La visita al museo passò velocemente e senza problemi. Riuscii a spegnere i pensieri e a concentrarmi su quello che il posto aveva da offrirmi. Il museo non era troppo grande e non aveva niente di speciale, era solo molto vicino al nostro alloggio, e quindi meritava di essere esplorato. Lo trovai davvero interessante, infatti le opere esposte erano moderne e parecchio originali. Mi ero impegnato ad evitare Vincent e lui me lo permise senza problemi. Quasi rimasi deluso quando non tentò di approcciarmi in nessun modo. A che gioco stava giocando? Cercai di godermi la Francia che ci era permesso di visitare, anche se in solitudine. A metà giornata tornammo in hotel, dove ci assegnarono i posti in sala da pranzo. Con mio grande scontento mi ritrovai con Jim e Kevin, insieme ad altre persone che non conoscevo o che avevo solo visto di sfuggita. Mi sedetti accanto a Kevin, che era rimasto l'unico a non darmi del tutto sui nervi. -Oi Nico, com'è la tua stanza? In quella di Tom hanno trovato della muffa- Gli sorrisi, non avendo la minima idea di chi fosse Tom -Mi sembrava troppo bello questo posto per gli standard della scuola- Suscitai la risatina di qualcuno -Non hai tutti i torti, comunque muffa a parte non è male, si sta bene- Mi rispose lui. Una ragazza lo interpellò -Ho sentito che nel piano dei ragazzi c'è stato molto casino, delle prof si sono lamentate- Kevin ridacchiò -Ci puoi scommettere, quelle stronze però non hanno avuto il coraggio di ficcanasare- Jim si intromise -Nessuno ha dato di matto? Mi sembra strano conoscendovi- L'unico ideale che io e lui condividevamo era il poco apprezzamento per il tipo di divertimento preferito dai nostri compagni: droga e alcool? No grazie. In questo Vincent però mi stava condizionando in negativo, ma comunque se era lui a farlo non mi sembrava tanto sbagliato, lo faceva anzi sembrare quasi simbolico, come se certi vizi fossero un suo tratto distintivo. Jim mi lanciò un'occhiata – Io e il mio compagno di stanza abbiamo preferito rimanere tranquilli- Sapeva bene che nessuno mi aveva invitato da nessuna parte, la sua era pura provocazione. Ci aveva preso gusto a ricordarmi che per quella classe contavo meno di zero. La ragazza sembrò confusa -Chi è il tuo compagno di stanza? – Abbassai la testa, rifiutandomi di rispondere a quella descrizione. Non ce ne fu bisogno, Jim rispose per me -Ma come? Nico ovviamente. Ieri sera era troppo stanco per uscire- Sentii le guance riscaldarsi e il nodo nel petto stringersi. Calò uno scomodo silenzio e io continuai a fissare il mio piatto, senza aprir bocca -In quanti eravate? – Riprese Jim facendo finta di niente. Quando la tensione si allentò, cercai con lo sguardo Vincent tra i tavoli. Jim stava cercando di umiliarmi, e a modo suo ci stava riuscendo. Probabilmente se Vincent fosse stato fra di noi, avrebbe preso le mie difese. O forse era solo una mia fantasia delirante basata su un'amicizia che quasi sicuramente era giunta al termine. Quel ragazzo mi faceva sentire debole, come se avessi avuto davvero bisogno di qualcuno che mi difendesse. In mezzo ai suoi discorsi Jim includeva sempre qualche frecciatina col mio nome sopra, ma tentai di ignorarlo. Ogni commento su di me suscitava un silenzio pesante che veniva mantenuto abbastanza da farci sentire tutti a disagio prima che Jim stesso lo colmasse cambiando discorso. La ragazza, Caroline, dopo il secondo commento dispregiativo riferito a me smise di fissarmi, spostando le sue occhiate a Jim. Probabilmente il disagio che stava creando iniziava a provocare l'effetto contrario a quello desiderato, tenendo conto di quanto ci stesse andando giù pesantemente, senza nessuna intenzione di trattenersi. In quel momento l'unica cosa che pensavo era che mi sentivo male e che volevo andarmene, per poi sostituire quel pensiero con la vergogna di avere tutti quelli sguardi addosso ad ogni occasione. Il bastardo stava giocando sul fatto che in quel tavolo eravamo gli unici della nostra classe e che lui li conoscesse comunque tutti, mentre io ero un pesce fuor d'acqua. La mia unica fortuna era che però non erano tutti tanto malvagi e alla fine riuscii anche a scambiare qualche parola qua e là, cercando sempre di evitare i commenti di Jim, che mi trapassavano da parte a parte. Verso la fine del pranzo finalmente notai Vincent, seduto con il suo solito gruppo. Sta volta però era seduto vicino da una ragazza, che purtroppo avevo la fortuna di conoscere. Si chiamava Ada, ed era la classica figlia di papà a cui tutto era dovuto, ricca sfondata com'era. Vincent non era davvero il tipo da frequentare ragazze del genere. Mi corressi: non era il tipo da frequentare