocco, io non potevo sentire il suo. Scoppiò a piangere e, in quel momento, fui io a dover trattenere le lacrime.
«Non cambierà niente, ma grazie. Sei uno a posto e credo che tu sia sincero.» Disse Narvi, porgendomi la mano. Una lacrima gli sfuggì, ma la ignorò.
Trattenendo ancora suo fratello, che poggiava la testa su un petto che non poteva percepire, allungai la mia mano per stringere la sua.
Non sentire il loro tocco mi infastidiva, ma ne avevano bisogno.
Lui sorrise: «Considerando anche il modo in cui nostro padre ti tratta, potremmo chiamarti anche fratello.»
Entrambi mi guardarono, speranzosi.
Sorrisi anch’io.
«Certo, per me non c’è problema.»
Vali si allontanò da me, asciugandosi le lacrime.
«Fratelli?» Mi porse il mignolo.
«Fratelli.» Risposi, incrociandolo con il mio.
«Ci vediamo in giro, allora.» Disse Narvi, facendomi l’occhiolino.
«Puoi contarci, ragazzino. Su, adesso andate a giocare.»
«Non vai al ballo?»
«Credo di avere qualcosa di meglio da fare.» Dissi, con un occhiolino.
I due risero e proseguirono per la loro strada, salutandomi con le mani.
Mi diressi verso la stanza di Loki, sospirando. Dovevamo parlare.
Bussai alla porta e mi aprì immediatamente, con il suo corno già pieno di idromele. Pensai che quello era un buon inizio, dato che da ubriaco era più sincero.
«Finalmente sei arrivato! Avevo iniziato a bere senza di te.»
«Sono solo le otto di sera, Burlone. Potevi aspettarmi un altro po’.»
«Beh, mi annoiavo. Su, entra.»
Notai subito che le botti di idromele che aveva “preso in prestito” erano molto più grandi di quel che pensavo.
«Tu lo sai che tutto questo alcol potrebbe uccidermi, vero?»
«Intanto, smettila di fare il melodrammatico. Bevi finché riesci, il resto va a me.»
«Ma avrai un fegato anche tu, da qualche parte. Quanto potrà reggere?»
«Io posso reggere tutto, ragazzino, non dimenticarlo.» E con un sorso svuotò il suo corno. Senza perdere tempo, andò a riempirlo di nuovo, poi ne dette uno anche a me.
«Ecco qui, serviti pure.»
«Grazie. Ho l’impressione che sarà una lunga serata.»
Dissi, mentre prendevo un po’ di idromele.
«Anch’io. Allora, perché ci hai messo tanto ad arrivare?»
Sospirai. Non sapevo se sarebbe stato capace di affrontare un discorso del genere.
«Loki…perché non giochi mai con Narvi e Vali?»
Il dio sollevò un sopracciglio.
«Come mai questa domanda fuori contesto? Certo che gioco con loro.» E bevve ancora un po’.
«Non mentirmi, con i tuoi figli non fai tutto quello che fai con me. A malapena rivolgi loro la parola.»
«Perché discutiamo sulla mia figura da genitore, adesso? Non sono un buon padre, lo so, non lo sono mai stato. Dove vuoi arrivare?» Disse, bevendo dopo ogni frase.
«Non rispondere alle mie domande con altre domande. Perché allora tratti me e Lys in modo diverso? Cosa cambia? Noi non siamo i tuoi figli, loro si.»
«Appunto, non lo siete. Non ho obblighi, nessuno si aspetta che io faccia qualcosa per voi. Con quei due, è il contrario. Devo essere un buon padre, devo dare l’esempio, devo educarli, sai bene che non sono in grado di fare nulla di tutto ciò e lo sanno anche loro.»
«Non puoi saperlo, se non ci provi. Sai, ricordo a malapena i miei genitori, nella mia vita le figure di riferimento più importanti siete tu e mio nonno Rick. E sono sicuro che sia stato lui a mandarti nella mia vita, da quando non c’è più. Puoi essere un buon padre, ne sono sicuro.»
Okay, non gli avrei mai detto tutto questo in circostanze normali, ma l’idromele era una bevanda forte e io non ho mai retto l’alcol.
In tutta risposta lui mi guardò, incredulo, e poi si poggiò al davanzale della finestra, dandomi le spalle.
Fece un grande respiro.
