Bad Idea

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La mattina dopo incominciai la giornata nel modo più normale possibile, ignorando i ricordi molesti del giorno prima. Mentre mi preparavo, il cellulare iniziò a squillare. Erano a malapena le 7 del mattino e il numero era sconosciuto, quindi ignorai la chiamata senza pensarci. Il telefono ricominciò a squillare qualche secondo dopo, costringendomi a rispondere. Dall'altro capo del telefono si sentiva un ronzio assurdo, accompagnato da urla e musica tecno. -Eei Nicooo, sono Fred- Quel nome non mi era nuovo ma ero mezzo addormentato e ci misi qualche secondo a metabolizzarlo. Fred non aspettò una risposta e riprese a parlare/urlare -Sei libero sta sera? – Ovviamente ero libero, come tutte le sere di tutti i giorni -Per cosa? – Gli domandai nonostante sospettassi già dove volesse andare a parare –Per andare a divertirci- Rimasi immobile un momento, analizzando tutti i possibili significati di quella frase. Da come parlava biascicando, Fred mi sembrava molto ubriaco o forse fatto. O, più probabilmente, tutti e due. -Di cosa si tratta? – Chiesi con un sospiro. Fred ridacchiò in modo strano -Una specie di festa, qualcosa di fantastico- Fece una pausa dove probabilmente fece un tiro di qualcosa -Ci sono anche Vinc e Meredith- Mi paralizzai un momento: Vincent sarebbe andato con lui. La mia bocca si aprì prima che il mio cervello potesse elaborare la cosa -Va bene, dimmi a che ora e dove- Fred rise -Sapevo che saresti stato dei nostri! Alle 19 in centro- Riattaccò subito dopo e mi ritrovai a darmi del coglione. Sapevo di essere in grado di badare a me stesso e di non cadere nel tranello di alcool e droga, ma non era quello a preoccuparmi. Osservai il mio riflesso nello specchio e sospirai: non ero proprio il tipo da festini, di nessun genere. Decisi di affrontare la cosa nel modo meno doloroso possibile, cioè non pensandoci. Eppure nonostante i miei tentativi di proseguire la mia giornata nel modo più normale possibile, una brutta sensazione mi si depositò sul petto e non ne volle sapere di andar via. Solo quando entrai in classe e notai una bottiglietta sul mio banco la paranoia si calmò, sostituita dalla curiosità. Mi avvicinai con circospezione e, confuso, afferrai il succo alla pesca. Attaccato con un pezzo di scotch c'era un biglietto: 

"Gli sconosciuti non ti comprano da bere"

