A Lifetime's Grudges

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I prof annunciarono il nostro arrivo qualche ora dopo. I nasi di tutti erano spiaccicati contro i finestrini, sottolineando la nostra sorpresa nello scoprire che ad accoglierci c'era un hotel. La grandezza del posto sorprese anche me, infatti avevo dato per scontato che ci avrebbero piazzato in qualche baracca travestita da ostello, quando invece avevamo davanti un vero hotel a tre stelle. Il paesaggio attorno a noi era completamente diverso da quello a cui ero abituato, persino l'aria che respiravamo aveva qualcosa di diverso. Per un momento smisi di pensare a Vincent e la sensazione di pesantezza che avevo nel petto si alleggerì un momento, permettendomi di respirare. Ero davvero felice di essere li. Ci fecero accomodare all'ingresso e lentamente iniziarono a consegnarci le chiavi delle rispettive stanze. Cercai Jim, improvvisamente di cattivo umore. Lo trovai che parlava con Miriam in un angolo e fui molto infelice di interromperli. Lui mi fece un sorriso che non raggiunse gli occhi e mi fece un cenno con la mano. Miriam mi squadrò, senza risparmiarsi di sollevare gli occhi al cielo -Vado in stanza- Gli annunciai contro voglia. Lui annuì senza entusiasmo -Ti raggiungo tra poco- Presi le scale e mi mischiai tra i miei compagni, avviandomi verso le camere. Cercai la stanza 403. Era al secondo piano, infondo al corridoio accanto a quella di due nerd che conoscevo appena. Per fortuna erano silenziosi e dubitavo che avrebbero causato problemi. Vincent invece si fermò all'inizio del corridoio, davanti alla stanza 588. Si girò a guardarmi, regalandomi un sorriso sbilenco prima di entrare. Immagino non fosse difficile notare il mio entusiasmo nell'essere finito in stanza così vicino a lui. Peccato che sarebbe significato solo soffrire di più cercando di trattenermi dal bussare alla sua porta. Entrai nella mia, chiudendomi all'interno con urgenza. Presi un bel respiro e mi guardai attorno. La stanza era piccola per due persone, ma molto graziosa. I due letti erano fortunatamente lontani l'uno dall'altro, agli opposti della camera, accompagnati da due minuscoli comodini. L'armadio era unico e il bagno era in un angolo. L'unica vera soddisfazione erano le due piccole scrivanie, ben separate e munite di cassetti. Erano le 21:13 e non avevo altri impregni: per cena ci eravamo fermati in un fast food, per grande gioia dei miei compagni, che avevano dato di matto quasi non avessero mai visto un hamburger in vita loro. Approfittai dell'assenza di Jim e mi feci una doccia veloce, infilandomi poi dei vestiti più comodi. Avevo sonno, ma andare a dormire così presto era troppo umiliante pure per me. Sistemai in un angolo dell'armadio il mio borsone e battezzai il mio letto, per poi sedermi alla scrivania più vicina. Avevo voglia di uscire e di esplorare, ma avevo anche paura che Vincent potesse aver avuto la mia stessa idea, o che mi venisse voglia di andare da lui. Mi ero portato dietro un paio di libri e un Block Notes, che tirai fuori. Non avevo mai avuto un gran talento nel disegno, ma non me la cavavo nemmeno troppo male. Mi misi a scarabocchiare per passare il tempo. Guardavo l'ora ossessivamente, come se mi aspettassi di vedere passare due ore in un battito di ciglia. Mi resi conto solo in quel momento di quanto fossi diventato noioso, da solo non ero in grado di divertirmi. Dallo scarabocchio ne uscì una mela storta, sottolineando la mia mancanza di immaginazione. Al di fuori della stanza sentivo gli schiamazzi dei miei compagni e per un momento mi venne voglia di unirmi a loro. Peccato che tra di loro nessuno mi interessava e uscire mi avrebbe provocato solo un profondo disagio. Anche per questo Vincent mi mancava, rinunciare a lui significava perdere quei pochi amici che avevo guadagnato, come Linda o Fred. Però mi imposi di ignorare questo dettaglio, usare Vincent per ottenere un minimo di popolarità non era un'opzione. Avevo smesso di disegnare e mi ero perso a guardare nel vuoto, disperato. Riuscivo a vederlo ovunque, con quel suo bel sorriso. Nonostante sapessi che era arrabbiato con me, sapevo anche che se mi fossi presentato in quel momento davanti alla sua porta, lui mi avrebbe accolto senza esitare. Mentre sprofondavo nei miei problemi sentimentali, la serratura scattò e Jim fece il suo ingresso trionfale. Stava ancora ridendo, e prima di chiudere la porta salutò qualcuno dietro di lui. Quando fummo soli, mi lanciò un'occhiata vuota, regalandomi tutta la sua indifferenza. Mi sorrise e notai un pizzico di dissenso, forse fastidio -Ciao- Si limitò a dire appoggiando il suo borsone nel letto rimanente. Tentai a mia volta un sorriso e ricambiai svogliatamente il saluto. Tornai a guardare la mia mela storta, sprofondando nella sedia. Il ragazzo sparì in bagno e sentii l'acqua della doccia scorrere. Forse i prossimi cinque giorni sarebbero stati freddi e silenziosi, esattamente come volevo. La mia paura era che avrebbe tentato in qualche modo di umiliarmi rinfacciandomi qualche pettegolezzo scomodo, invece si stava rivelando più tranquillo di quanto mi aspettassi. Qualche minuto dopo ricomparve, senza maglia e con i capelli bagnati, rigirandosi gli occhiali fra le dita. L'ultima volta che l'avevo visto a torso nudo avremmo avuto quattordici anni al massimo ed ero sicuro che tutta quella massa muscolare non era presente. Sicuramente aveva avuto un fisico meno definito di adesso, che mi sbatteva in faccia i suoi addominali e la sua pelle liscia. Distorsi lo sguardo, imbarazzato, e mi andai a sedere sul letto. Mi appoggiai al muro e chiusi gli occhi, ascoltando i rumori che produceva spostando le sue cose -Sono davvero stanco- sospirò lui. Quando riaprii gli occhi era di nuovo vestito -Si, anche io. Vado a dormire presto- Lui annuì e andò a sistemare il borsone nell'armadio – Se esci di nuovo quando torni per favore fai piano- Aggiunsi trattenendo uno sbadiglio. Lui ridacchiò -Ho detto che sono stanco, non vado da nessuna parte- Rispose buttandosi sul suo letto -Gli altri cosa fanno? – Gli chiesi più per circostanza che per interesse -Mi hanno chiesto di andare nella stanza di Dean, ma hanno parlato di alcool e non fa per me- Ovviamente a me non aveva invitato nessuno. Trattenni l'impulso di chiedergli se Vincent sarebbe andato con loro -Tu invece? Perché non esci? – Si girò verso di me, col sorriso compiaciuto di chi non ha bisogno di sapere la risposta -Non mi divertono certe cose- -Non avevo dubbi- Sospirai, avevo dato per scontato che mi avrebbe lasciato stare, ma evidentemente mi sbagliavo. Ignorai il suo commento, ma Jim non mollò la presa. Si sedette a sua volta, imitando la mia postura -Se ti fossi comportato meglio con noi adesso non saresti in stanza, pronto per la nanna alle nove di sera- Scossi la testa -Non mi serve una tua consulenza sull'orario in cui vado a dormire, ma grazie del pensiero- - Ti sto solo facendo notare che ti sei rovinato da solo- Gli sorrisi – Mi sono reso conto troppo tardi che era meglio rovinarmi che rimanere con voi- Jim si tirò su di scatto -Sappiamo tutti cosa ti ha reso tanto fastidioso- Ingoiai il groppo che avevo in gola e cercai di mantenere la calma -Io no, illuminami- Compiaciuto, sorrise di nuovo -Il tuo nuovo amico- Me l'aspettavo, quindi non reagii -Aaah, ora capisco. Ti ha rubato il migliore amico e sei geloso. Tesoro stai tranquillo, erano anni che provavo a trovarmi amici migliori- La battuta mi uscii molto più acida del previsto, e con lei vidi volar via le possibilità di una convivenza tranquilla – Beh immagino quanti nuovi amici ti sei fatto. Aspetta, sono nascosti da qualche parte? Perché io non li