Don't Cry, Little Boy

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Sabato mattina non andai a scuola, avevo il terrore di imbattermi in una trappola come quella del giorno prima. Dissi a mia madre che avevo mal di testa. Il dilemma non era come convincerla che stavo male, ma come convincerla che non stessi così tanto male, e che quella sera potevo uscire. Perché io non vedevo l'ora di uscire, quella sera. Era inutile che mi prendessi in giro, non stavo nella pelle. Ma come potevo convincere i miei che non stavo andando a fare stronzate, quando sapevano benissimo che di amici non ne avevo? Mentre ci pensavo, mi arrivò un messaggio

L- Ei Nico, Vincent mi ha detto che non riesce venirti a prendere sta sera

L- Va bene se passo io?

Se due emozioni potessero mischiarsi insieme, nel mio caso delusione e sollievo andavano a braccetto.

N- Certo che mi va bene Linda

N- Non dirglielo, ma mi piaci di più di Vincent ahah

L- Fai il bravo e non dire bugie

L- Passo a prenderti per le 20, mandami l'indirizzo

Fissai il messaggio inarcando le sopracciglia. Cosa voleva dire? Sapevo l'impressione che dava Vincent del nostro rapporto, ma io? Non mi sembrava di aver dato da parlare. Verso le quattro andai da mia madre, sperando di ottenere da lei un po' di supporto morale. Mio padre era a lavoro, quindi girai per casa liberamente. La trovai che stava lavando i piatti. Quando entrai in cucina, lei si stava asciugando le mani. -Ciao mamma- Mi sedetti su una delle sedie, sospirando -C'è qualcosa che ti turba? – Chiese lei sedendosi di fronte a me. Mi madre è sempre stata una donna buona e gentile, ma debole. Non ha mai approvato nessuno dei comportamenti di mio padre, ma non l'ha mai lasciato, rendendola colpevole quanto lui. Però mi fidavo di lei, e infondo sapevo che Diana prima di aver parlato con me del suo orientamento sessuale, lo aveva fatto con lei. Probabilmente è stata proprio lei a dirle di confidarsi con me, e io avevo tradito le loro aspettative. Quello che però era certo è che mia madre non ce l'aveva con me per questo. – Ho conosciuto una persona di recente- Se dovevo parlarne con lei, ammettere che Vincent non solo fosse un ragazzo, ma si trattasse anche di quelli che loro consideravano "tossici", era fuori questione. Le si illuminarono gli occhi -Come si chiama? – Domandò improvvisamente gioiosa -Non è importante, so solo che sono terrorizzato mamma- Mi accasciai sulla sedia, passandomi una mano fra i capelli – Non mi sono mai sentito così sotto pressione e sollevato allo stesso tempo- Lei inclinò leggermente la testa -Questa persona...- disse calcando volontariamente il tono di voce ... ti piace? – Me l'aspettavo questa domanda, ma non avevo ugualmente idea di come rispondere -Non può piacermi- sussurrai determinato -Non se ne parla proprio- aggiunsi. Sembrò confusa -Se non ti piace qual è il problema? - Mi chiese. -Sono io a piacergli- Dirlo ad alta voce faceva un certo effetto, eppure sembrava ancora più reale e sensato. Si sporse verso di me e mi afferrò una mano. La tenne fra le sue, accarezzandomi il palmo con il pollice -Come ti fa sentire? Sapere che gli piaci? – Con orrore notai che stava usando il maschile, ma non la corressi. Infondo non sarei stato in grado di mentire -Mi confonde- La mia voce si stava rompendo -Non so cosa fare mamma, non ci capisco più niente. So che dovrei interrompere i rapporti ma lui... - Mi bloccai di colpo, fissando le nostre mani. Tentai di correggermi, ma le parole non volevano uscire. Prima di rendermene conto stavo boccheggiando, in cerca di aria. Calde lacrime iniziarono a scorrermi sulle guance e la vergogna mi si fece largo nel petto. Mia madre si alzò e si sedette al mio fianco. Mi attirò a sé in un goffo abbraccio, accarezzandomi la schiena -Va tutto bene amore, va tutto bene- Mi mancava stare con mia madre, che da quando Diana era andata via, si aggirava per casa come uno zombie. -So che fa paura, ma devi accettare quello che senti qui- sussurrò mettendomi una mano sul petto. Non volevo ascoltarla. Avrei preferito che mi dicesse che poteva capitare e che non era niente di grave. Avevo bisogno che mi dicesse cosa fare per smettere di essere così rotto. Invece mi accarezzava e mi confortava. -Non posso, non posso davvero- Continuavo a ripeterlo in loop, come se potesse essere d'aiuto. La mia mente tornò a lui, al suo sorriso. Ai suoi occhi. I battiti del mio cuore aumentarono e mi nascosi da loro. Sprofondai il viso nel collo di mia madre, singhiozzando come un bambino piccolo. Non ero mai stato tanto disperato, tanto impaurito. Mi avevano insegnato ad avere sempre il controllo di quello che avevo intorno, ma Vincent me lo aveva tolto completamente, facendomi sprofondare. Mi ricomposi poco dopo, ma rimasi accoccolato a lei, come se potesse difendermi dal mondo intero. -Pensi di poter inventarti qualcosa per coprirmi? Sta sera dovrei uscire- Chiesi appena la mia voce ricominciò a funzionare. Lei mi sorrise cercando di nascondere la sua esitazione. -Un'altra festa? Fai sul serio? – Voleva sembrare severa, ma il suo viso nascondeva del divertimento -Sono in buone mani sta volta- Non era un buon motivo, ma era l'unica certezza che avevo -Mi fido di te, ma l'ultima volta...- Le morirono le parole in gola. Lei era a conoscenza solo della reazione di mio padre, non aveva idea di cosa fosse successo davvero quella sera, ed era molto meglio così. -Sta volta è diverso, te lo giuro mamma- Lei sembrò rifletterci su -Cercherò di coprirti, ma solo per sta sera. Se torni a casa e sento odore di fumo o di alcool, non esci mai più di casa, segnatelo- Le sorrisi -Grazie, di tutto- Lei annuì e io mi alzai, uscendo dalla cucina. Erano le cinque, altre tre ore e sarei dovuto uscire. Tre ore e avrei visto Vincent. Decisi che per adesso ne avevo abbastanza. Misi la sveglia a due ore dopo e mi nascosi sotto le coperte. 

My Dear GodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora