L'antica leggenda

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Il mio primo giorno all’università più rinomata di Londra fu ben oltre le mie aspettative, dunque.
Non capita tutti i giorni di frequentare una scuola piena di dèi rompiscatole, ma non mi era ancora chiaro il perché si trovassero lì.
«Perchè siete bloccati in questa scuola?»
La mia domanda lasciò Loki perplesso.
Sembrava come se avessi chiesto qualcosa di enormemente stupido, forse un po’ lo era.
«Che domanda è, ragazzina? Non dirmi che non ne sai nulla»
«E come avrei potuto saperlo? Non mi sembra di aver letto un cartello con scritto “attenti agli dèi” prima di entrare»
Stavamo camminando per i corridoi, dato che Aren e Loki si erano proposti di farmi vedere il resto della scuola.
Non erano le migliori guide del mondo, questo è certo.
«Credevo di averti spiegato la storia dell’incantesimo, qualche ora fa» Intervenne Aren, confuso.
«Ma quale incantesimo, giovanotto? Devo dire che mi deludi sempre di più»
«L’incantesimo che per errore vi ha rinchiusi in queste mura, Burlone! Così dice la storia»
«È molto più complicato di così, in realtà. Ma non sono tenuto a dirvi altro»
Per la prima volta vidi il dio freddo e distaccato, non voleva parlarne. Ma ormai eravamo troppo curiosi e non ci saremmo arresi così facilmente.
«Dai, Loki! Se non è stato un incantesimo, cosa vi ha intrappolati qui?» Non capivo perché fosse così evasivo, ma ero determinata a scoprirlo.
«Una canzone.» Era serio, non ci guardava negli occhi. Avevamo smesso di camminare, eravamo vicini alle nostre stanze.
«Non prenderci in giro, Burlone. Come può una canzone evocare così tanti dèi in una scuola, impedendogli di andare via?» Aren stava diventando impaziente, credeva che il dio mentisse. Non aveva tutti i torti, certo, ma stranamente questa volta mi sembrava sincero.
«Può eccome, ma a voi non interessa, perciò non vedo il motivo per cui dovrei dirvelo.»
«Ti offro idromele illimitato se sputi il rospo»
«Idromele? Cos’è?» Gli chiesi, confusa.
«Una bevanda, simile alla birra, che gli dèi amano. Soprattutto lui.» Disse, indicando Loki.
Quest’ultimo sorrise leggermente, forse stava valutando l’offerta.
«Credevo che gli dèi non potessero bere»
«Sì che possiamo, ragazzina. Non ne abbiamo bisogno, certo, ma del buon idromele non si può rifiutare. Accetto, tuttavia non vi dirò proprio ogni cosa.»
Aren stava per protestare, ma un altro dio decise di intromettersi. Era Heimdall, e sembrava molto arrabbiato.
«Tu non accetti proprio un bel niente, Ingannatore. Non dovresti rivelare nulla agli studenti, lo sai bene.»
«Non ho detto nulla infatti. Cosa fai, mi segui per caso? Non hai perso il vizio di spiarmi, vedo.»
«Io non ti spio. Passavo qui per caso, quando ho sentito che avresti raccontato l’antica leggenda a due studenti in cambio di idromele.»
«Quindi non solo sei uno stolker, sei anche sordo. Ho detto che non gli avrei raccontato tutto, idiota.»
Mentre i due continuavano a discutere, Aren mi sussurrò all’orecchio: «Forse è meglio andare via, quando loro litigano non finisce mai bene.»
«Voi non andate da nessuna parte ragazzini, non avevamo finito di parlare. Se non ti dispiace, Boccadoro, vorrei interrompere qui il nostro interessante dialogo. Vai a origliare le conversazioni di qualcun altro, va bene?»
Sorrisi al modo in cui aveva chiamato Heimdall.  Aveva qualche dente d’oro ed erano fonte di vanto, per lui.
Loki amava prenderlo in giro per questo.
«Ricorda che non mi fido di te, Ingannatore.»
«Oh ma che novità! Non l’avrei mai detto, sai? Dato che tutti si fidano di me.»
Era sarcastico, ovviamente. Ma notai una punta di dolore nelle sue parole, come se quella frase l’avesse ferito.
Ci allontanammo da Heimdall, per un po’ nessuno di noi parlò.
Fu Aren a rompere il silenzio, dopo qualche minuto:
«E comunque Mister Sentinella mi sta antipatico.»
Altro soprannome originale. Entrambi avevano quest’abitudine: non chiamavano mai le persone con i loro nomi.
Loki sorrise leggermente: «Finalmente dici qualcosa di sensato, ragazzino.»
Sorridemmo tutti, ma non aggiungemmo altro.
Si avvicinava l’ora di cena, perciò stavamo andando alla sala grande per mangiare.
Era pieno di studenti, ovviamente, ma degli dèi era presente solo Thor: ubriaco, come al solito.
Avvolse il suo braccio attorno al collo di Loki, ridendo: «Ecco il mio compagno di bevute preferito! Ti unisci a me, stasera?»
Il dio dai capelli rossi sembrava infastidito ma, come aveva detto lui stesso, l’idromele non si rifiuta mai:
