Durante il viaggio di ritorno il mio umore si rivelò molto diverso da quello dell'andata: nonostante per sicurezza mi fossi seduto vicino a Kevin, il mio sguardo continuava a tornare a lui. Durante la visita al Louvre ci eravamo salvati perché eravamo in gruppi diversi, ma in pullman non riuscivo a smettere di girarmi. Anche Vincent era decisamente distratto e aveva rinunciato a fare il coglione con i suoi amici, limitandosi a tenere gli occhi socchiusi e gli auricolari. Kevin parlava ininterrottamente, consapevole che non lo stavo ascoltando. Per un momento incrociai lo sguardo di Vincent, che mi sorrise in un modo che avrebbe fatto prendere fuoco anche un cubetto di ghiaccio. Ricambiai di sfuggita e tornai composto -Hai finito di fare il gufo? Vincent non sparirà da un momento all'altro- Disse Kevin con un sorrisetto -Sta zitto- risposi girandomi dall'altra parte -Non fare così, visto che sono l'unico che lo sa dovresti trattarmi meglio- Mi pizzicò il braccio per attirare la mia attenzione -Non vantartene troppo- ricambiai il pizzicotto e mi girai ancora, per abitudine. Vincent sembrava essersi addormentato e aveva appoggiato la testa contro il finestrino. Ignorai Kevin e mi misi ad osservarlo: Anche da quella distanza distinguevo alla perfezione il contorno delle sue labbra, la forma dei suoi occhi e la linea delicata ma decisa della sua mascella. Quella notte avevo passato ore, mentre dormiva, a ripassare con le dita quella linea. Arrossii al pensiero e tornai a guardare Kevin, che aveva smesso di blaterare e mi guardava con espressione divertita -Non capisco se sembri uno psicopatico di prima categoria oppure se sei l'omino più innamorato che abbia mai visto- alzai gli occhi al cielo, imbarazzato e infastidito -Tu hai la ragazza, no? - Chiesi abbandonandomi sul sedile. Lui ridacchiò -Non dirmi che ti sei già stufato di Vincent e ora ci provi con me... mi dispiace, ma sono ancora etero- Alzai gli occhi al cielo e non mi degnai neanche di rispondergli -Ok ok, scusa. Si, ho la ragazza e stiamo insieme da quasi sei mesi- il suo sorriso si allargò -Prima di criticare me dovresti guardare la tua espressione adesso- lo presi in giro con un sorriso. Lui sbuffò e per le magiche ore successive si mise a dormire, probabilmente offeso.
Papà era a lavoro quando rientrai a casa, permettendomi di rilassarmi un attimo prima di pensare a cosa fare con lui. Stavo frequentando un ragazzo, e sapevo che era pericoloso sia per lui che per me: se mio padre lo avesse scoperto mi sarei ritrovato senza un tetto sopra la testa e probabilmente anche Vincent avrebbe corso dei rischi. Trovai mia madre in cucina, dove sembrava vivere da mesi. Quando mi vide sorrise -Ciao tesoro, com'è andata la gita? - Mi chiese abbracciandomi. Sorrisi e le diedi un bacio sulla guancia. Per farlo dovetti chinarmi, cosa che trovai adorabile. Le sorrisi e le presi il viso tra le mani -È andata molto bene mamma, molto molto bene- Lei sorrise a mia volta -Hai ascoltato quello che ti avevo detto? - mi chiese facendomi sedere davanti a lei. -Non lo so, è stato molto... complicato capire cosa volessi fare- Lei annuii senza perdere il sorriso -Mi farai mai conoscere questa persona? - Sembrava davvero speranzosa e solo in quel momento notai quanto le somigliassi davvero, a partire dagli stessi capelli castano chiaro fino agli stessi occhi verde/grigio. Ma era la sua espressione ad essermi familiare: negli ultimi giorni ogni volta che mi guardavo allo specchio vedevo la stessa espressione raggiante che aveva lei -Dai per scontato che io stia con qualcuno- Lei scosse la testa con aria esperta -So che non posso parlare con te delle tue cotte come facevo con tua sorella, ma rimango tua madre e lo vedo- Si sporse verso di me e mi accarezzò in mezzo alle sopracciglia -Di solito hai una piccola ruga qui, ti viene quando sei stressato- Mi passò la mano fra I capelli -Ora non ce l'hai e sei molto più bello- Sorrisi, provando