ragazze. Effettivamente non ci avevo mai pensato, ero sempre stato sicuro dell'attrazione che provava nei miei confronti perché non l'aveva mai nascosta, ma non sapevo se fosse effettivamente gay o se ero un'eccezione. L'unico indizio che mi portava a credere che fosse gay, oltre alla storia con me, era Lucas, di cui dopo quella notte non avevo più avuto notizie. Vincent mi aveva accennato in alcuni messaggi che mi avrebbe spiegato tutto, ma alla fine le cose non sono andate molto lisce. Ada adesso sembrava più interessata che mai e lui ricambiava l'entusiasmo. Avevo già provato la gelosia quando Lucas lo aveva baciato, ma ora la sensazione era diversa. La "normalità" non gli si addiceva, mi resi conto che un Vincent normale non mi sarebbe piaciuto. In quel momento però, non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella scena tanto fastidiosa. Incrociai il suo sguardo e mi venne la pelle d'oca. Nessuno dei due lo distolse e lui smise di rispondere alla ragazza al suo fianco. Sentii d'abitudine le guance scaldarsi e il respiro farsi pesante. Eravamo lontani, eppure vedevo il luccichio nel suo sguardo, tanto chiaramente che mi chiesi come potesse essere possibile avere un viso tanto facile da leggere. Ada cercava di attirare la sua attenzione, ma lui non rispondeva ai suoi richiami, quindi si girò anche lei verso di me, per capire cosa avesse attirato la sua attenzione. Senza rendermene conto avevo completamente smesso di partecipare alla conversazione del gruppo, infatti Kevin mi picchiettò sulla spalla -Che guardi? - Non riuscii a vedere la reazione di Ada nel vedermi perché distolsi immediatamente lo sguardo. Sperai che non avesse visto dove erano indirizzate le mie attenzioni, ma era troppo tardi -È un tuo amico quello? Aah, è il ragazzo che cercavi in bus, vero? – Pensavo che peggio di così non potesse andare, invece Jim si intromise, dandomi il voltastomaco -Chi è? – Chiese a Kevin improvvisamente concentrato. L'altro ci pensò un secondo mentre io volevo disperatamente sprofondare nel pavimento -Non mi sembra ci conoscerlo, l'ho solo sentito nominare in qualche voce di corridoio, com'è che si chiama? – Si rivolse a me, ma a rispondere ci pensò Jim, illuminato dall'intuizione della vita -Si chiama Vincent- il suo sorrisetto soddisfatto era rivolto a me, che l'avrei volentieri preso a schiaffi. Non contento proseguì -È un caro amico di Nico, nell'ultimo periodo si dice in giro che siano diventati parecchio... intimi- Lo stomaco mi si contorse e per un secondo pensai di dover vomitare. Il danno era fatto. Kevin si mise a ridere – Seriamente credi a queste storie? Seguendo quello che dici anche io e te siamo intimi- Gli fece l'occhiolino e lui rispose con una smorfia. Caroline intervenne -Non vedo comunque cosa ci sarebbe di male se fosse così, che problema ti creerebbe? – gli chiese acidamente. Ci mancava solo che mi facessi difendere da una super alleata lgbt. Ormai sembrava che la conversazione non esigesse il mio intervento visto che avevo i miei avvocati personali. Scossi la testa e interruppi i loro dibattiti sulla lgbt -Non so neanche se ci si può definire amici- tentai -Lo conosco e basta- Jim scosse la testa -Eppure sono in tanti che sostengono il contrario. Non fraintendermi però, di solito non ascolto certi pettegolezzi. È un'eccezione- Rimasi in secondo con la bocca asciutta e d'istinto mi chiusi a riccio, tentando di difendermi. Mi sfuggii una risata strozzata -Vorrei davvero sapere cosa ti ha convinto a crederci questa volta- Sperai che mi tirasse fuori qualche stronzata per la quale avrei potuto ridergli in faccia, invece mi lasciò di stucco -Non siete stati molto discreti: Ti hanno visto salire sulla sua macchina in più occasioni, siete andati insieme a più di una festa e una volta siete spariti in bagno insieme per più di mezzora, la gente cosa dovrebbe pensare? – Ringraziai il cielo che nessuno ci avesse visto in quel cortile, la sera in cui l'avevo baciato. Deglutii, tutti mi stavano guardando quindi cercai velocemente le parole giuste per difendermi -Questo indica solo che non sei capace di farti gli affari tuoi, ti rendi conto che hai elencato solo pettegolezzi farciti di stronzate? – Lui aprì la bocca ma lo interruppi subito -Mi dispiace se la tua vita è così noiosa, ma non troverai nessuna soddisfazione nel curiosare nella mia- Jim abbassò lo sguardo e non rispose, ammettendo la sconfitta. L'atmosfera era gelida, ma sentii che per una volta le persone attorno a me mi stavano dando ragione. Kevin sprofondò nella sedia e fece un sorriso tirato -Mi sento in mezzo a due trincee, vi lasciamo soli con i coltelli o...? – Caroline