Aren
Uccidere un dio è deprorevole.
È un disonore, una crudeltà, soprattutto se è la notte della vigilia di Natale e gli dèi, felici e ignari di ciò che sarebbe successo, sono riuniti per festeggiare la sua invulnerabilità.
Nulla poteva far del male al loro beniamino, il più amato, che con un sorriso illuminava la giornata di chiunque lo incontrasse.
O, almeno, questo era quello che credevano tutti.
Tutti tranne un ragazzo che aveva perso l’amore della sua vita e un dio che, dopo secoli di ingiustizie e sofferenza, voleva vendicarsi di chi gli aveva promesso una casa accogliente e degli amici.
Ciò che in effetti non ha mai ottenuto.
Odino fece un patto di sangue con Loki, quando si incontrarono la prima volta, molti secoli fa:
«Non berrò mai un bicchiere di vino senza prima assicurarmi che il tuo sia pieno. E qualunque cosa la tua natura ti porti a fare, prometto che nessuno della mia gente ti userà violenza.»
Gli disse, portandolo con sé ad Asgard. La realtà dei fatti era però ben diversa: quella sera ogni bicchiere era pieno, tranne il suo.
«Quando la ragazzina sarà tornata, festeggeremo con del buon idromele. A che mi serve un bicchiere con loro, se potrò berne altri mille con voi?»
«Mille è un numero un po’ esagerato, Burlone. Il coma etilico è sulla mia lista delle cose da evitare, al momento.» Dissi, appoggiandomi al muro, mentre lui perfezionava la freccia con il vischio.
«Possiamo bere anche noi?» Disse Narvi, facendo gli occhi dolci.
«Certamente. Iniziamo con il succo di frutta, poi passiamo all’idromele tra qualche secolo, va bene?» Rispose Loki. I due sbuffarono, contrariati.
«Ma la mamma sa di questa cosa?» Chiese Vali, confuso.
«No e non deve saperlo. Almeno, non per ora. Qualsiasi cosa succeda, restate con lei, okay?»
«E che deve succedere, Vecchio? Tiri una freccia e il gioco è fatto.» Constatò Narvi, che a quanto pare aveva iniziato ad imitarmi. Il dio sollevò un sopracciglio.
«Farò finta di non aver sentito. Un Aren già mi basta, se devo essere sincero.»
«Tu non sei mai del tutto sincero.» Precisai.
«Giusta osservazione. Okay, siamo pronti?»
Disse, alzandosi velocemente dalla sedia.
«Si. Ma di preciso, come faremo?» Gli chiesi, mentre lo seguivo fuori dalla sua stanza, con Narvi e Vali accanto a me.
«Voi state fuori dalle porte della sala grande e non fiatate. Io entro, faccio lanciare la freccia a Hod e le norne faranno il resto.»
Hod era un fratello di Balder, nato cieco e in generale dimenticato da molti.
Un cieco che uccide suo fratello con un dardo fatto di vischio, sembrava l’inizio di una barzelletta. Eppure stava per accadere.
Arrivammo vicino alle porte della sala. Dall’interno proveniva un gran frastuono, segno di una festa molto animata. Gli studenti che non erano andati a casa per le vacanze passarono la vigilia al bar, perciò nessuno ci vide.
Loki si tastò le tasche e sgranò gli occhi.
«Avete ragione, sto diventando vecchio…ho dimenticato la freccia, torno subito. Non muovetevi, è un ordine. Tutto chiaro, ragazzino?» Si rivolse a me, con sguardo severo.
«Limpidissimo. Ti aspettiamo qui.»
«Sarà meglio.» Aggiunse, mentre si allontanava, imprecando.
In realtà non aveva dimenticato nulla, ero stato io, prima di uscire, a prendere la freccia. Volevo essere io a uccidere Balder. Avrei riportato io indietro Lys, avrei vendicato io Loki. Un umano che punisce gli dèi.
Mi sembrava abbastanza giusto.
Presi il dardo, che era nascosto nella mia tasca. I gemelli spalancarono la bocca.
«Ce l’avevi tu?!» Dissero, a bassa voce.
«Sì. Adesso restate qui, per favore. Sarò velocissimo, ma posso contare su di voi?»
«Certamente, fratello.» Rispose Vali, sostenuto da Narvi che fece sì con la testa.
«Ti copriamo le spalle.»
«Grazie.»
Presi coraggio e, lentamente, aprii una delle porte.
Nessuno mi notò. Erano tutti troppo ubriachi e si divertivano a lanciare oggetti a Balder, che si ergeva in piedi, al centro della sala, a torso nudo e bevendo sempre più idromele.
Come previsto, nulla poteva colpirlo.
Le spade cambiavano direzione, i bicchieri si frantumavano poco prima di toccarlo, così come sedie, quadri, cibo, piatti, sassi e addirittura il mitico martello di Thor.
Solo uno di loro sedeva in disparte, all’angolo della sala.
Hod girava la testa da una parte all’altra, confuso.
Mi avvicinai con cautela.
«Ciao, Hod.»
Si voltò di scatto verso la mia direzione.
«Non riconosco la tua voce. Chi sei? Mi state facendo uno scherzo?»
«No, tranquillo. Vuoi lanciare anche tu qualcosa a Balder? Deve essere noioso stare qui senza poter partecipare.»
«Oh, certo, non c’è problema. Nulla può fargli del male.»
«Sicuramente. Ecco, tieni.» Dissi, mettendo la freccia nelle sue mani. «Ti dico io dove mirare.»
E guidai il suo braccio verso il fratello.
«Ora tira.»
Il dardo venne lanciato e, dopo qualche secondo, cadde il silenzio. Mi affrettai ad andar via, scappando dalla porta che si trovava dietro di me.
Aveva fatto centro, su questo non c’era dubbio, centrando il suo polmone destro e facendolo cadere a terra, in un istante.
Mi allontanai, correndo via dall’entrata della sala, realizzando pian piano ciò che avevo fatto.
Avevo ucciso un dio.
L’avevo fatto davvero.
Le urla provenienti dalla festa erano così forti che si sentirono per tutta la scuola.
Poi una luce bianca mi accecò.
Quando recuperai la vista, Loki era davanti a me, con i gemelli dietro di lui.
Per poco non lo riconobbi. I suoi occhi non erano più verdi smeraldo, come li ricordavo, ma rossi. Rossi come il fuoco.
«Che cosa hai fatto?!» Disse, con tono alterato, scuotendomi dalle spalle.
Non risposi, ero come pietrificato.
«Ti prego, dimmi che non l’hai ucciso. Non tu.»
Abbassai lo sguardo. La sua presa mi stava facendo male.
Un attimo…io non potevo sentire il suo tocco.
Almeno, fino a quel momento.
La maledizione era scomparsa?
«Loki.»
«Rispondimi Aren, accidenti!»
«Loki, non c’è più.»
«Che cosa, idiota? Il tuo cervello?»
«La maledizione. Sento la tua presa.»
«Ma che stai dicend- ah, aspetta…» Si allontanò da me, confuso. I suoi occhi tornarono normali.
Feci un respiro profondo.
«Erano i tuoi pieni poteri, quelli?»
«Si, credo di si…» Rispose, guardandosi le mani, incredulo.
Narvi e Vali, ancora un po’ scossi da ciò che era successo, si avvicinarono.
«Che significa tutto questo?» Chiese Vali.
«Che adesso mi puoi abbracciare, biondino.» Risposi, sorridendo.
Entrambi corsero verso di me, a braccia aperte. Mi piegai sulle ginocchia e li accolsi in un grande abbraccio. Restammo così per qualche secondo, finché Loki non decise di interromperci, schiarendosi la voce.
«Credo che manchi ancora qualcuno.»
I miei occhi si illuminarono. Mi alzai in piedi, emozionato.
«Hai ragione. Come funziona? Dov’è ora?»
«Dove l’hai lasciata, scemo.»
L’aula di musica. Il pianoforte.
Mi incamminai, velocemente, senza nemmeno pensare. Era come se il mio corpo, il mio cuore, conoscessero bene la strada. Arrivammo lì dopo qualche minuto.
La porta della stanza era socchiusa.
La spalancai, ansimando. Le luci erano accese, qualcuno si trovava al centro dell’aula e si guardava intorno.
Era vestita quasi come una vichinga, i suoi bellissimi capelli castani erano raccolti in una treccia disordinata, aveva gli abiti sporchi di sangue. Reggeva una spada in una mano, uno scudo nell’altra. Si voltò di scatto, nella mia direzione, e anche se in quelle condizioni, con il viso segnato da una ferita profonda sulla guancia e altri graffi su tutto il corpo, era la donna più bella che io avessi mai visto. Superiore a tutte le dee.
«Aren?» Disse, con la voce spezzata.
«Si, sono io, Lys.»
Lasciò cadere le sue armi e corse verso di me, io feci lo stesso.
La abbracciai, la strinsi a me come se potesse sfuggirmi da un momento all’altro, mentre le lacrime cominciarono a scendere. Una luce verde ci avvolse.
Quando lei mi guardò, sollevando la sua testa dal mio petto per un attimo, era come se fossi tornato indietro nel tempo.
Indossava di nuovo il suo bellissimo vestito, rosa, luminoso come l’alba, come lei. I suoi capelli erano puliti e ordinati, il corsage che le avevo regalato era ancora al suo polso.