una sensazione e di affetto e leggerezza che non sentivo da anni. -Dai, vai a farti una doccia che fra poco arriva tuo padre e si mangia- Mia madre si alzò e la piccola bolla di spensieratezza si ruppe -Mamma, papà non deve saperlo- Dissi sentendo la mia voce troppo stridula. Lei ovviamente annuii -Ho perso una figlia, non ho intenzione di fare lo stesso sbaglio- Fece una pausa e in quel momento vidi nei suoi occhi la donna disperata di sempre -Chiama tua sorella, fallo di nascosto ma fallo... assicurati che stia bene- ingoiò a vuoto e notai il suo sforzo di rimanere composta -Dille che le voglio bene-
Finita la cena tornai in camera mia, per niente sorpreso che mio padre non mi avesse chiesto assolutamente niente sulla gita, quasi come se non ci fossi mai andato. Ero un po' deluso che la gita fosse finita così presto, però non ero sicuramente tornato a mani vuote. Il Louvre aveva un sacco di capolavori straordinari che mi avevano fatto davvero rimanere a bocca aperta, realizzando uno dei miei sogni più grandi da quando ero piccolo. Eppure mio padre non mi aveva chiesto niente a riguardo. Sbuffai e, mentre mi asciugavo i capelli ancora bagnati, mi buttai sul letto, sfinito. Presi il telefono e fissai il numero di Vincent. Morivo dalla voglia di chiamarlo, ma non mi andava di fare la figura del sottone. Non sapevo neanche cosa avrei voluto dirgli, dato che ci eravamo salutati, seppur solo con un cenno e un sorriso, poche ore prima. Invece composi il numero di mia sorella, quasi senza pensarci per paura di cambiare idea. Squillò a vuoto per qualche infinito secondo, ma prima che potessi rinunciare rispose. -Pronto? – Rimasi in silenzio un momento prima di schiarirmi la voce e rispondere -Diana, come... come stai? – Chiesi sentendomi un coglione -Sto bene, perché mi hai chiamato? – Era fredda e distante, ma non potevo incolpare nessuno tranne me stesso per questo – Sei mia sorella, ero preoccupato e anche mamma lo è- Lei rise piano -Potevate non cacciarmi di casa- -Lo sai che non siamo stati io e mamma- Diana smise di ridere -Ma non avete fatto niente per impedirlo- Fece una pausa e quando riprese era più acida di prima -Mamma almeno ci ha provato- Mi sedetti sul letto e sospirai, passandomi una mano fra i capelli -Senti... hai ragione ad avercela con me, sono stato davvero uno stronzo- Presi un respiro profondo prima di continuare -Ti devo le mie scuse, ma soprattutto devo parlarti- Rimase in silenzio, dandomi la responsabilità di riempire il silenzio -Ho pensato a quello che mi hai detto e... sei ancora mia sorella, non importa come... sei, io sono tuo fratello maggiore e ti voglio bene- Rimasi in silenzio anche io, rendendomi conto che se avessi detto quelle stesse parole tempo prima Diana sarebbe rimasta e non sarebbe successo nulla. Ma la verità era che ci ero arrivato troppo tardi. -Questa volta decido io il posto e l'orario, Chatrine verrà con me- Riattaccò subito dopo, lasciandomi sollevato ma pieno di vergogna. Volevo rivederla con tutto me stesso, assicurarmi che stesse davvero bene e cercare di convincerla a perdonare mamma, che non si meritava la sua rabbia. Ero io che la meritava, ma questa volta non sarei scappato e avrei accettato tutto quello che avrebbe avuto da darmi, insulti e pugni compresi.
_Come promesso sono tornata con un altro capitolo, anche se un po' in ritardo. Piano piano sto anche revisionando la storia, partendo dal primo capitolo. Spero che possiate perdonarmi della lunga attesa e che il capitolo possa piacervi. Se fosse così vi invito a lasciare una stellina e un commento, magari per incitarmi a pubblicare più spesso ;)_
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My Dear God
RomanceVincent è un ragazzo strano, lo sanno tutti. Nico è un ragazzo strano ma nessuno lo saprà mai. Nico odia i gay. Vincent no, direi di no. Nico ama odiare tutti. Vincent vorrebbe odiare di meno e amare di più. Vincent ansima il suo nome. Nico gli dice...