ridacchiò, visibilmente compiaciuta – Jim tesoro, sta volta hai fatto un buco nell'acqua- Grazie all'intervento di Kevin la conversazione si alleggerì e cambiò soggetto. L'ora di pranzo finì e la sala iniziò a svuotarsi. Jim continuava a fissarmi con la morte negli occhi e le guance ancora rosse di vergogna. Solo quando la sua attenzione diminuì tornai a respirare e mi sentii abbastanza tranquillo da guardarmi attorno. Ero probabilmente il volto della stanchezza e faticavo a rimanere composto: la paura di essere giudicato colpevole mi aveva prosciugato tutte le energie. Cercai Vincent al suo tavolo, che trovai vuoto. Mi alzai e salutai Kevin e Caroline. Jim non avevo motivo di salutarlo, ormai la farsa era uscita allo scoperto e il nostro scontro era ufficialmente aperto. Uscii dalla sala a passo svelto ma qualcosa mi afferrò il polso. Sussultai e mi girai di scatto: Vincent mi aveva aspettato appena fuori dalla sala, quasi fosse stato uno stalker. Non avevamo mai parlato dopo la volta in pullman, e mi sentivo a disagio. -Cosa c'è? – Gli chiesi senza ritrarre la mano. -Stai bene? – Mi chiese in un sussurro. Sentii il volto andare a fuoco e il cuore battere all'impazzata. Annuii ma non riuscii a guardarlo negli occhi. -Sembravi in difficoltà, sei sicuro che vada tutto bene? – Eravamo davanti all'entrata della sala e avevo paura che Jim e gli altri uscissero. -Non qui- Gli dissi afferrandogli il braccio. Lo trascinai in un angolo vuoto di fianco all'uscita, lontano dal vociare che proveniva dal cortile, dove gli studenti si stavano riunendo in vista dell'uscita che sarebbe iniziata da li a poco. Vincent si lasciò guidare senza esitare e quando ci fermammo mi sorrise, lasciandomi intravedere il rossore che si stava espandendo sul suo viso. -C'è un problema- borbottai distogliendo lo sguardo. Lui si incupì -Penso di sapere quale, mi sono arrivate la voci- Le mani iniziarono a tremarmi e con loro anche la voce -Le hai confermate? – Lui si mise a ridere -Secondo te? – Sussultai, allarmato -Le hai davvero confermate?!- Ripetei alzando la voce. Il suo sorriso sparì -Certo che no, a malapena riesci ad ammettere che ti piaccio, non credo tu voglia farlo sapere alla scuola- Lo stress si alleviò leggermente, per poi travolgermi nel momento in cui realizzai le sue parole -Non dire così- Vincent si affacciò sul corridoio e si guardò attorno, assicurandosi che non ci fosse nessuno, per poi tornare a concentrarsi su di me -Neanche a me va a genio l'idea che tutti sappiano gli affari miei, quindi dobbiamo essere discreti almeno per ora- Scossi la testa -Non c'è niente che possono fare, d'ora in avanti non avranno più alcun materiale contro di noi- Mi resi conto che gli stavo ancora tenendo il braccio, quindi mi scostai. Lui si irrigidì -Che intendi per "contro di noi"- Mi rifiutai di alzare lo sguardo, rosso di vergogna com'ero -Stanno raccontando un sacco di cazzate e il motivo è che glielo abbiamo permesso, quindi dobbiamo eliminare il problema dalla radice- Lui sbuffò dimostrandomi tutto il suo dissenso -Immagino che tu non ti riferisca allo stare più attenti- La sua espressione ferita mi spezzò il cuore, ma mi imposi di ignorare la sensazione stritolante che mi stava inondando il petto. -No, sai cosa intendo- Lui annuì e il suo sguardo si spense ulteriormente, lasciando spazio ad un vuoto che gli incupì tutto il viso. Mi girò le spalle ma prima di allontanarsi mi lanciò un'ultima occhiata -Hai comunque tempo fino a mezzanotte per cambiare idea, la mia stanza sai qual è- La sua voce era gelida, completamente diversa da quella dolce e calda che aveva usato poco prima. Mi diede i brividi. Quando fu sparito dalla mia visuale, mi appoggiai al muro dietro di me e chiusi gli occhi. Mi concentrai sul mio respiro e cercai di calmare il battito del mio cuore. Mi stavo spezzando dall'interno e sembrava non ci fossero alternative. O io o lui, mi ripetei. Eppure anche respirare era doloroso sapendo che gli stavo spezzando il cuore. Come avrei voluto che le cose fossero state diverse, ad esempio se lui fosse stato una ragazza. Ma Vincent era un uomo e io anche, quindi non c'era niente da fare.
-Sta volta capitolo lungo, spero che vi faccia piacere. Sto davvero apprezzando gli obbiettivi che piano piano sto raggiungendo con voi, quindi non posso fare a meno di ringraziarvi <3-
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My Dear God
RomanceVincent è un ragazzo strano, lo sanno tutti. Nico è un ragazzo strano ma nessuno lo saprà mai. Nico odia i gay. Vincent no, direi di no. Nico ama odiare tutti. Vincent vorrebbe odiare di meno e amare di più. Vincent ansima il suo nome. Nico gli dice...