Passarono un paio di giorni e, per un po’, nessuno di noi nominò più quel libro: i corvi di Odino ci seguivano costantemente, dovevamo fare attenzione. Tra meno di una settimana si sarebbe tenuto il Canto d’inizio, tutti a scuola ne parlavano.
«Allora Liv, il tuo “amichetto” ti ha già chiesto di andare al ballo con lui?» Chiese Claire, con tono ironico.
«No, non credo che lo farà. Tu sai già con chi andrai?»
«E perché no? Sicuramente te lo chiederà. Io penso che andrò con James, siamo stati insieme l’altra sera e sembrava molto simpatico…ma soprattutto carino. Mi ha chiesto di andare al ballo con lui, probabilmente accetterò.»
Alzai un sopracciglio, confusa: «Scusa intendi il compagno di stanza di Aren? Quello che si ubriaca ogni sera?»
«Proprio lui. Ma non sembrava molto ubriaco…okay, forse un po’ lo era.»
La cosa non sembrava preoccuparla più di tanto, perciò decisi di non dargli troppa importanza. Dopotutto, sembrava un bravo ragazzo.
Stavamo per tornare in stanza alla fine delle lezioni, quando Aren ci raggiunse, con passo svelto e uno sguardo angosciato. Claire mi fece un occhiolino e ci lasciò soli, ma qualcosa mi diceva che il ballo non sarebbe stato l’oggetto della nostra conversazione.
«Buongiorno, Occhio di Falco! Tutto ok? Non sei venuto a colazione oggi»
«Ciao, Lys. Scusa, mi sono svegliato tardi questa mattina.» Strano, non era da lui. Continuò, sempre più serio: «Hai visto Loki, per caso?» La domanda mi colse di sorpresa. Da un po’ il dio si faceva vedere sempre meno, ma effettivamente, dal giorno prima, non l’avevo più incontrato.
«No, ora che ci penso è strano. Si fa vedere sempre meno.»
«Ecco, appunto. È da ieri che è scomparso. Anche gli altri dèi dicono di non averlo visto. Deve essere successo qualcosa.»
Vederlo così preoccupato mi angosciò. In ogni occasione cercava sempre di mantenere la calma, di pensare positivo. Questa volta, era diverso.
«Non è mai successo prima d’ora?»
«No. Quel rompiscatole è sempre stato in giro, ogni giorno, ogni ora. Oppure era al bar, a bere con Thor o insultare gli altri dèi. C’è qualcosa che non va, me lo sento.»
Per la prima volta il paranoico era lui, mentre io cercavo di rimanere calma. Con scarsi risultati, ovviamente.
«Okay, possiamo andarlo a trovare, no? Mi avevi detto che ogni dio aveva la sua stanza.»
Era così, infatti. Gli dèi non avevano bisogno di riposare, ma c’era comunque un dormitorio riservato a loro, per quando volevano stare soli. Aren annuì e, insieme, ci avviammo verso la camera del dio.
Una volta arrivati, bussammo alla porta, che al centro riportava il nome “Loki” scritto in alfabeto runico.
Nessun rumore, silenzio assoluto.
Bussammo nuovamente: nessuna risposta.
«Burlone, sei lì dentro?» Disse Aren, cercando di nascondere la preoccupazione nella sua voce.
Sentimmo dei rumori, ma nessuno aprì la porta.
«Loki apri, siamo noi. Non fare scherzi.» Dissi, bussando nuovamente.
La porta restò chiusa.
«Va bene, entriamo.» Aren era deciso.
«In che senso? La porta non è chiusa?»
«No, lui la lascia sempre aperta. Certo, chi entra potrebbe essere vittima di qualche scherzo o incantesimo, a suo rischio e pericolo.»
Un classico, avrei dovuto aspettarmelo da Loki.
Ma non mi interessava, a quel punto ero troppo curiosa. «Va bene, entriamo.»
Aren sorrise, mentre girò la maniglia della porta.
Si sentì uno scatto, poi si aprì.
Entrammo lentamente nella stanza. Sembrava che nessuno fosse al suo interno e, soprattutto, era molto disordinata. Questo me l’aspettavo, dopotutto era il dio del caos.
C’erano tanti libri, buttati per terra.
«Strano, li tratta sempre con cura.» Disse Aren, sempre più preoccupato.
In fondo alla stanza c’era un letto, con coperte rigorosamente verdi. Anche quello, completamente disfatto.
«Okay Loki, smettila di scherzare. Esci immediatamente, sappiamo che sei qui.» Non l’aveva chiamato Burlone, era davvero serio.
In quel momento la porta, che avevamo chiuso quando eravamo entrati per evitare che qualcuno ci scoprisse, si aprì.
Loki entrò, con una bottiglia di vino rosso in una mano e un calice pieno nell’altra. Sulle sue braccia, erano incisi segni strani.
