Buio

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Fu la serata migliore della mia vita. Almeno all’inizio. Eravamo diventati abbastanza bravi a ballare, e, tra una danza e l’altra, le risate non mancarono mai.
Anche Loki e Sigyn decisero, alla fine, di unirsi al ballo.
Il Burlone aveva bevuto così tanto che la moglie riuscì a convincerlo: ballavano divinamente.
Mentre eseguivano un valzer viennese, Aren socchiuse gli occhi e sorrise.
«Niente di che.» Disse. «Possiamo farlo anche noi.»
Non avevamo mai provato un ballo del genere.
Gli sorrisi, sperando che non mi chiedesse di provarci.
«Mi concede questo ballo, lady Amery?» E si inchinò, porgendomi la sua mano.
Va bene, come potevo dirgli di no?
«Certamente, lord Lavigne.»
Eravamo totalmente inesperti, perciò cercammo di seguire i passi degli altri.
Il risultato? Un ballo un po’ scoordinato, ma mi aspettavo di peggio. Ammetto di aver pestato i suoi piedi un paio di volte, mentre lui cercava di non ridere…con scarsi risultati.
Ad un certo punto siamo quasi inciampati e Loki, che ballava con Sigyn un po’ più avanti a noi, ci guardò.
Un ghigno comparve sul suo volto.
Poi eseguì uno strano movimento con la mano, procurandosi uno sguardo divertito da parte della moglie, e una scia di brillantini argentei comparve dietro di noi.
A volte amavo la sua magia.
Le persone attorno a noi ci osservavano, stupite.
Ci guardammo, sorridendo.
Ballammo come se ci fossimo solo noi due, in quella sala.
Come se il resto del mondo non avesse importanza.
I miei occhi incantati nei suoi, e viceversa, come un vincolo magico.
Poi la musica si fermò, e si elevò un grande applauso. Aren e Loki si scambiarono un’occhiolino.
Avevano forse programmato qualcosa, quei due?
Il resto della serata proseguì normalmente. Molti dèi ballarono, come Thor e sua moglie Sif: lei aveva dei lunghi capelli, dorati come il grano, e un vestito azzurro, stile impero.
Il dio del tuono indossava un semplice smoking, come la maggior parte degli uomini, quella sera.
Non sapeva per niente ballare. Probabilmente offrirono troppo alcol tra un ballo e l’altro, e sembrava particolarmente stordito. Più del solito.
Non riuscii a vedere Odino. Possibile che non fosse venuto?
Claire e James, invece, ballarono poco: passarono tutto il tempo a baciarsi, sui divanetti ai lati della sala.
Mi chiesi se avessero almeno fatto qualche pausa, per respirare.
A fine serata, si creò una grande confusione. Loki ci stava raccontando di come una volta aveva bevuto così tanto che si mise ad insultare tutti gli dèi, uno a uno, quando una ragazza si avvicinò ad Aren.
Ero sicura di averla già vista, da qualche parte. Era un po’ più alta di me, con i capelli neri e lisci che le arrivavano appena alle spalle, due occhi azzurri penetranti, tendenti al grigio, e un abito blu notte , lungo, con scollo a V e un nodo sul davanti.
Era bellissima, lo ammetto.
«Ciao, Aren.» Disse mentre si avvicinava, con passo elegante.
Lui la salutò con la mano, disinteressato.
La ragazza fece finta di nulla e continuò: «Hai ballato davvero bene stasera, sai? Non pensavo che fossi così bravo.»
«Grazie, Nell. Anche tu balli bene.»
Lei fece una risatina, forse un po’ troppo acuta. Loki sollevò un sopracciglio.
«Forse la prossima volta dovresti scegliere meglio la tua compagna di ballo…senza offesa, cara.» Continuò, squadrandomi dall’alto in basso.
Iniziai ad innervosirmi.
«Grazie del consiglio, ma credo di aver fatto una buona scelta.» Le rispose Aren, facendomi l’occhiolino.
Lei sollevò le sopracciglia, improvvisando un finto sorriso.