vedo– Mi rispose imitando il mio tono. Ammisi a me stesso la sconfitta, non avevo niente da ribattere. Lo fissai senza battere ciglio, nonostante avessi perso il mini scontro non ero intimidito. Sospirai -Jim, non era mia intenzione diventare uno scarto o mancarvi di chissà quale rispetto, semplicemente non mi trovavo più bene con voi- Senza aggiungere altro mi infilai gli auricolari e mi sistemai sotto le coperte -E si, sono felicissimo di andare a dormire alle nove piuttosto che andare a farmi trattare come un reietto da gente che non mi piace- Se mi rispose non lo seppi mai, infatti avevo già la musica al massimo e la testa girata verso il muro. Dormii malissimo, infatti il materasso era duro e l'atmosfera era fredda. In più mi ero subito tutta notte quella fastidiosissima vocina nella testa che mi sussurrava che dovevo andare da Vincent prima che fosse troppo tardi. Ma non lo feci, rimasi nel mio letto ad annegare nel mio stress e la mattina dopo ero esausto. Mi svegliai presto, verso le cinque. Avevo visto che la colazione veniva servita dalle sei in poi, quindi mi feci una doccia e mi preparai con calma, cercando di non svegliare Jimmy. Volevo non esserci al suo risveglio. La conversazione della sera prima non mi aveva turbato più di tanto, ero anzi sollevato che non avesse tirato a mano la storia della scappatella in bagno. Allo scoccare delle sei ero già abbondantemente fuori dalla stanza. In quel primo giorno il programma consisteva in una breve visita ad un museo locale, il pranzo e infine una "rilassante" passeggiata in un parco dal nome impronunciabile. Alla fine ci avrebbero lasciato un paio d'ore di libertà prima di cena. Mancavano ancora più di due ore alla partenza, e ancora la sala da pranzo era quasi completamente vuota. Avrei voluto poter dire che non stavo più pensando a Vincent, ma avevo già mentito abbastanza a me stesso. Continuavo a contare involontariamente il tempo che mancava alla fine della giornata: 18 ore e avrei dovuto decidere cosa farne del nostro rapporto. Erano tante, ma più i minuti scorrevano più l'ansia saliva. Quello che non avevo calcolato era che Vincent fosse un mattiniero quasi quanto me. Entrò nella stanza nel modo più subdolo possibile: con una canottiera bianca e un paio di pantaloni della tuta grigi, il tutto contornato dai capelli bagnati post-doccia. Distolsi lo sguardo, concentrandomi sulla brioche che avevo davanti. Sentivo il suo sguardo insistente sulla pelle. Ci teneva a farmi notare che avevo poco tempo a disposizione per decidere, mettendomi ancora più nel panico. Si sedette a due tavoli di distanza difronte a me e ne fui grato, peccato che non smise di fissarmi un secondo. Feci l'enorme errore di incrociare il suo sguardo deciso. Quella maledetta canottiera mi stava impedendo di concentrarsi perché non lasciava spazio all'immaginazione, mostrando fieramente le braccia e spalle. Mi sorrise, quasi empaticamente, come se capisse il mio stato d'animo quando sapevo perfettamente che il suo intento era un altro. Non riuscivo a mantenere il contatto visivo, quindi continuai a fissarlo in modo alternativo, cioè facendo finta di non fissarlo. Ovviamente lo sapeva e potevo percepirne il compiacimento anche a quella distanza, però non potevo farne a meno. Finita la colazione, mi allontanai velocemente, cercando un angolo dove infilarmi. Aveva detto che mi avrebbe lasciato il tempo per pensare, ma non aveva mai specificato che non avrebbe cercato di convincermi. La soluzione? Nascondersi. 

-Chiedo di nuovo scusa del ritardo. A mia discolpa posso dire che sto lavorando ad un gran capitoletto, niente spoiler ma vi dico che ci sarà da divertirsi. Se vi sta piacendo la storia vi invito a lasciare una stellina e magari un commento per farmelo capire. Grazie mille <3-

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