Ci guardò, confuso.
«Oh, salve. Riunione di condominio?»
Aren non sembrò sollevato, alla vista del dio.
«Dove sei stato, Burlone? E da quando bevi vino?»
«Buongiorno anche a te, ragazzino. Ho scoperto che questa bevanda umana non è poi così male.»
«Non hai risposto alla prima domanda.»
«Da quando ti interessa dove vado?»
«Da quando scompari per un giorno intero senza dire nulla. Dove sei stato?»
«Allora, tanto per cominciare fai un bel respiro e ti calmi. Non sono tenuto a risponderti…ma non è niente di grave, tranquillo. Comunque potevate dirmelo che sareste venuti a trovarmi, avrei potuto offrirvi qualcosa…scherzo, non vi avrei offerto nulla.»
«E come avremmo potuto avvisarti, se non ti fai vedere da ieri mattina?» Risposi, incrociando le braccia.
Era sicuramente successo qualcosa e non voleva dircelo.
«Hai ragione. Dieci punti a grifondoro! Ops scusa, scuola sbagliata.»
Aren sospirò. «Sei stato da Odino, vero?»
A quella domanda, Loki cambiò immediatamente espressione e smise di scherzare.
Io ero semplicemente confusa, non capivo cosa avesse a che fare il Padre di Tutti con questa faccenda.
«E perché mai avrei dovuto? Andiamo ragazzino, ti stai preoccupando troppo.» Poggiò il calice di vino e la bottiglia sul comodino, sedensosi sul letto.
«Sentite, non è successo niente. Ero solo al bar, probabilmente non mi avete notato.»
Io e Aren ci guardammo, non eravamo per niente convinti.
«Non eri al bar, Burlone. Thor è sempre lì, ha detto di non averti visto. Che cosa hai fatto?»
«Aren, smettila di essere paranoico.» Era la prima volta che lo chiamava per nome. Quando lo faceva, era davvero serio.
Poi continuò: «Ora voi andate, iniziate a pensare al ballo mentre bevete qualcosa al bar, e noi ci vediamo più tardi. A proposito, ci andrete insieme, vero?» Un sorrisetto spuntò sul suo volto.
Aren sgranò gli occhi: «Ehm…forse, non lo so, non ci avevo pensato...» Era molto nervoso.
«Stai scherzando, spero. Ragazzina, trovati un compagno migliore, che questo è un po’ scemo, fidati.»
Mi fece sorridere. Sembrava tornato il rompiscatole di prima.
«Okay Burlone, hai bevuto troppo vino. Vedi di non sparire di nuovo, ci vediamo più tardi. A dopo!»
Si girò, avviandosi verso la porta.
Loki mi fece l’occhiolino e mi salutò con la mano: «A dopo, piccioncini!»
Sorrisi, ignorando il modo in cui ci aveva chiamati, e seguii Aren.
Una volta fuori dalla stanza, sembrava nervoso.
«Scusa se non te l’ho chiesto prima, ma ero preoccupato per questa situazione e non ci ho più pensato. Ti va di venire al Canto d’inizio con me?»
Perfetto, ero diventata nervosa anch’io. Avevo sperato che me lo chiedesse, ma in quel momento non sapevo come comportarmi.
«Sì, certo…mi piacerebbe molto.» Cosa avevo appena detto. Me ne pentii subito dopo. Ma come si può rispondere in questo modo? Ero troppo agitata per pensare a una frase migliore, comunque.
Lui, forse percependo la tensione, sorrise: «Ottimo, avevo paura che qualcun altro te l’avesse già chiesto…è la prima volta che vado al Canto d’inizio con qualcuno, sai?»
Si, era decisamente nervoso quanto me. E si, eravamo due idioti che si comportavano come ragazzini.
Ma alla fine, con un esempio come Loki, la serietà non era il nostro forte. Decisi di salvare, o almeno di provarci, quella situazione imbarazzante: «Davvero? Non me l’aspettavo. Che ne dici di andare al bar a bere qualcosa?»
Il dio burlone aveva una pessima influenza su di noi, comunque. Ma proprio come diceva lui, “Con una bella bevuta, si risolve tutto”.
Aren annuì, così ci incamminammo verso il bar.
Arrivati lì c’era una gran confusione. Di pomeriggio c’erano sempre tanti studenti, ma soprattutto dèi, che amavano dar fastidio.
In particolare c’era Honir, soprannominato il taciturno. Aren e Loki avevano ragione quando me l’hanno presentato: non tace mai.
Parlava animatamente con un gruppo di ragazzi, seduti al tavolo davanti al nostro. Quando ci notò, si congedò rapidamente da loro e si sedette tra di noi, afferrando una sedia da un altro tavolo. Aveva i capelli biondi e lunghi, raccolti in una treccia, così come la barba. Era robusto, ma non quanto Thor. Lo guardammo, confusi.
«Salve ragazzi! Come state? Spero bene. E con Loki, tutto okay?»
Faceva decisamente troppe domande, chissà da dove derivava il soprannome “taciturno”. Ma aveva chiesto di Loki, forse ne sapeva qualcosa?
«Ciao, Honir! Tutto bene grazie.» Rispose Aren. Poi mi fece un occhiolino che il dio non notò, essendo troppo impegnato a svuotare un corno di idromele, e continuò: «Anche Loki sta bene, come sempre, ma perché ce lo chiedi?»
Si ripulì la barba dai residui della bevanda che aveva appena consumato e, con estrema innocenza, rispose: «Ah, sono felice di saperlo. No niente, è solo che…sarà stata una giornata difficile per lui, tutto qui»
Guardai Aren, preoccupata, e decisi di intervenire: «Cosa intendi per “giornata difficile”?»
Forse si era reso conto di aver già parlato troppo, ma la sua loquacità eccessiva gli impediva di fermarsi.
E, soprattutto, l’avremmo costretto a dirci tutto.
«Ma niente di che, il capo l’ha chiamato per una cosa…sicuramente voi lo sapete» per “capo” intendeva sicuramente Odino. Aren aggrottò le sopracciglia.
«Si, certo che lo sappiamo. Credevamo che fosse successo qualcos’altro»
«No ragazzo, tranquillo…era solo una piccola pena da scontare, tutto qua»
La preoccupazione cresceva. E quel Burlone non ci aveva detto niente.
«Che tipo di pena?» Chiesi. «Non sappiamo proprio tutti i dettagli»
«Nemmeno io, se devo essere sincero. Però so che ora non può più usare tutti i suoi poteri. Il capo avrà usato qualche runa per bloccarli, tutto qui»
Questo spiegava i simboli strani sulle braccia.
«Non sai altro, Honir?»
«No ragazzo, se lo sapessi ve lo direi. Si vede che ci tenete tanto a lui. Sapete che ora ha iniziato a bere vino? Non mi sembrava il tipo, ha sempre preferito l’idromele. Chissà se il capo gli ha impedito di berlo.»
Si grattava la barba, forse in un vano tentativo di ricordare qualcos’altro che sicuramente non avrebbe dovuto dirci.
Intanto Aren aveva finito il suo caffè e io il mio cappuccino, quindi lo salutammo velocemente e decidemmo di andarcene.
«A dopo, ragazzi!» E tornò a infastidire altri studenti.
Aren era di nuovo nervoso. Aveva indovinato: Loki era stato da Odino. Andammo nella mia stanza, per parlarne meglio.
«Io lo sapevo, quel Vecchio maledetto. Mi sembrava strano il fatto che ci avesse lasciati andare tutti e tre, senza farci pagare le conseguenze di ciò che era successo. E ovviamente ha dovuto scontarle il Burlone, lo stesso che se ne torna tranquillamente dopo un giorno con un calice di vino. “La scure non ti attende” perfido vecchio bugiardo!»
Girava in tondo, recitando il suo monologo.
Io ero seduta sul mio letto, con le gambe incrociate, cercando di trovare le parole giuste.
«Ma non capisco…perché è scomparso per una giornata intera?»
«Quelle rune che gli bloccano i poteri sono incise, Lys. Sono come ferite. Probabilmente non voleva che le notassimo.»
«Quindi quei segni non se ne andranno mai?»
«Probabilmente no. Come quelli che ha sulle labbra, li hai notati?»
Certo che li avevo notati, ma non ho mai avuto il coraggio di chiedergli come se li fosse procurati.
«Sì. Anche quella era una punizione?»
«Lo era, più o meno. Loki aveva scommesso la testa con i nani e, naturalmente, aveva perso. Così per salvarsi disse a Brokk, il fabbro, che poteva tagliarli la testa ma non il collo, perché non faceva parte dell’accordo.
E ovviamente, la cosa è impossibile. Il nano allora disse che con la sua testa poteva farci qualsiasi cosa. Così tirò fuori ago e cuoio e decise di cucirgli le labbra. I segni, come vedi, non sono andati via e non lo faranno mai.»
«E Odino ha permesso tutto questo?»
«Ha fatto anche di peggio, tranquilla. Ma non intendo traumatizzarti troppo.»
Ormai l’aveva fatto. Decisi di non insistere, almeno per quella sera. Poi Aren cambiò improvvisamente argomento: «Comunque, hai ancora le foto del libro?»
«Certo, perché?»
«E se ballassimo quella canzone?»Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira
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Evara - Il dono di un dio
Fantasy"Non ho mai saputo ballare. Non sono mai stata capace di seguire il ritmo della musica, di lasciarmi andare. «Nemmeno io so ballare, ma a chi importa?» Diceva lui. Eppure, era il miglior ballerino che io avessi mai visto. Ma forse ero un po' di part...