«Perché no! Ragazzini, voi andate a mangiare, ci vediamo dopo.» Prese il boccale che Thor gli aveva offerto e si allontanò con lui.
Dopo cena, però, entrambi sembravano scomparsi.
«Secondo te dove sono andati?» Chiesi, preoccupata.
«Quei due spariscono spesso, probabilmente rivedremo Loki domani. Comunque era da un po’ che volevo chiedertelo: ti fidi di lui?» Sembrava serio.
«Ti ricordo che l’ho conosciuto oggi, Aren. Ti sembrerà strano, ma per ora mi fido più di lui che degli altri.»
«In effetti, non hai tutti i torti. Conosco bene tutti gli dèi ormai, ma lui è il più simpatico.» Quando si rese conto di ciò che aveva appena pronunciato, aggiunse, velocemente: «Non dirgli che te l’ho detto.»
Risi. Aveva ragione, ma il suo orgoglio era troppo grande per ammetterlo davanti al dio.
«Perché Heimdall lo odia così tanto?»
«È una storia molto divertente, in realtà. Quando Loki arrivò ad Asgard per la prima volta, Heimdall gli propose una sfida: doveva batterlo al tiro con l’arco. Ma non era affatto semplice: Boccadoro ha la vista migliore dei nove mondi. Fece posizionare il bersaglio in un punto molto distante e, ovviamente, lo centrò in pieno. Era sicuro di vincere, ma Loki gli fece notare una cosa: non aveva detto che il bersaglio non si potesse avvicinare. Così lo posizionò molto più vicino e, ovviamente, anche lui lo centrò, spezzando addirittura la freccia che Heimdall aveva tirato prima. Da quel giorno, Mister Sentinella non lo lascia mai in pace.»
«Sei moolto informato, ragazzino» Loki, palesemente ubriaco, comparve dietro di noi, spaventandoci.
«Da quanto tempo stavi ascoltando, Burlone?»
«Abbastanza da sentirti dire che sono il più simpatico, o qualcosa del genere»
Aren sgranò gli occhi e cercò di negare tutto: «Hai sicuramente sentito male. Sei troppo ubriaco per pensare lucidamente.»
«Non sono ubriaco, sono pieno.»
«Pieno di idromele, forse. Dov’è finito Thor, l’hai abbandonato?» Chiesi, divertita.
«Nah, è lui che ha abbandonato me. Quell’idiota si è addormentato dopo qualche boccale, non è più in forma.» Cercava di rimanere serio, ma a malapena riusciva a stare dritto.
Continuò a parlare, senza che nessuno glielo avesse chiesto: «E comunque, se non avessero ballato quella canzone, ora potrei ubriacarmi come si deve»
Io e Aren ci guardammo, confusi.
«Di che parli, Burlone?»
«Quel maledetto ballo che questa scuola organizza ogni anno. Com’è che si chiamava? Salto d’inizio?»
«Intendi il Canto d’inizio?» Mi si illuminarono gli occhi. Avevo sentito parlare di quel ballo, da tanto tempo immaginavo come sarebbe stato. Si teneva il 7 ottobre di ogni anno, anniversario di fondazione della scuola.
«Si, quel coso. Ma non posso dirvi altro. Andate a dormire, ragazzini.»
Andò via, senza aggiungere altro. Eravamo troppo stanchi per seguirlo, perciò decidemmo di ascoltare il suo consiglio.
«Quindi non c’è stato un incantesimo, ma è successo qualcosa durante il Canto d’inizio, secoli fa? Deve dirci di più, quel Burlone!»
«Sai bene che non può farlo, ha già rivelato troppo. Questo però non ci impedisce di scoprirlo da soli.»
«Hai ragione, Lys. Ma come facciamo? Non abbiamo molte informazioni.»
Eravamo ormai arrivati al corridoio che separava il dormitorio delle ragazze da quello dei ragazzi.
Aren aveva ragione, ma non avevo le energie per pensarci, al momento: «Facciamo che ci pensiamo domani, va bene? Buonanotte.»
«Agli ordini. Buonanotte.» Mi salutò con un piccolo inchino e si diresse verso la sua stanza.
Io feci lo stesso. Quando entrai, notai che le mie valigie erano già state portate nella camera e che, sul letto, si trovava la mia divisa. Le parti superiori, una maglia a maniche corte con un colletto e un maglioncino, entrambi color verde smeraldo, avevano un’aquila dorata ricamata in alto a destra. La parte inferiore era una gonna semplice, corta e nera. I calzini erano alti, verdi e con due strisce nere orizzontali. Anche su di loro si trovava il simbolo dell’aquila. 
La ammirai per qualche istante, poi decisi di mettermi il pigiama e andare a dormire, era stata una lunga giornata. Claire era già a letto, quindi cercai di non fare troppo rumore.
Ripensai alle parole di Loki, cercando di capirci qualcosa.
“Se non avessero ballato quella canzone…” Chissà a chi si riferiva. 
Alla fine mi addormentai, con questi pensieri ancora in mente.
Avremmo poi scoperto che forse sarebbe stato meglio non indagare su quell’ “antica leggenda”.
Ma che sia stato un bene o un male, questo ancora non so dirlo con certezza.

Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira

Evara - Il dono di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora