Reason Or Desire? This Is The Question

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Due giorni dopo tornai a scuola, dopo essermi preso una giornata libera dandomi per malato. Non ne avevo per niente voglia dopotutto. Mi aspettava una bella giocata a nascondino contro Vincent se volevo sopravvivere. Mi assicurai di arrivare insieme al prof, in modo da non aver tempo di interagire con nessuno. Negli ultimi giorni la mia vita scolastica era cambiata completamente. Aver lasciato Miriam mi aveva tolto un bel po' della poca popolarità che avevo, rendendomi una specie di fantasma agli occhi dei miei compagni, ma poco importava. D'istinto cercai Vincent con lo sguardo. Era al solito posto con la testa appoggiata al banco e gli occhi semichiusi. Non potei fare a meno di osservarlo, in tutta la sua naturalezza. Guardandomi intorno lui era l'unico che si comportava come se non avesse un copione da seguire. Purtroppo non potevo biasimare nessuno, ero esattamente come loro: finto. Era vestito in modo molto più semplice del solito, con una felpa nera e un paio di cargo grigi e larghi. La prima volta che lo avevo analizzato, settimane prima, aveva la stessa espressione serena, come se nessun male potesse disturbarlo nel suo piccolo mondo. Il professore quando gli passò di fianco gli diede un colpetto sulla spalla, svegliandolo di colpo. Qualcuno dietro di lui ridacchiò. Mentre recuperava coscienza del mondo attorno a sé, incrociò il mio sguardo. All'improvviso era del tutto sveglio. Non lo distolse, rimanemmo a guardarci per qualche secondo. Prima che il professore richiamasse la nostra attenzione, mi sorrise. -Posso avervi attenti per un secondo? – Ringraziai il cielo che quel contatto fosse finito, non sarei stato capace di mantenerlo oltre senza pentirmene. Quel ragazzo era pericoloso quanto una pistola carica che non sapevo usare. Il prof continuò a parlare -Come ben sapete fra qualche giorno partiremo per la gita di fine anno e volevo farvi sapere che le coppie per le stanze sono state controllate e approvate- Con disgusto mi ricordai che, qualche mese prima, io e Jimmy avevamo deciso di farci mettere in stanza insieme. Guardai Vincent, chissà lui con chi era. L'idea di non saperlo mi turbava. -Sfortunatamente un vostro compagno non potrà essere presente a causa di suoi problemi personali, perciò uno di voi dovrà rimanere da solo. Mi spiace Gregory- Oh. Sarebbe stato da solo. Ero sollevato, molto anche. Non osai analizzare questa sensazione e i suoi motivi. Lui almeno non avrebbe dovuto fare i conti con il fratello della sua ex. Ex che mi aveva appena lanciato un'occhiataccia per nessun motivo apparente. Dio come odiavo quel posto. Erano mesi che aspettavamo quella gita, io soprattutto. Nonostante tutte le proteste da parte degli altri, io non vedevo l'ora di visitare tutti i musei che avevano promesso. Non l'avrei mai detto a nessuno, ma avevo sempre avuto una passione per gli affreschi, soprattutto per tutte quelle rappresentazioni della religione cristiana, sempre fedeli alla tradizione ma con quel dettaglio che differenzia pittore a pittore. Peccato che stare in hotel avendo un compagno di stanza orribile e sapendo che la soluzione ci sarebbe, non mi avrebbe fatto bene. Come se ce ne fosse bisogno, il mio buon senso si divise in due: La soluzione per il problema Jimmy e il problema Vincent. In poche parole dovevo decidere di che morte morire. Avevo la sensazione che se avessi chiesto a Vincent di dividere la stanza con me avrebbe accettato senza farselo ripetere due volte. E questo era il problema. Quando il prof incominciò la lezione mi abbandonai sulla sedia. Dio che situazione. Lanciai un'occhiata a Jimmy, che scarabocchiava sul banco, sovrappensiero. Poi guardai Vincent, che pur di non seguire la lezione si sarebbe messo a contare le particelle di polvere. In quel caso era concentrato a fissare fuori dalla finestra. Mi chiesi cosa stesse guardando. Era sempre distratto ora che ci pensavo. Ovviamente tranne quando doveva fare il playboy. Una strana sensazione si fece largo nel mio stomaco. Era sempre distratto, tranne quando era con me. Presi un bel respiro e cercai di seguire. La prima ora passò lentamente ma senza problemi. Da quando era iniziata la situazione con Diana avevo smesso di prendere appunti, quindi mi riposai. La notte prima avevo accettato di andare con Vincent la sera dopo. Che coglione. Avere così tanto tempo libero per pensare non era una buona cosa. Non volevo pensare, ma allo stesso tempo proprio quando non riflettevo facevo delle stronzate. Però pensare avrebbe significato riflettere, e non è difficile immaginare su cosa o su chi avevo bisogno di riflettere. Mancavano ancora più di quaranta minuti prima della fine della lezione, quindi mi misi comodo e mi misi ad analizzare le mie certezze.

1: sabato sera sarei andato con Vincent ad una festa e lui aveva promesso di tenermi d'occhio

2: non avevo la minima idea del perché avessi accettato

3: Vincent era l'unica persona che stranamente mi capiva

4: Infondo non volevo chiudere i rapporti con lui

5: Mi aveva aiutato un milione di volte senza farselo ripetere due volte e senza chiedere niente in cambio

6: piacevo a Vincent Gregory

Non potevo proseguire. L'ultimo punto era quello che mi impediva di pensarci oltre, perché andare a patti con quel fatto voleva dire farmene una ragione o non averci più a che fare. Non potevo far a meno di crogiolarmi nella via di mezzo finché ne avevo l'opportunità. La lezione terminò, ma io non mi mossi. Non avevo nessun posto dove andare o qualcuno con cui passare l'intervallo, quindi mentre la classe si svuotava, mi accasciai sul banco con l'idea di dormire dieci minuti. Prima che chiudessi gli occhi qualcuno mi si parò davanti. Socchiusi gli occhi, sperando che non fosse Vincent. Trovandomi faccia a faccia con Miriam rivalutai l'idea che Vincent fosse un'opzione migliore. -Senti un po'- Iniziò lei. Non ne avevo voglia, in realtà non volevo neanche averla intorno, mi recava solo fastidio -Gira voce che tu e- Venne in interrotta da una seconda persona. Non mi voltai neanche a vedere di chi si trattasse, a sto punto lo sapevo già. Miriam spostò la sua attenzione su Vincent, e invece di intervenire o anche solo ascoltare, chiusi gli occhi e lasciai scivolare via la voce di Miriam e quella di Vincent, che si erano messi a discutere su chissà cosa. Mi addormentai senza problemi, stanco com'ero. Mi svegliai qualche minuto dopo, appena prima la fine dell'intervallo. Miriam era sparita, seduto nel banco davanti al mio ci trovai Vincent ed ebbi uno strano déjà-vu. Ma sta volta non si era accorto che ero sveglio. Era immobile, lo sguardo perso in chissà quale contorto pensiero. Stava letteralmente vegliando su di me, e questo mi fece scappare un sorriso. Vederlo lì, a farmi da angelo custode, era molto da sopportare. Più lo guardavo più mi rendevo conto di quanto fosse reale. Se avessi allungato il braccio lo avrei toccato. E questo pensiero divenne pesante, sempre di più. Così smisi di pensare. Mi sporsi verso di lui e gli sfiorai la felpa con la mano. Lui sussultò appena e si girò. Il punto in cui le mie dita erano a contatto con la sua pelle, anche se coperta, scottava. Azzardai ancora e approfondì il contatto, affondando la mano nel tessuto. Non avevo idea di cosa stessi facendo. Vedevo la sua confusione, ma non si spostò, rimase fermo a guardarmi. Alzai lo sguardo verso il suo, per la prima volta mi concessi di guardarlo seriamente. Mi piaceva il colore dei suoi occhi, e mi piaceva il modo in cui esprimessero le sue emozioni. Aveva le pupille dilatate, le guance colorate da un leggero rossore. Ero certo di essere nelle sue stesse condizioni, se non peggio. In quel momento ammisi a me stesso un sacco di cose, ma non abbastanza chiaramente da poterci capire qualcosa. Avrei potuto osare di più, avvicinarmi e prendergli la mano. Avrei potuto, ma la campanella mi ricordò che non avrei dovuto. Mi ritrassi di scatto e mi misi composto, abbassando lo sguardo sulla mano che un momento prima era su di lui. La classe si stava riempiendo, e presto il vero proprietario del banco in cui era seduto Vincent si fece vivo e lo fece spostare, incurante di quello che poco prima stava accadendo. Cosa stava accadendo esattamente? Iniziai a stancarmi di ammettere che non ne avevo idea. Lui tornò al suo posto senza dire una parola e senza guardarmi neanche una volta. Chissà cosa ne pensava lui, di tutta quella storia. Magari prima o poi si sarebbe reso conto che non ne valevo la pena e avrebbe cambiato idea. Un po' mi dispiaceva che proprio lui dovesse vivere un amore a senso unico. Speravo solo che avesse capito che da me non avrebbe ottenuto niente. Allora perché avevo fatto tutto quel teatrino? Ricerca di attenzioni? Narcisismo? Forse entrambi. Più ci pensavo più mi sentivo una persona orribile. Mi imposi di non guardarlo, di certo non adesso, dopo aver alimentato le sue false speranze per un capriccio. La seconda parte della lezione iniziò, dando via ad altre due ore di paranoie. La cosa assurda è che sentivo ancora il calore della felpa di Vincent sulle dita. Mi tornarono alla mente le parole di Miriam, parole di cui non avrei mai saputo la conclusione. In realtà non ne avevo bisogno, sapevo esattamente che tipo di voci girassero su di me. E di nuovo tornava in gioco Vincent, perché questi pettegolezzi c'erano a causa sua. Erano sicuramente partiti quel giorno dopo la festa, dopo la nostra allegra chiacchierata in bagno. Non era difficile immaginare come avessero alimentato il tutto, bastava che qualcuno ci avesse visti parlare in piazza o mentre salivo sulla sua auto. Che disastro. E di nuovo la soluzione si palesò: troncare i rapporti con lui. La lezione finì, e io scappai fuori, impedendo a chiunque di potermi approcciare. Mi veniva da piangere da quanto ero esausto. Le situazioni si stavano unendo tutte insieme in un unico enorme problema, e io stavo uscendo di testa.

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