Sgranai gli occhi e mi girai di scatto verso Vincent, che già mi stava guardando con un sorrisetto sghembo. Mi scappò un sorriso esasperato e mi sedetti, rigirandomi la bottiglietta tra le mani. Piegai il biglietto e me lo infilai in tasca, senza pensare neanche un momento all'eventualità di buttarlo. Vincent era una novità che, tutto sommato, non mi dava così fastidio. Trovavo quasi teneri i suoi tentativi di diventare mio amico, nonostante non avessi alcuna intenzione di accontentarlo. La lezione iniziò e, mio malgrado, presi un sorso del succo, trovandolo fin troppo buono nonostante non fossi mai stato un fan dei succhi in generale. Cercai di concentrarmi sulla lezione, ma la sensazione di essere osservato continuava a martellarmi in testa. Mi guardai intorno e incontrai lo sguardo contrariato di Miriam, che mi fissava in modo chiaramente ostile. Sostenni il suo sguardo per qualche secondo, prima di alzare gli occhi al cielo e girarmi, cercando di ignorarla. Non sapevo cosa volesse: mi aveva già sputtanato con chiunque a scuola, e non vedevo cosa potesse volere ancora da me. Due ore dopo suonò la campanella e, come al solito, presi il mio tempo per sistemarmi. Vincent si avviò immediatamente verso di me, ma un suo amico gli circondò le spalle con un braccio, trascinandolo fuori. Mi lanciò un'occhiata di scuse che cercai di non ricambiare con una delusa. Stare da solo non era una novità, eppure essere consapevole di non poter andare da Miriam o da Jim mi faceva male in modo strano. Non erano loro a mancarmi, infondo non condividevo niente con loro e avevano iniziato a darmi davvero sui nervi, ma era la sensazione di essere solo che mi dava noia. Erano cambiate così tante cose da quando mia sorella era andata via di casa, che loro erano rimasti una delle poche sicurezze che mi rimanevano. Quando tornai a casa fui più che felice di rendermi conto di essere solo. Ormai erano giorni che vedevo i miei genitori a stento, e questo mi faceva fin troppo piacere. Nonostante avessi cercato per tutto il giorno di non pensare all'imminente serata che mi attendeva, finivo sempre a deprimermi perché, per qualche oscuro motivo, avevo accettato. Non avevo avuto modo di parlarne con Vincent e probabilmente non l'avrei fatto neanche se si fosse presentata l'occasione. Affogai i miei dispiaceri nel sonno. Quando mi svegliai erano appena passate le 18 e mi preparai svogliatamente. Avevo la testa altrove e non prestai molta attenzione a cosa facevo. Mi infilai una maglia nera e una felpa non troppo pesante, insieme al primo paio di pantaloni della tuta che trovai. Presi il cellulare e uscii di casa con l'umore sotto ai piedi. Alle 18:50 ero già in centro, a torturarmi le pellicine delle dita. Fred arrivò puntuale e quando mi vide mi salutò con troppa confidenza, circondandomi le spalle con un braccio -Pensavo non saresti venuto- mi confidò sorridendo. Era raggiante e lo trovavo abbastanza fastidioso. I suoi capelli biondi erano raccolti in una piccola coda e indossava solo un paio di cargo e una canotta nera che faceva risaltare il fisico tonico e i muscoli delle sue spalle. Mi resi conto di essere rimasto zitto a fissargli le braccia, quindi tossicchiai e cercai di riprendermi -Perché non sarei dovuto venire? - chiesi assecondandolo. – Vincent mi ha detto che non sei ragazzo da feste. In effetti sembrava parecchio irritato- Mi condusse verso un altro gruppo di ragazzi pieni di tatuaggi e piercing, tenendomi al suo fianco -Pensavo di fargli un favore invitandoti, mi sembravate tanto amici- Vincent era infastidito dalla mia presenza? Era sicuramente una novità che mi lasciò parecchio sorpreso e, stranamente, sconcertato -Non sono venuto per Vincent- Ci tenni a sottolineare. Fred ridacchiò -Lo spero bene, voglio farti conoscere un po' di persone- La sua stretta si allentò quando alcuni ragazzi ci raggiunsero. Strinsi parecchie mani e conobbi parecchie persone. Prima di rendermene conto il gruppo mi inglobò e mi ritrovai a ridere a pessime battute e ad aspirare fumo passivo. Verso le 20 la situazione si animò ancora di più: i ragazzi muniti di patente erano arrivati, portando con loro 2 jeep enormi. Mi lasciai trascinare da Fred dentro una di esse e in quel momento vidi Vincent, seduto sul sedile del passeggiero. Ricambiò il mio sguardo, e mi allarmai: mi osservava con l'espressione più cupa che gli avessi mai visto, niente di simile al sorriso che mi aveva rivolto quella mattina. Mi accomodai nei sedili posteriori, in mezzo a Fred e un altro ragazzo. Cercai di ignorare la presenza di Vincent, che nel frattempo si era girato e stava parlando con l'autista. Quando la macchina partì mi resi conto che non avevo idea di dove stessimo andando. Lo chiesi a Fred, che era già fatto come una mina. Lui mi sorrise -Non preoccuparti novellino, ti riportiamo a casa prima o poi- Incominciai a valutare l'ipotesi di essere finito in mezzo ad un gruppo di satanisti, che scartai dopo aver guardato di nuovo in faccia Fred, euforico e con lo sguardo parecchio assente. In macchina c'era molta confusione e nessuno sembrava badare a me. Sbirciai fuori dal finestrino e notai che ci stavamo lasciando la città alle spalle. Non ero mai stato ad una vera festa o a qualunque evento che prevedesse la socialità e l'interazione, quindi non sapevo come mi sarei dovuto comportare o cosa mi sarei dovuto aspettare. Forse la presenza di Vincent era rassicurante per quello, almeno c'era qualcuno che sapeva chi ero e che, in caso, avrebbe notato la mia scomparsa. Peccato che da quello che mi aveva fatto capire, forse non dovevo contare troppo su di lui. Improvvisamente mi venne l'ansia: conoscevo a mala pena tre persone e non sapevo su chi potevo fare affidamento. Passò circa mezzora, un lasso di tempo sufficiente da farmi respirare più fumo, anche se passivo, di quanto ne avessi inspirato in tutta la mia vita. Quando scesi dalla macchina mi sentivo stordito. Eravamo in un campo con al centro un enorme magazzino, da cui proveniva della musica elettronica. Cercai Vincent con lo sguardo, sentendomi un coglione. Era appoggiato alla macchina, con una bottiglia di birra in mano. Stava parlando con un ragazzo che stava facendo su una canna. Come a leggermi nel pensiero, Vincent alzò la testa e incrociò il mio sguardo. Era severo e lo vidi scuotere la testa impercettibilmente. Cercai di non pensarci e seguii Fred verso l'edificio. 

_Non ho idea di cosa io stia facendo, lo dico sinceramente. Ho una vaga idea di dove io voglia arrivare, ma finché non vado avanti a scrivere non lo sapremo né voi né io. Quindi spero di metterci poco. Grazie di essere arrivati fin qui_

My Dear GodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora