Last Chance

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Mi svegliai circa tre ore dopo, ricoperto di sudore e con un dolore al collo insopportabile. Mi scrocchiai il collo e cercai di capire dove mi trovassi. Kevin al mio fianco era assorto in una densa videochiamata. -No, non credo di esserci- stava dicendo. Quando si accorse che ero sveglio mi sorrise -Buongiorno- Gli sorrisi a mia volta, guardandomi attorno. L'ambiente era molto più calmo e in tanti, come me, dormivano beatamente. Mi girai verso i posti infondo, cercando Vincent con lo sguardo ma senza trovarlo. Mi stropicciai gli occhi, dando la colpa alla scomoda dormita che mi ero fatto. Riconobbi molti dei suoi amici, ma di lui nessuna traccia. Non poteva essere andato molto lontano, ma il bus era abbastanza grande da permettermi tranquillamente di perderlo di vista. Iniziai a dimenarmi sul sedile, cercando di trovare una posizione comoda. Mi faceva male la schiena e avevo un gran bisogno di muovere le gambe. -Kevin, hai visto uno dei tipi infondo spostarsi? – Chiesi innocentemente. Lui mise il muto alla chiamata e ci pensò un secondo -Ah sì, uno di loro soffriva di mal d'auto e l'hanno spostato davanti- Annuii e lo ringraziai. Era il momento perfetto per parlargli indisturbatamente. Prima di cambiare idea chiesi a Kevin di farmi passare -Devo parlare con il prof- Gli spiegai mentre lo scavalcavo. Lui non mi prestò attenzione, impegnato nella sua conversazione al telefono. Avanzai lentamente verso i posti davanti, cercando di non cadere. Individuai Vincent, seduto da solo ad un paio di sedili indietro rispetto ai professori. Attorno a lui non c'era nessuno, infatti erano tutti ammassati infondo all'autobus. Per una volta mi fece comodo. Era dalla parte del corridoio, quindi se volevo parlarci ero costretto chiedergli di farmi spazio. Effettivamente notai che era un po' in difficoltà. Aveva la testa appoggiata al sedile davanti e respirava ritmicamente. Presi un respiro e mi avvicinai, sempre attento a non cadere -Vincent- Lo chiamai quando gli fui accanto. Lui non mi degnò di una risposta, quindi riprovai. Finalmente alzò lo sguardo su di me. I suoi occhi trovarono i miei e trattenni il respiro. Cercai di non darlo a vedere, ma mi sfuggii un sorriso, che soppressi fissandomi le mani. -Cosa vuoi? – Domandò secco. Nonostante il tono infastidito e la poca felicità nel parlare con me, non poteva spegnere il luccichio che si era insinuato nei suoi occhi nel momento in cui mi aveva visto. -Devo parlarti- Lui scosse la testa e sorrise, sarcastico -Oh non dirmelo, adesso sei tu che vuoi parlare? – Avvampai, pieno di vergogna -Per favore- sussurrai. L'ultima cosa che avevo intenzione di fare era mettermi a implorare il suo perdono, però aveva tutte le ragioni per trattarmi in quel modo, quindi non gliene feci una colpa. Tutto quello che volevo era recuperare il rapporto che avevo con lui prima di quel maledetto bacio. Lui sbuffò, ma si spostò nel sedile accanto, lasciandomi spazio. Mi accomodai senza esitare, preoccupato che potesse cambiare idea. -Quindi? – Chiese senza guardarmi. Sospirai -Non sarei dovuto sparire, mi dispiace- Non mi preoccupai nemmeno di poter sembrare patetico, ero troppo impegnato a scegliere le parole giuste da usare per non farmi mandare affanculo. Non rispose, si limitò a fissare fuori dal finestrino con aria assente -Vincent mi dispiace davvero, so che sei arrabbiato e lo capisco, però per favore ascoltami- Chiuse gli occhi un momento e sospirò, per poi girarsi verso di me. Non sembrava arrabbiato, solo stanco e parecchio nervoso -Ti ascolto- disse con voce piatta. Mi schiarii la voce, senza riuscire a mantenere il contatto visivo -Sono stato un vero stronzo- iniziai. Lui annuì con troppa convinzione -Questo l'ho notato- Ignorai il suo commento e proseguii – Non ho nessuna giustificazione se non che ero terrorizzato- Cercai di mantenere almeno un tono dignitoso, ma la voce mi si incrinò, costringendomi a fermarmi. Appoggiai la testa dove poco prima la teneva Vincent e mi fissai le scarpe -Ti chiedo di dimenticare cos'è successo quella sera- Il petto faceva male, ma la vocina nella mia testa gridava che era così che doveva andare. -No- sussultai, girandomi verso di lui. La sua espressione era cambiata così come l'atmosfera. -Posso decidere se perdonarti o no, posso ignorarti ed essere arrabbiato con te per sempre, ma non ho intenzione di far finta che non sia successo- Strinsi i denti -E allora cosa vuoi? – Chiesi incredibilmente freddo -Voglio che ammetti a te stesso cos'è successo sabato- Rimanemmo in silenzio un momento, mentre mi trattenevo dall'andarmene. -Ero ubriaco- sussurrai per niente convinto. Vincent rise -No non lo eri. E non lo ero neanche io- Scossi la testa, rifiutandomi di aprir bocca. Non riuscivo a spiegarmi come potesse essere così spietato. L'avevo baciato. Ma non l'avrei mai ammesso ad alta voce, soprattutto non a lui. Più i secondi passavano più venivamo schiacciati da un macigno. -Nico- sussurrò. Mi girai lentamente verso di lui, temendo il peggio. Si era avvicinato pericolosamente e nei suoi occhi c'era tutto tranne che rabbia. Mi resi conto che era disperato quanto me, ma soprattutto che non aveva nessuna intenzione di darmela vinta. -È stato un incidente, non lo volevo e sono sicuro non lo volessi neanche tu- Tentai. Sorrise -Parla per te, io non mi pento di niente. In più ti conviene farti un bell'esame di coscienza, perché ti assicuro che lo volevi eccome- Mi allontanai da lui di scatto, preso contro piede. Volevo spiegargli che la questione non era se lo volessi o meno, ma se fosse giusto o no. E la risposta era no. Lo volevo anche in quel momento ad essere sinceri. Proprio per questo mi alzai. -Non posso darti quello che vuoi, Vincent, mi dispiace- Lui non si scompose, ma prima che me ne andassi mi afferrò il braccio -Hai due giorni, se entro domani sera non fai pace con il cervello, io e te abbiamo chiuso- Mi tirò verso di lui -Definitivamente- mi sussurrò. Infine mi lasciò andare e io me ne andai anzi, scappai. Kevin aveva finito la sua telefonata e se ne stava tranquillo a fissare il vuoto. Tornai al mio posto con urgenza sovrumana. -Tutto bene? – Mi chiese osservandomi. Annuii, girandomi verso il finestrino. Il paesaggio stava cambiando, e presto saremmo arrivati in un altro stato. Chiusi gli occhi, cercando di mescolare tutte le voci attorno a me. Ero in panico. Era andata esattamente come avevo cercato di evitare. Mi sentii un codardo, ma allo stesso tempo sapevo che non sarei mai stato in grado di ammettere le mie colpe senza essere travolto da Vincent. Era stato uno scambio crudo e doloroso, ma soprattutto chiaro. Se non avessi accolto i miei sentimenti per lui, mi avrebbe tagliato fuori dalla sua vita senza esitare. E io non lo volevo. Non riuscivo a capire cosa mi spaventasse all'idea di non averlo fra i piedi. Forse perché grazie a lui avevo conosciuto un sacco di persone, forse perché mi aveva sempre aiutato e sostenuto nonostante non glielo avessi mai chiesto o forse perché senza volerlo era diventato parte fondamentale delle mie giornate. Quella settimana era stata un incubo e la colpa era della sua assenza. Con lui non mi sentivo giudicato e questo non mi succedeva quasi mai. Però ne valeva davvero la pena? Ripensai alle parole di mio padre a riguardo e mi vennero i brividi. Quel ragazzo aveva spazzato via ogni mia idea, lasciandomi con un mucchio di cenere. Non mi erano comunque chiare le sue condizioni. Mi sarebbe bastato ammettere di averlo baciato e che mi fosse piaciuto? Ne dubitavo fortemente, ma per il momento decisi di non pensarci. Anzi, di spegnere il cervello. Kevin picchiettava ritmicamente le dita sul bracciolo, dandomi i nervi. -Con chi sei in stanza? – Gli chiesi cercando di iniziare una conversazione. I suoi occhi si accesero, come se avessi attivato un interruttore. Mi nominò un ragazzo mai sentito prima e io annuii di nuovo. Iniziò a descrivermi i progetti che aveva in mente di attuare durante la gita, continuando a parlare di gente a me sconosciuta. Cercavo di seguirlo nei suoi ragionamenti intricati, ma alla fine mi ritrovai con la testa fra le nuvole. A Kevin non sembrava dispiacere, infondo parlava come se fosse da solo. Le ore successive passarono velocemente: avevo trovato una posizione abbastanza comoda e avevo instaurato con il mio vicino un rapporto abbastanza sereno. Mi ero sorpreso addirittura a ridere di qualche sua battuta e a condividere con lui alcuni aneddoti. Vincent tornò al suo posto qualche ora dopo, lanciandomi un'occhiata indifferente. Mi ammutolii di colpo, sprofondando nel sedile. -È lui il ragazzo che cercavi prima? – Chiese Kevin girandosi verso di lui -No, cioè sì ma niente di importante- Tornò a guardarmi -A me non sembra, che è successo? – Mi irrigidii -Non ti riguarda, comunque come ho detto non è niente di importante- Alzò le mani in segno di resa -Non volevo farmi gli affari tuoi, è solo che sembri parecchio scosso- non risposi e mi girai verso il finestrino. Qualche minuto dopo tornò all'attacco -Sei in stanza con lui? – Chiese girandosi indietro -No- Non contento della mia risposta ritentò -Ci hai litigato? – Stava iniziando davvero a darmi fastidio -Kevin smettila, non è successo niente- Sembrò arrendersi, invece ebbe un'illuminazione -È quello di cui mi ha parlato Miriam, vero? – Sussultai -Che ti ha detto? – Kevin sorrise, contendo di aver ottenuto la reazione che sperava -Ha detto che è colpa sua se l'hai mollata- Risi -E come avrebbe fatto? Che stronzata- Speravo concordasse con me, invece mi rispose a tono -Miriam è convintissima che quel ragazzo ti abbia fatto il lavaggio del cervello- Mi uscii una risata nervosa che non avevo deciso di esternare. -Vincent non c'entra proprio niente. Stare con Miriam era diventata una tortura, niente di più- Non mi resi conto di essermi messo sulla difensiva -Non secondo quello che dice lei. L'ultima novità è che vi hanno beccati in bagno insieme- Sentii le guance andare a fuoco -N-Non è mai successo niente del genere. Sono queste le voci che si sentono in giro? – Lui annuii innocentemente. -Per me non c'è nessuno scandalo. Siamo nel ventunesimo secolo, non nel medioevo- Chiusi gli occhi, cercando di mantenere la calma -Te l'ho già detto, non sono gay. Non ascoltare certi pettegolezzi- Lui sollevò le spalle -In realtà di solito non lo faccio, ma la tua reazione ne è valsa la pena- Sorrise, tirando fuori il cellulare -Non preoccuparti, di solito nessuno da ascolto a Miriam, si sa che le piace raccontare stronzate- Ringraziai il cielo di questo. Mi rannicchiai contro il finestrino. Che fosse stata Miriam o meno a dirlo in giro, era grave. Se qualcuno avesse scoperto che le dicerie su me e Vincent non erano del tutto false, la mia vita sarebbe finita per sempre. Motivo in più per stare lontano da lui. 

My Dear GodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora