Aren
I mesi seguenti furono estenuanti, dovevamo aspettare il momento giusto.
Come si può anche sperare di uccidere un dio con un misero rametto di vischio? Senza farsi scoprire, tra l’altro.
Liv non poteva più rispondere alle mie lettere per colpa di Hel, così l’unico modo per comunicare si rivelò Munnin, che ci riferiva, ogni settimana, ciò che accadeva nel regno dei morti. Certo, a modo suo.
«Cra! Liv ha parlato. Cra! Con morti. Di nuovo. Cra!!»
Era come ascoltare una vecchia radio, rotta, impolverata, con così tante interferenze da impedirti di comprendere una frase di senso compiuto. Ma era meglio di nulla, no?
«Questa ragazzina farà impazzire la dea della morte. Se non la riportiamo indietro noi, Hel finirà per consegnarcela comunque, per esasperazione.» Disse Loki, ridendo, mentre cercava di costruire una piccola freccia.
«Dovremmo uccidere Balder con questa, Burlone?» La indicai, abbastanza scettico.
«Allora, intanto tu non fai un bel niente. Quando la freccia sarà finita, questo bel rametto di vischio verrà legato alla sua punta. Poi basterà mirare e le norne faranno il resto.»
«Le norne?»
«Come, non sai chi sono? Vivono vicino a Yggdrasil, l’albero cosmico.» E intonò un’antica profezia, schiarendosi la voce con teatralità.
«Da quel luogo vengono fanciulle
Di molta saggezza,
tre, da quelle acque
che sotto l’albero si stendono.
Ha nome Urðr la prima,
Verðandi l’altra,
sopra una tavola incidono rune,
Skuld quella ch’è terza.
Queste decidono la legge,
queste scelgono la vita
per i viventi nati,
le sorti degli uomini.»
«Certo che so chi sono. Ma…con il ragnarok moriranno anche loro?»
«Beh sì, è probabile, ma non pensarci adesso. E poi, tu dovresti essere l’ultimo a preoccuparsi della fine dei mondi»
«Io non mi preoccupo del ragnarok, ma di tutti quelli che perderanno la vita. E di voi dèi, che ne sarà?»
«Non sono tenuto a saperlo io, figuriamoci tu. Ta-da! Ecco, ho finito!» Mi mostrò la freccia completa, sorridente. Sembrava innocua, nessuno avrebbe potuto pensare che quel rametto appuntito sulla sua punta avrebbe fatto fuori il più amato degli dèi.
Ma avevo la sensazione che lui non stesse dicendo tutta la verità, che sapesse cosa sarebbe successo dopo.
«Loki, mi stai nascondendo qualcosa?»
Il dio inarcò un sopracciglio, confuso.
«Cosa dovrei nasconderti, scemo? Okay che domani è il tuo compleanno, ma non aspettarti una festa a sorpresa! Sono una frana con queste cose.»
Effettivamente, il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno, ma non pensavo che lui se lo ricordasse.
Sorrisi lievemente, mentre accendevo il mio telefono per controllare l’ora.
20 novembre 2023, 11:30 AM.
Con estremo fastidio notai di essere in ritardo per la lezione di astronomia, di nuovo.
«Okay, devo proprio andare.»
«Anche stavolta in ritardo, vero? Per domani ti regalo un orologio.»
«Davvero?» Mi voltai verso di lui, sorpeso, prima di uscire dalla porta della sua camera.
«No.»
«Antipatico.»
«Credulone. Muoviti, forse ti compro una caramella.»
Gli risposi con una linguaccia, per poi intraprendere la corsa più importante della mia vita, diretto verso la classe di astronomia.
Per me era importante distunguermi in quella materia e farmi notare dalla professoressa Revontulet, così da ottenere, dopo la laurea, il lavoro da ricercatore astrofisico che la Queen’s Pride offriva agli studenti più meritevoli.
Feci poi il mio ingresso nell’aula, ero ansimante e leggermente in ritardo ma, per mia fortuna, l’insegnante arrivò dopo di me.
Le due ore passarono molto velocemente e, essendo ora di pranzo, avevo una fame tremenda.
Decisi così di dirigermi verso la sala grande, per prendere qualcosa dal buffet, quando sentii delle risate di bambini provenire dal bar. Incuriosito, mi fermai sulla porta, senza farmi vedere.
Sui divanetti del locale, in fondo alla stanza, c’era Loki, con in braccio Narvi. Vali era accanto a loro, incuriosito e sorridente.
«Okay, testa all’insù, schiena dritta, e concentrati. Ehy, ho detto testa all’insù!» Disse il dio, mentre solleticava il mento di Narvi, che scoppiò a ridere.