«La notte prima di incontrarti, qualche anno fa, feci un sogno. Un uomo anziano, che si faceva chiamare Rick, mi disse che il giorno dopo suo nipote sarebbe arrivato in questa scuola. Gli risposi che non mi importava, che non avevo intenzione di fare da babysitter a nessuno. Lui rise, dicendomi che avrei capito. E quest’anno, prima di conoscere Liv, Erik, il suo antenato, mi ha detto la stessa cosa. So solo che voi due mi farete impazzire.»
Sorrisi. Data la vicinanza tra il regno dei morti e il fiume del Sogno, non era difficile comprendere che stava dicendo la verità.
«E allora io farò lo stesso. Passa del tempo con i tuoi figli e fidati, un giorno lo capirai.»
«Va bene, se insisti così tanto.»
«Promettilo.»
«Io sono un dio, non prometto nulla.»
«Ho detto promettilo.»
Si girò, sollevando le braccia.
«Come vuoi. Se è vero che un giorno capirò, dovrò fare una statua a te e a quei due vecchietti.»
«Non serve.»
«Se lo dici tu. Comunque, toglimi questa curiosità, tuo nonno mi ha mai incontrato? Intendo, quando era in vita.»
«No, ma conosceva alla perfezione ogni mito, ogni impresa da te compiuta. Da quando sono piccolo, non ha mai smesso di raccontarmi queste storie.»
«Ecco perché sei così tanto informato.» E dopo aver svuotato il suo corno per l’ennesima volta, cambiò nuovamente discorso.
«Che ne dici, è ora di riportare indietro la ragazzina?»
«Aspetta, cosa vuoi dire? Hai intenzione di uccidere Balder? Ora?»
«È il momento di mettersi a lavoro, no? Devo prima capire come fare.»
«Se Frigga ha fatto giurare, ad ogni essere vivente e non, di non far del male a suo figlio, la vedo difficile.»
«Avrà fatto giurare tutto? Secondo me no. Sai che c’è? Lo scoprirò.» E provò a trasformarsi in una delle ancelle della dea. Ma uno degli effetti collaterali della maledizione era che non poteva utilizzare a pieno i suoi poteri.
«Ti si vede ancora il pizzetto.» Dissi, ridendo.
«Beh, come si dice tra voi umani? Donna barbuta, sempre piaciuta?» Chiese, guardandosi allo specchio. Indossava un abito bianco, tipico delle serve della dea, e aveva un fisico abbastanza femminile. Ma la sua barba rossa lo tradiva.
«Più o meno. Che ne dici di usare una sciarpa, per nasconderla?» Stavo ancora ridendo. Sembrava un comico…uno di quelli poco famosi e sottopagati.
«La smetti di ridere? Sono bellissima. Prima di essere intrappolata in questa scuola, quando potevo usare i miei pieni poteri, non avevo un genere preciso. Ero libera di essere maschio o femmina, a seconda di come mi sentivo. E invece ora sono costretta ad essere un uomo. Su, passami una sciarpa.»
Scoprii che aveva un intero cassetto dedicato solo alle sciarpe, anche se non le indossava praticamente mai.
Alla fine scelsi una bianca, semplice.
«Secondo me non sei molto convincente come ancella.»
Si coprì con la sciarpa fino al naso.
«Si invece, sono solo una povera donna malata.» E finse di tossire.
«Se lo dici tu.»
«Bene, io vado da Frigga. Non dovrei metterci molto, tu resta qui.»
«Adesso?»
«Certo, chissà come sarà preoccupata, dato che è la sera del ballo! A dopo!»
E uscì, chiudendo la porta a chiave, così che non potessi seguirlo.
Finii per addormentarmi sul suo letto per qualche ora, finché un rumore proveniente dalla finestra non mi svegliò.
Mi sollevai, ancora mezzo addormentato, e la aprii.
Munnin entrò, come al solito, sbattendo le ali…ma nessuna lettera era legata alla sua zampa.
«Sei stato veloce, questa volta. Come mai viaggi leggero?»
«Cra. Cra. Niente lettera. Punizione. Cra!»
«Che significa?» Chiesi, preoccupato.
«Hel arrabbiata con ragazzina. Cra. Cra!»
«Che ha combinato, la mia principessa?»
«Cra. È uscita dal castello. Ma sta bene. Cra!»
Non avevo ben capito, ma aveva sicuramente infranto una regola, testarda com’era.
In quel momento, la porta si aprì. Loki-ancella entrò, con un sorriso trionfante.
«Lo sapevo, sono bravissima.»
«Hai novità, Burlone? O dovrei chiamarti Burlona?»
«Una pianta non ha giurato.» Disse, togliendosi la sciarpa.
«E quale?»
«Il vischio.»

Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira

Evara - Il dono di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora