Liv
Ero tornata, finalmente.
Credevo che, se fossi fuggita dal regno di Hel, tutti i problemi sarebbero scomparsi, o meglio, lo speravo.
E in effetti, per un po’ di tempo fu così.
Gli dèi tornarono ad Asgard ma, prima di partire, organizzarono una festa.
Nonostante la morte di Balder e un disperato tentativo (fallito) di riportarlo nel mondo dei vivi da parte di sua madre, sembrava infatti che non avessero perso la loro voglia di festeggiare e, rigorosamente, senza la presenza di Loki.
Non si erano mai fidati di lui, questo era vero, ma dopo ciò che accadde la notte della vigilia di Natale, anche senza alcuna prova, lo incolparono e lui peggiorò la sua situazione, andando alla loro festa da ubriaco.
Li insultò tutti, dal primo all’ultimo.
Non ci ha mai raccontato i dettagli, ma dev’essere stato estremamente sincero perché il giorno dopo gli dèi partirono, e non per tornare a casa: lo stavano cercando, per punirlo.
Per loro quella fu la conferma, la prova schiacciante della sua colpevolezza, così Loki quella sera ci venne a svegliare per salutarci, poi scappò.
Nessuno sapeva dov’era andato.
Non eravamo tenuti a scoprirlo.
Ci aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che potevamo ancora goderci la nostra vita prima che il ragnarok arrivasse.
E così, passarono tre anni.
Non ci fu più nessuna notizia da parte degli dèi, era come se non fossero mai esistiti.
Avevamo dovuto salutare Narvi, Vali e Sigyn, la loro madre, che aveva promesso di farsi sentire, ricordandoci che quello non era un addio e che Loki sarebbe tornato.
Fu l’ultima volta in cui li vedemmo.
Aren, che ormai aveva terminato gli studi e aveva ottenuto il posto di ricercatore astrofisico alla Queen’s Pride, era sempre più agitato, tormentato dai sensi di colpa.
Io frequentavo il quarto anno, consapevole che probabilmente non mi sarei mai laureata.
Il ragnarok si stava avvicinando, potevamo percepirlo.
La Terra era attraversata da potenti terremoti, che, con il passare degli anni, aumentavano di intensità e frequenza.
Gli edifici crollavano, uno ad uno. Palazzi, negozi, chiese, scuole, intere città non potevano resistere a quelle scosse, mai viste prima.
La Queen’s Pride, protetta da un incantesimo di Odino che, prima di andarsene, aveva voluto onorare l’edificio che per più di un secolo aveva accolto la sua gente, era comunque destinata a cedere, prima o poi.
I terremoti, però, non erano l’unico problema.
Quasi ogni giorno scoppiavano nuove guerre, che contribuirono a portare ancora più terrore e malcontento.
Il meteo era instabile: le belle giornate, già inusuali a Londra, erano diventate ancora più rare, in tutti i Paesi.
A preoccupare fu anche il fenomeno più raro mai registrato: lo chiamavano Verdens Ende, “La Fine del Mondo”, che si verificò soprattutto nei paesi nordici.
Tutti conoscevamo l’aurora boreale, visibile nei mesi invernali proprio in quei luoghi, mentre in estate era possibile ammirare il sole di mezzanotte.
Erano eventi isolati, non accadevano mai nello stesso momento ma poi, con l’avvicinarsi del ragnarok, cominciarono ad essere avvistati insieme.
Aren fu così inviato a Tromsø, in Norvegia, per studiare questo strano caso e io, che in quel mese non avevo esami, decisi di andare con lui.
Stava finendo il mondo, no? Che senso aveva studiare?
Ma mia madre, che sapeva ben poco di ciò che era accaduto negli ultimi tre anni e ignorava completamente ciò che sarebbe successo di lì a poco, si dimostrò scettica.
«Tesoro, dovresti pensare a studiare, non puoi andare così lontano per un mese intero! L’anno prossimo devi laurearti, pensa al tuo futuro!» Esclamò, mentre ero al telefono con lei e stavo finendo di preparare la mia valigia.
Dovetti trattenere una risata, chissà se ci sarei arrivata all’anno prossimo.
Beh, in realtà sì, sarei sopravvissuta, ma dubitavo che, con solo due umani in tutto il pianeta, una laurea servisse a tanto.
«Va tutto bene, mamma. Ora però devo andare, saluta anche William e papà! Vi voglio bene.» Risposi, di fretta. Poi mi resi conto che, probabilmente, sarebbe stata l’ultima volta in cui li avrei sentiti.
«Aspetta! Te li passo.» E, dopo qualche secondo, sentii la voce di mio padre.
«Ehy, bimba, dove vai così di fretta?»
Nonostante avessi 24 anni, si ostinava ancora a chiamarmi così. Ma sapevo che mi sarebbe mancato.
«Vado a Tromsø, papà. Niente di che, è solo un viaggio, tornerò presto.» Dissi, con gli occhi lucidi.
«Stai attenta, è pericoloso viaggiare, di questi tempi. Oh, un secondo! Anche Willy vuole parlarti.»
Sorrisi, quando sentii la voce arrabbiata di mio fratello.
«Smettila di chiamarmi in quel modo, non sono più un bambino!» Poi si rivolse a me: «Vedi di non congelare, Strega.»
«E tu pensa ad essere più educato, marmocchio. Hai solo 13 anni, non sei poi così grande.»
Mi si strinse lo stomaco, mentre pronunciai quella frase. Avrebbe mai compiuto 14 anni?
«Moralista antipatica. Ho cambiato idea, spero che tu congeli insieme ai mammut.»
«Anch’io ti voglio bene.»
«Io no.»
«William!» Urlò nostra madre.
«Okay si, forse un pochino, molto in fondo.» Aggiunse, scocciato.
«Okay tesoro, ora vai, non perdere tempo. Ti vogliamo bene anche noi!» Disse papà.
«Ciao…» Risposi, prima di chiudere la chiamata.
Con ogni probabilità, non li avrei visti mai più.
«Tutto ok?» Chiese Claire, stesa sul suo letto.
«Sì, tranquilla.»
«A me non sembra. Cosa ti preoccupa?»
«Il mondo sta finendo e tu mi chiedi cosa mi preoccupa?»
«Melodrammatica. Un po’ di cambiamento climatico e qualche guerra non sono niente, passeranno.»
Anche lei, come i miei genitori e quasi mezza popolazione mondiale, negava l’evidenza di ciò che stava accadendo.
Avrei voluto pensarla anch’io, così.
Poi qualcuno bussò alla porta.
Andai ad aprire e per poco non caddi, urtando la valigia che avevo appena chiuso.
Ovviamente era Aren, era sempre Aren.
«La principessa è pronta per il lungo viaggio?»
«Naturalmente, milord. Mi dia solo il tempo di salutare la mia dama di corte.»
«Voi due siete matti.» Sentenziò Claire.
«Dai, fatti dare un abbraccio!» La pregai.
«Va bene, se proprio insisti.»
«Mi mancherai.» Dissi, mentre la stringevo a me.
«Liv, ti rendi conto che starai via solo per un mesetto, vero?»
«Sì, hai ragione…Ci vediamo, allora.»
«Certo, scema. E ciao anche a te, ancora più scemo!»
Ci salutò con la mano.
«Ciao, Claire!» Esclamò Aren, mentre uscivamo dalla stanza.
«Forse avrei dovuto dirle addio.» Aggiunse.
«Qualcosa mi dice che non rivedremo più questa scuola.» Dissi, mentre trascinavo a fatica il mio bagaglio per i corridoi.
«Dammi la tua valigia, è pesante.» Pretese.
«Ce la faccio da sola. E poi tu porti anche la tua.»
Sollevò un sopracciglio, poi me la strappò dalle mani, con prepotenza.
«Non mi interessa, la mia non era una domanda.»
«E la mia era un’affermazione, ridammela.»
Cercai di prenderla, ma lui iniziò a correre, con il mio trolley in una mano e il suo nell’altra.
«Ehy, torna qui!» E lo seguii, accelerando.
Rischiò di cadere almeno una decina di volte, ma non si fermò mai, nemmeno una volta usciti dalla scuola.
Pioveva molto forte e avevamo lasciato gli ombrelli nelle valigie, non avevamo voglia di prenderli.
Corremmo sotto la pioggia fino ad arrivare al taxi e il risultato fu che arrivammo in aeroporto completamente bagnati.
Data la situazione critica a livello mondiale, erano pochi gli aeroporti aperti, ma per fortuna riuscimmo a prendere l’ultimo aereo.
A Tromsø faceva molto freddo e il cielo era perennemente illuminato dal sole (nonostante fosse sempre notte e ci trovassimo a metà marzo) e dai colori verdi e mozzafiato dell’aurora boreale.
Non c’era una spiegazione precisa e razionale, semplicemente il ragnarok si stava avvicinando.
Soggiornammo in un igloo di vetro, una struttura riscaldata, creata appositamente per ammirare i fenomeni atmosferici tipici della zona.
Mi stesi sul letto, mentre ammiravo il cielo illuminato e tinto di verde e azzurro che mi circondava.
Aren si posizionò accanto a me.
«Lo sai che l’aurora boreale, secondo i miti nordici, è il riflesso degli scudi delle valchirie?»
«Chi sono le valchirie?»
«Guerriere divine che, dopo le battaglie, scelgono i migliori combattenti da portare nel Valhalla, dove le anime più valorose vivranno per sempre.» Spiegò, con gli occhi che brillavano.
Amava raccontare quelle storie, io amavo ascoltarle.
Mi alzai in piedi, con lo sguardo volto ancora al cielo.
«Il mondo riesce ad essere così bello, anche quando sta per finire.»
Lui mi abbracciò da dietro, poggiando la sua testa sulla mia spalla.
«Hai ragione, Lys. Ma secondo me sei più bella tu.»
Sorrisi, guardandolo negli occhi. Non importava cosa stesse succedendo, loro erano il mio porto sicuro. Lo erano sempre stato.
Tornai ad ammirare il firmamento, cercando di non arrossire troppo.
Aren cominciò a baciarmi il collo.
Mi voltai verso di lui e lo baciai, mentre mi stringeva a sé prendendomi per i fianchi e, con una giravolta, mi fece cadere sul letto.
Si trovava proprio sopra di me e continuò con la sua pioggia di baci, scendendo sempre di più e iniziando a sfilarmi la maglietta.
Il mio cuore batteva all’impazzata, le farfalle nel mio stomaco non smettevano di agitarsi.
«Non credo di riuscire più a resistere…» Disse, fermandosi per un secondo.
Il suo respiro era corto, sentivo il suo battito aumentare.
I miei occhi erano incatenati ai suoi, come in un’ipnosi.
«Ma se tu non vuoi, dimmelo e mi fermo qui.»
Sorrisi e, con una giravolta, invertii le nostre posizioni.
Lui, come sempre, non oppose resistenza.
«No, non credo che lo farò. Ti svelo un segreto…»
E mi avvicinai al suo orecchio.
«Il tuo tocco crea dipendenza» Sussurrai.
«Le dipendenze sono pericolose, signorina.»
«Il pericolo non mi dispiace.»
«L’avevo già notato...» Mi accarezzò il viso, spostando una ciocca di capelli e rivelando la mia cicatrice.
«Hai intenzione di trattenerti ancora per molto?» Gli chiesi, con un sorrisetto.
«Certo che no, Strega della Luce.»
«Un altro soprannome originale…posso chiederti il significato?»
«Beh, sei una “Strega” perché riesci ad incantarmi, forse Loki ti ha insegnato un po’ della sua magia…e poi “Luce” perché con il tuo sorriso brilli di più delle stelle, del Sole e dell’aurora boreale. Insomma, non mi fai godere il paesaggio!»
«Oh mi scusi, mio signore. Se vuole mi faccio da parte.» Risposi con sarcasmo, mentre cercai di stendermi accanto a lui.
«Come prego? Che stai facendo? Torna subito qui!» Si posizionò su di me, bloccandomi i polsi.
I suoi capelli lunghi mi solleticavano il viso, amavo quando li teneva slegati.
«Credevo che volessi goderti il paesaggio.»
«Appunto, me lo sto godendo.» E mi baciò di nuovo.
«Mi piace proprio questa vista, forse la ammirerò un altro po’...» Continuò, sfilandomi il reggiseno.
Ormai non stavo capendo più nulla, mi faceva impazzire. Nel bel mezzo di una tempesta di neve, io stavo evaporando.
Forse era anche merito del riscaldamento dell’igloo di vetro, ma, soprattutto, di quel signorino con gli occhi di ghiaccio che si trovava proprio su di me.
I nostri volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, i nostri nasi si sfioravano.
Pensai che la fine del mondo non sarebbe stata male, se avessi avuto lui al mio fianco.
Decidemmo di sbarazzarci di quei pochi vestiti che ancora ci separavano e, alla luce dell’aurora, con quel corpo scolpito davanti a me, credevo di aver visto una divinità.
Ma che dico, forse anche meglio…mi scappò una risata, pensando agli dèi che avevo già conosciuto.
«Si sta divertendo, principessa?»
«Se Loki scopre che ti considero superiore agli dèi, mi fa fuori.»
«Ah, davvero? Dovrò anche dimostrarti, allora, che sono migliore di un dio. Quante aspettative.»
«Non c’è standard che tu non possa raggiungere, temo. Forse dovranno ancora inventarlo.»
«Lo vedremo...»
Ricominciò a baciarmi, le sue labbra erano l’unica dipendenza da cui non avrei voluto mai liberarmi.
E ci giurammo amore eterno per tutta la notte, mentre su di noi vegliava il riflesso degli scudi delle valchirie.
La luce azzurra delle aurore ci avrebbe protetti per sempre.
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Evara - Il dono di un dio
Fantasia"Non ho mai saputo ballare. Non sono mai stata capace di seguire il ritmo della musica, di lasciarmi andare. «Nemmeno io so ballare, ma a chi importa?» Diceva lui. Eppure, era il miglior ballerino che io avessi mai visto. Ma forse ero un po' di part...