La ferita però era lì, sulla sua guancia destra, come un ricordo di ciò che era successo, di ciò che aveva passato.
Spostai delicatamente una ciocca di capelli dietro il suo orecchio, i miei occhi incatenati ai suoi in un silenzio che per noi era come un grido.
Poi la baciai.
La avvicinai a me afferrandola per i fianchi, lei mi prese il viso tra le mani e continuammo a baciarci, finché non ci mancò il respiro.
Ma la verità era che proprio in quel momento io ricominciai a respirare, dopo tanto tempo.
«Ti amo anch’io.» Disse lei, tutto d’un fiato, come se non aspettasse di dirmi altro dall’ultima volta in cui mi aveva visto.
Sorrisi, avrei voluto baciarla ancora. Avrei voluto baciarla per sempre.
«Le stelle saranno tristi stasera.»
«Come mai?»
«Sei tornata ad oscurare la loro luce. Anzi, non hai mai smesso di farlo.»
«In realtà la mia stella brilla ancora.» Fece notare Loki, appoggiato alla porta con le braccia incrociate e un grande sorriso.
Lys corse ad abbracciarlo.
«No aspetta, non mi piacciono gli abbrac-»
Troppo tardi, ormai era in trappola.
Ricambiò, un po’ imbarazzato.
«Mi sei mancato.»
«Bentornata, stupida ragazzina.»
«Ehi! Perché stupida?»
«Non potevi aspettare ancora un po’, senza fare danni? Siediti, dobbiamo curare questa ferita.» Disse, con voce ferma.
«Lys, chi te l’ha fatta?»
«Ah, parlate di questo graffietto. Ehm…ho solo cercato di scappare, tutto qui.» Rispose, mentre si sedeva sullo sgabello del pianoforte. Loki le aveva nuovamente cambiato i vestiti con un’incantesimo, ora indossava la divisa della scuola.
«Era pericoloso, non avresti dovuto farlo.» Dissi, un po’ nervoso.
«È meglio che tu stia zitto.» Sentenziò il dio, mentre esaminava la ferita.
«Dai Loki, non se n’è accorto nessuno.»
Poi mi resi conto della presenza di Narvi e Vali, che si erano nascosti dietro di me.
«Aren, ma quella è la tua fidanzata?» Bisbigliò Narvi.
«Proprio così. Hai visto quant’è bella?»
Liv rise, imbarazzata.
«Quindi ora sono la tua fidanzata?»
«Preferiresti essere mia moglie? Non c’è fretta, principessa.»
«Siete insieme da dieci minuti e sto già per vomitare dal troppo romanticismo. Cerca di stare ferma, signorina.»
Disse Loki, mentre provava a ricucire la ferita di Liv.
«Ahi! Non sei molto bravo come dottore.»
«E voi siete due idioti! Aren, se ti avessero scoperto…»
«Ma non l’hanno fatto, no? Non mi hanno visto. È tutto ok.»
«Hanno ucciso Hod. Ma prima o poi capiranno che un cieco, da solo, non avrebbe potuto fare molto.»
«Quindi avete ucciso Balder? Ahia! Fai piano!»
«Guarda che non utilizzavo i miei pieni poteri da 136 anni, devo imparare a regolare la forza.»
«Non so se l’avete notato eh, ma è Natale.» Ci avvisò Narvi, sorridendo.
«Voi dèi festeggiate il Natale?» Chiese Liv, confusa.
«Gli studenti sì, e anche questi due.» Rispose Loki, roteando gli occhi.
«Ci hai fatto un regalo, Vecchio?»
«Narvi, ti ho già detto che non devi imitare Aren. Okay ragazzina, ho finito. Resterà la cicatrice, ma forse con la magia posso toglierla.»
«Tranquillo, va bene così, grazie.»
«Comunque ho rubato una polaroid da un ragazzo, stamattina. Possiamo farci una foto?» Chiese Vali, imbarazzato, con la fotocamera in mano.
«Vorrei dirti che rubare è sbagliato, ma sembrerebbe più una barzelletta che un rimprovero, da parte mia.» Rispose Loki.
«Quindi è un sì?»
«Beh certo, non vedo perché non dovremmo. Ne facciamo due?»
«Che esempio, Burlone.»
«Non fare il moralista, ragazzino. Su, mettetevi in posa!»
Mentre Loki reggeva la polaroid con la magia, Narvi mi saltò sulle spalle.
«Possiamo farla così? Ti pregoo!»
«Sì, bell’idea.» Risposi, abbozzando un sorriso. Pesava un po’, ma potevo farcela.
«Io vado sulle spalle di Liv, allora!» Gridò Vali, pronto a saltare.
«Aspetta, la ragazzina ha qualche ferita, potrebbe non riuscire a reggerti. Ti mantengo io con la magia e sembrerà come se stessi sulle sue spalle, va bene?»
«Okay!»
«Grazie.» Disse Lys, imbarazzata.
«Figurati. Anche se dovrei dare una bella punizione a tutti e due.» Sentenziò Loki, indicandoci.
«Ora fai tu il moralista. Possiamo scattare questa foto?» Chiesi, con Narvi che stava per spezzarmi la schiena.
«Sisi, venite qui.»
Il dio si posizionò al centro, mentre io e Lys, con i ragazzi sulle spalle, accanto a lui.
E, contro ogni aspettativa, Loki ci abbracciò da dietro, avvicinandoci a lui.
«Sorridete!»
E la polaroid scattò due foto di seguito, perfettamente identiche. Probabilmente anche quello era frutto della sua magia.
Feci scendere Narvi e pensai che forse avrei dovuto iscrivermi in palestra.
«Direi che siamo venuti bene!» Disse il dio, mentre sventolava le foto.
Una andò a me e Lys, l’altra a lui, e aveva ragione. Erano bellissime.
«Ah, mi ero dimenticato. Certo che ho un regalo!» Aggiunse , schioccando le dita. Tutti e quattro cominciammo a volare.
«Ora possiamo arrivare sulle nuvole!» Gridò Vali.
«Per questa sera, accontentatevi delle stelle. Abbiamo 10 minuti, non dobbiamo farci vedere. Che uccellini vorreste diventare? Pettirossi?»
«Non potremmo essere più grandi? Tipo delle aquile.» Chiesi. Gli altri mi diedero ragione.
«Cinque aquile attirerebbero l’attenzione. I pettirossi andranno bene, come prima volta. Non volate troppo in alto, okay?»
«Va bene.» Rispondemmo, in coro.
E poi diventammo pettirossi.
Era una strana sensazione, ma ci feci presto l’abitudine. Volammo fuori dalla finestra per fare un piccolo giro.
Londra era stupenda, dall’alto. Tutto era coperto dalla neve.
Loki cedette alla tentazione e si trasformò in un falco, solo per poco tempo.
Sfrecciò nel cielo, veloce, libero, felice dopo più di un secolo.
Al nostro ritorno eravamo molto stanchi, ma non ci eravamo mai divertiti così tanto.
«Cavolo, quanto mi era mancato.» Disse Loki, sospirando, gettandosi sul suo letto.
«È stata l’esperienza più bella della mia vita! Eravamo tanto in alto e poi tu hai fatto whoosh e hai attraversato una vera nuvola! E poi sei andato giù facendo finta di cadere ma hai riaperto le ali e volando ancora più sù!» Esclamò Vali.
«La prossima volta voglio essere un falco molto grande.»
Pretese Narvi.
«Tra poco sarai capace di trasformarti da solo, incantatore.» Rispose il dio.
Narvi sorrise, fiero.
«Adesso sì che mi sento viva.» Aggiunse Liv.
«E farò in modo che tu ti senta così per sempre.» Dissi, baciandole la fronte.
«Ma quindi stasera si fa un pigiama party nella mia stanza?» Domandò Loki.
«Ovviamente Burlone, che domande! Noi prendiamo il letto.»
«Troppo pretenzioso, mi dispiace.»
«Tu puoi dormire sul divano.» Gli consigliò Liv.
«Un’altra parola e vi trasformo in bambole.»
«Non puoi, bugiardo.»
«Non esserne così convinto, ragazzino. Bene, adesso riposate un po’. Buon Natale.»
«Buon Natale, fatina.»
«Aren, vuoi diventare un lombrico per caso?»
«Lys, mi ameresti lo stesso se fossi un lombrico?»
«Vai a dormire, Occhio di Falco.»
E così la nostra Vita era tornata, più bella e colorata di prima.
I problemi non erano finiti, ma, quella notte, per noi andava bene così.
«Ma l’hai letto l’ultimo biglietto che ti avevo inviato?»
«Se adesso ti addormenti, prometto di svegliarti con un bacio.»
«Mhh, non sono convinto. Posso avere l’acconto?»
«Se serve per farti tacere, sì.»
«Accetto l’offerta.»Liv vi era mancata? Finalmente i nostri piccioncini sono di nuovo insieme!
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Vi ringrazio tantissimo🫶🏻
Maira
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Evara - Il dono di un dio
Fantasy"Non ho mai saputo ballare. Non sono mai stata capace di seguire il ritmo della musica, di lasciarmi andare. «Nemmeno io so ballare, ma a chi importa?» Diceva lui. Eppure, era il miglior ballerino che io avessi mai visto. Ma forse ero un po' di part...