«Ho la testa in sù, vedi! Che cosa devo fare?»
«Pensa a tutta l’energia che c’è in te e prova ad immaginarla nelle tue mani. La senti? Eh! Schiena dritta!»
«N-Non farmi il solletico!» Rispose Narvi, cercando di trattenere le risate. Il fratello, invece, si intratteneva intrecciando i capelli di suo padre.
«Ehy aspetta, la sento!» Una luce verde cominciò a formarsi nelle sue mani.
«Bravo! Adesso crea una pallina e lanciala!»
Il bambino chiuse gli occhi per concentrarsi di più e riuscì a creare una piccola sfera di luce, ma, appena la vide, eccitato com’era, la lanciò con troppa enfasi.
«Aspetta, non troppo fort-» Disse Loki, ma forse avrebbe dovuto specificarlo prima.
Il bolide era diretto, a grande velocità, verso di me.
Feci appena in tempo a schivarlo, altrimenti mi avrebbe colpito dritto in faccia.
Inutile dire che i tre combinaguai si resero conto della mia presenza.
Vali corse subito ad abbracciarmi, sorridendo.
«Aren! Sei venuto anche tu ad imparare la magia?»
«No, piccolo, passavo di qui per caso. E tuo fratello mi ha quasi fatto fuori.» Dissi, scompigliando i capelli di Narvi, che intanto si era avvicinato.
«Sono stato bravo, vero? Me l’ha insegnato papà.»
Era forse la prima volta che lo sentivo chiamare Loki così. Il dio lo guardò, sorpreso, mentre tentava di non sorridere.
«Eh già, la regina degli dèi deve stare attenta, potresti rubarle il titolo di incantatrice!» Disse, mentre lo prese in braccio e se lo caricò in spalla, come un sacco di patate.
«Anch’io voglio imparare, papà!» Disse Vali, afferrando la sua mano.
«Abbiamo un discepolo impaziente, qui?»
Loki prese anche lui, caricandolo sull’altra spalla. I due gemelli ridevano così tanto da avere le lacrime agli occhi.
«Siete pesanti, cosa vi dà vostra madre da mangiare?» Esclamò il dio, mentre faticava a sostenere il peso di entrambi.
«Sei tu che stai diventando vecchio, Burlone. Tra un po’ avrai bisogno della dentiera.»
«Tu non parlare, ficcanaso. Ti sei giocato la caramella.»
E poi una luce verde mi invase. Mentre io mi guardavo intorno, preoccupato, Loki ghignò. All’improvviso mi ritrovai a circa mezzo metro da terra, sostenuto solo dalla magia.
«Guarda Narvi, Aren vola!» Disse Vali, sollevando leggermente la testa per osservarmi meglio e indicandomi.
Io incrociai le braccia e le gambe, come se fossi stato seduto su una sedia.
«Seriamente, Burlone? Era da tanto che non lo facevi.»
«Fare cosa? Non ti vedo.» Si finse confuso, mentre mi dava le spalle.
«Papà, possiamo volare anche noi?» Chiese Narvi, mentre dava dei colpetti sulla schiena del dio.
«Non so se ci riesco, ho poca magia. Proviamo!»
Il barista, da dietro al bancone, ci osservava, divertito.
Loki fece scendere i gemelli, che attendevano, sorridendo.
«Pronti?»
«Si!» Risposero, in coro.
E la luce verde avvolse anche loro. Urlavano e ridevano, meravigliati.
«Beh, non sono poi così male.» Disse il dio, mentre cercava di nascondere la fatica provocata dall’aver usato troppa magia.
«Non lo sei. Adesso l’hai capito?» Gli chiesi, sorridendo.
«Forse si.» E ricambiò il sorriso.
«Voliamo come Peter Pan!» Gridò Vali.
«E Aren è Capitan Uncino!» Aggiunse Narvi, dirigendosi verso di me e fingendo di brandire una spada.
Entrambi si muovevano come se volare fosse la cosa più naturale del mondo e si scagliarono su di me per una battaglia di solletico.
«Mi dispiace, qui perdete in partenza.» Infatti era come se non mi stessero toccando affatto, ma facevo finta di combattere anch’io, per stare al gioco.
«Scusate e io cosa sarei, Trilli?»
«Ti ci vedo con le ali da fata, Burlone.» Risposi, ridendo.
Poi caddi a terra.
«Abbiamo sconfitto Capitan Uncino!» Esclamarono i due.
«Maleducato da parte tua, fatina.»
«Chiamami un’altra volta in quel modo e ti farò vedere la luce delle stelle da vicino.» Mi rispose, ansimando.
Fece scendere anche Narvi e Vali, in un modo meno brusco.
«Tutto ok?» Provai a poggiare una mano sulla sua spalla.
Poi mi ricordai che non poteva sentirla.
«Si, si...sono solo un po’ stanco. Odio questa maledizione.»
E si sedette di nuovo sui divanetti.
«Anch’io la odio, ma finirà presto.»
Ma questo non sembrò tirarlo su di morale.
I gemelli andarono a sedersi accanto a lui.
«È stato bellissimo, quando lo facciamo di nuovo?»
«Quando usciremo di qui, vi farò volare fino alle nuvole. Vali, va bene se la tua lezione di magia viene rimandata a domani?»
«Certo! Ma proprio sulle nuvole arriveremo?»
«Anche oltre. Su, andate a giocare voi due, vi raggiungo dopo.» Poi si rivolse a me: «E tu mangia, ficcanaso. L’ora di pranzo è passata da un po’.»
Annuii e, dopo averli salutati, mi diressi finalmente verso la sala grande. La pancia brontolava, ma il mio cuore era più leggero.
Il pomeriggio mi aspettavano altre lezioni e, il giorno dopo, avrei compiuto 22 anni.
Ma che compleanno sarebbe stato, senza di lei?
Questi pensieri mi accompagnarono anche la sera, impedendomi di dormire.
Mentre James russava così forte da poter svegliare un orso in letargo, io rimasi disteso sul mio letto, con gli occhi spalancati. Cosa sarebbe successo dopo l’uccisione di Balder? Liv sarebbe davvero tornata? Gli dèi ci avrebbero scoperti? Probabilmente, e la punizione non sarebbe stata gradevole.
Riuscii ad addormentarmi, anche se per poco, risvegliandomi all’alba.
La mia bellissima alba.
Il cielo era bello come lei, il suo vestito, il suo volto che si illuminava quando le facevo un complimento.
Un po’ rosa come quelle bellissime labbra che avevo avuto il privilegio di assaporare, anche se solo per un attimo. Un attimo che era sembrato un eternità, in cui il tempo si era fermato, per poi ricominciare a correre più veloce di prima, portandola via da me, all’improvviso.
All’alba ricevetti il mio primo regalo. Munnin arrivò, beccando come al solito sul vetro della finestra.
Non aveva nessuna lettera, portava con sé solo un fiore, legato alla sua zampa con un nastro azzurro, all’apparenza così piccolo e fragile ma pieno di vita, che da solo era sopravvissuto ad ogni cosa. Il nostro fiore.
«Buon Compleanno! Cra. Cra!»
«Grazie, pennuto.» Risposi, accarezzandogli la testa.
«Cra! Festeggi, vero?»
«No, perché dovrei.» Risposi, mentre ammiravo il fiore, tenendolo delicatamente tra le mie mani.
«Liv tra poco torna. Cra.»
Sollevai un sopracciglio.
«Che cosa intendi? Ancora non abbiamo fatto nulla. Balder è vivo e vegeto.»
«Vuole scappare da lì. Cra! Da sola.»
«Ma cosa stai dicendo, hai battuto la testa? Non può scappare dal regno dei morti.»
«Ha rubato delle armi. Cra! Vuole superare il cane da guardia.»
Il cane da guardia era Garmr, un mastino molto feroce posto all’entrata del regno di Hel. L’unico modo per oltrepassarlo era offrirgli un pezzo di pane dolce intriso nel proprio sangue. Molto macabro, direi. Cercavo di comprendere come pensasse di fare Liv, con delle armi rubate alla dea della morte, a batterlo. Tra l’altro Hel non l’avrebbe mai permesso ma forse, per assurdo, non era al corrente di questo piano. Dovevo avvisare Loki, in fretta. Dopo aver messo velocemente la divisa della scuola e aver legato i capelli senza neanche guardarmi allo specchio, uscii dalla mia camera di corsa, con Munnin che mi seguiva e lasciando lì James che, nel suo sonno profondo, non aveva sentito nulla.
Bussai alla porta della stanza del dio, che la aprì con molta calma. Probabilmente l’avevo svegliato, ma era urgente.
Indossava un pigiama verde chiaro, rigorosamente di seta, e delle semplici pantofole nere.
I suoi capelli rossi erano tutti arruffati e mi rivolse uno sguardo ancora assonnato e confuso, sollevando ovviamente il sopracciglio.
«Capisco che è il tuo compleanno, ma non mi sembra una scusa adatta per fare la primadonna e svegliarmi così presto, quindi sapresti darmi, di grazia, un motivo valido per aver interrotto il mio sonno di bellezza?»
Incrociai le braccia, infastidito.
«Liv sta scappando dal regno di Hel, o almeno queste sono le sue intenzioni. Dobbiamo fermarla, il prima possibile.»
Loki sbatté le palpebre un paio di volte, colto evidentemente di sorpresa.
«Come prego? Dimmi che stai scherzando. No, stai sicuramente scherzando.» Sollevò un dito. «La ragazzina non è così stupida da fare una cosa del genere…vero?»
«Invece lo è. Cra!» Intervenne Munnin.
«Che le norne mi assistano. Su, entrate.» Si spostò dalla porta, sospirando.
«Dobbiamo contattare Hel, così che lei la fermi.» Dissi, mentre mi torturavo le pellicine delle dita per cercare di calmarmi.
«Tu ora ti siedi e stai calmo. È mia figlia e quello è il suo regno, sicuramente lo sa. Spero solo che non perda la pazienza e che quell’antipatico cane infernale non ci sbrani la ragazzina.»
«Quindi non faremo nulla?!» Forse sollevai un po’ troppo la voce.
«Ascoltami bene, Liv se la caverà. Tra quasi un mese è Natale e gli dèi faranno una festa per celebrare
l’invulnerabilità di Balder, li ho sentiti ieri sera. Andrò lì, senza farmi vedere, lo ucciderò e tutto tornerà come prima.»
«Non noteranno la tua assenza? Dovresti esserci anche tu, a festeggiare.»
«Come sei ingenuo, ragazzo mio. Ovviamente non mi hanno invitato, che ti aspettavi?»
Cercava di comportarsi come se non gli importasse, ovviamente, ma ogni anno era così.
Nonostante lui avesse fatto di tutto per essere accettato, continuavano a trattarlo diversamente. Non si fidavano, non l’avrebbero fatto mai.
«Lo ucciderò io.» Risposi, con voce ferma.
«Tu non fai proprio un bel niente. Ti rendi conto di cosa significhi uccidere un dio? Ti faranno a pezzettini, lo farebbero per molto meno.»
«Non se non mi faccio vedere. E poi questo vale anche per te, cosa ti farebbero se venissi scoperto?»
«Sicuramente non del bene, ma preferisco che tu non corra il rischio.» Rispose, mentre si pettinava i capelli.
Munnin ci osservava, piegando la testa mentre cercava di capirci.
«Voi siete tutti scemi. Cra!»
«Beato te che sei intelligente, allora. Vai da Liv e fermala da qualsiasi cosa lei stia cercando di fare, tra poco la riporteremo qui. Ah, aspetta, le scrivo un bigliettino.» Dissi, mentre Loki fece comparire un foglietto e una penna sulla scrivania davanti a me.
A te, che sei in grado di sconvolgere la luce delle stelle più vicine.
Tra poco non sarai più nell’ombra.
Lo legai alla zampa di Munnin.
«Perfetto, adesso puoi andare.» E aprii la finestra, facendogli cenno di uscire.
«Agli ordini. Cra!» E volò via.
Il dio, con le braccia incrociate, poggiava la schiena al muro e aveva uno sguardo preoccupato.
«Aren, promettimi che non farai nulla di stupido.»
«Dai, perché non posso ucciderlo io?»
«Perché li conosco, molto meglio di te. Uccidere un dio è un grande disonore, e, tra l’altro, lui è uno dei più amati. Non ci sarà posto in cui potrai nasconderti, prima o poi ti troveranno.»
«Così mi metti ansia.»
«Lo vuoi il tuo regalo di compleanno o no?»
«Cosa? Mi hai fatto un regalo?»
«No, ma se potessi, ti regalerei un neurone in più.»
«Antipatico.»
«Credulone. Buon Compleanno, primadonna.»
«Grazie, ma quello tutto sofisticato nel suo pigiamino di seta non sono io, qui.»
«Un’altra parola e ti spedisco nel regno di Hel, così fai compagnia alla tua amata.»
«Non lo faresti mai, ti mancherei troppo.»
«In realtà no. Ridimensiona il tuo ego, ragazzino.»
«E tu smettila di mentire, Burlone.»Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira
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Evara - Il dono di un dio
Fantasy"Non ho mai saputo ballare. Non sono mai stata capace di seguire il ritmo della musica, di lasciarmi andare. «Nemmeno io so ballare, ma a chi importa?» Diceva lui. Eppure, era il miglior ballerino che io avessi mai visto. Ma forse ero un po' di part...