«Sicuramente…ah scusa, non mi sono presentata.» Mi disse, porgendomi la mano. «Sono Nell Swan, conosco Aren da tanto. Lo vedo sempre, dato che seguiamo gli stessi corsi. Tu devi essere Liv, giusto?»
Prima che potessi stringerle la mano, lei la tirò indietro.
Loki la guardava male, con il sopracciglio destro perennemente sollevato e le braccia incrociate. Anche Sigyn non sembrava convinta dalla ragazza e si limitava a bere un po’ di champagne dal suo calice.
«Si, piacere.» Sorrisi, facendo finta di nulla. «Non ti ho vista ballare stasera, eri qui con qualcuno?» Il suo sguardo cambiò, sembrava infastidita.
Sui volti di Aren e Loki comparvero dei sorrisetti.
Continuai: «Scusa, ho forse toccato un tasto dolente? Non era mia intenzione. Ma credevo che la dama non si potesse cambiare a fine ballo. Forse il prossimo anno sarai più fortunata, non abbatterti.»
Okay, forse avevo leggermente esagerato. Loki si coprì la bocca con la mano, cercando di trattenere una risata, mentre Aren aveva un grande sorriso stampato in faccia, e non lo nascondeva.
Nell fece una smorfia, alzò il mento e andò via velocemente, senza pronunciare una parola.
L’avevo probabilmente ferita nell’orgoglio.
Sorrisi, soddisfatta.
«Ben fatto, ragazzina! Almeno tu mi rendi fiero.» Disse Loki, con un breve applauso, mentre faceva finta di asciugarsi una lacrima.
Aren roteò gli occhi, sorridendo: «Farò finta di non aver sentito, Burlone.» Poi tornò a guardarmi. «Sei stata perfetta, Lys.» Disse, scompigliandomi i capelli.
«Ehy, così mi rovinerai la piega!» Cercai di aggiustarli, ridendo.
Anche Sigyn rise. «Quella ragazza non mi piace per niente.» Loki sollevò le sopracciglia.
«Cavolo, se non piace nemmeno a te stiamo messi male!»
Lei gli diede un colpetto sulla spalla. Effettivamente la dea vedeva sempre del buono in tutti, Burlone compreso.
«Mi sta appiccicata dal primo anno, non l’ho mai sopportata.» Disse Aren, scocciato.
Poi sul suo volto comparve un ghigno.
Si avvicinò al mio orecchio, bisbigliando: «Che ne dici se andiamo via?»
I due dèi stavano parlando tra di loro, sembrava che non ci sentissero.
«Va bene, ma dove?» Risposi sottovoce, con un sorriso.
Lui mi fece l’occhiolino.
«Bene, noi andiamo. La principessa deve riposare.» Loki sollevò un sopracciglio.
«Buonanotte, piccioncini!» Lui e sua moglie ci salutarono con la mano, sorridendo.
Una volta usciti dalla sala grande, chiesi ad Aren dove stessimo andando.
«Stavo pensando all’aula di musica…sai, quella con il pianoforte.»
Sorrisi di nuovo. Iniziai a comprendere le sue intenzioni.
I corridoi erano vuoti e quasi completamente al buio, nessuno ci vide.
Arrivammo davanti alla porta della classe.
«Dici che potrebbero sentirci, da fuori?»
«No Lys, tranquilla. È insonorizzata.»
Entrammo, le luci si accesero. Il pianoforte si trovava al centro della stanza. Era grande, nero e lucido. Aren provò ad accarezzare qualche tasto.
«Hai ancora le foto delle note di quella canzone, vero?»
«Certo, ma non so se dovremmo suonarla, ho un brutto presentimento.»
«Non accadrà nulla, non preoccuparti.»
«Ne sei sicuro? Insomma, i nomi dei nostri antenati sono scritti su quel libro. Forse sono stati loro a intrappolare gli dèi qui dentro. E se noi peggiorassimo la situazione? Quale sarebbe il nostro destino?»
«Lys, guardami.» La sua voce era ferma, sicura. Poggiò le mani sulle mie spalle. Lo guardai, preoccupata.
«Non mi importa del mio destino, finché sarà legato al tuo. Ma capisco la tua preoccupazione. Possiamo ballare anche in silenzio se vuoi, non ci serve la musica.» Sorrise.
«No, hai ragione, dovremmo suonarla. E poi sono curiosa di conoscere la melodia.» Feci un bel respiro.
«Ne sei sicura?»
«Certo, Beethoven. Fammi vedere come suoni.»
«Non osare paragonarmi a lui. È intoccabile.» Rispose, severo e categorico.
Poi si sistemò sullo sgabello, mettendosi comodo.
Era così bello, vestito elegante, con i capelli ordinati e concentrato, che la mia attenzione era totalmente rivolta a lui. A malapena ricordo com’era fatta la stanza.
Sistemai il telefono in modo che potesse leggere le note, poi aspettai che iniziasse a suonare. Mi guardò, sollevando un sopracciglio.
«Che fai, non suoni con me?»
«Ma io non so suonare.»
«Non dire sciocchezze, vieni qui. Lo sgabello è abbastanza grande per entrambi.»
E così mi sedetti accanto a lui, sistemando il mio vestito.
«Aren, non ho mai suonato un pianoforte in vita mia.»
«C’è sempre una prima volta. Guarda.»
Cominciò a suonare le prime note, poi si fermò.
«Hai visto? Non è così difficile.»
Lo guardai male.
«Va bene, va bene. Premi solo questi due tasti, io farò il resto.»
Feci come mi aveva chiesto e, dopo qualche secondo, lui cominciò a suonare.
La melodia era bellissima. Sembrava una canzone medievale, ma aveva qualcosa di più moderno.
Perfetta per essere ballata.
Mentre Aren suonava, mi incantai a guardarlo. Ed ero così incantata che mi dimeticai di premere gli unici due tasti su cui avrei dovuto concentrarmi. Quando lo notò, si mise a ridere.
«Hai già dimenticato le note, Lys?» Mi guardò, senza fermarsi.
«Oh, si scusa.» Dissi, mentre continuavo ad ammirare i suoi occhi. O meglio, ad ammirare lui in generale.
Lo sguardo concentrato, le mani, svelte e delicate, che sembravano accarezzare lo strumento musicale.
Dèi, com’era bello.
L’unica cosa che fu capace di distrarmi fu la comparsa di una lucina verde, che fluttuava davanti al telefono con la foto dello spartito.
Credevo che fosse solo un riflesso, ma poi si trasformò in una scritta: “Ballate, idioti!”
E il pianoforte cominciò a suonare da solo.
Ci guardammo, ridendo: non era difficile riconoscere la magia di Loki.
Seguendo il suo consiglio, cominciammo a ballare.
Sistemai le mie mani attorno al suo collo, come al solito, mentre lui le posò sui miei fianchi, attirandomi a sé con delicatezza.
I nostri sguardi erano incatenati l’uno nell’altro, tutto il tempo.
Avevo le farfalle nello stomaco ogni volta che mi guardava, ma questa volta era diverso.
Il mio cuore batteva all’impazzata e anche il suo. Potevo sentirlo chiaramente, data la nostra vicinanza.
Il suo colmava il punto in cui il mio non poteva arrivare, e viceversa.
Eravamo due pezzi di un puzzle complementari, ciò che gli dèi, secondo Platone, invidiavano.
La melodia stava per terminare, e Aren strinse leggermente la presa, eseguendo tre giravolte: riuscimmo a non cadere, quella volta, e alla fine i battiti dei nostri cuori erano così potenti da confondersi, come se fossero uno solo.
Poggiò la sua fronte contro la mia, i nostri nasi si sfioravano.
Con le ultime note della canzone in sottofondo, mi sollevai sulla punta dei piedi e lo baciai.
Lui mi strinse a sé con più forza, entrambi chiudemmo gli occhi.
E quando la musica si fermò, restò solo il suono dei nostri respiri.
Ci guardammo, ancora una volta.
Aren mi prese il volto tra le mani, le nostre fronti ancora unite.
«Ti amo, Lys.»
Il mio cuore saltò un battito. Forse anche due.
Ma non ebbi il tempo di rispondere, l’ultima cosa che vidi furono i suoi bellissimi occhi azzurri.
E poi, tutto divenne buio.

Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira

Evara - Il dono di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora