Fucking Hypocrite

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Qualche giorno dopo la situazione era assolutamente immobile. Non avevo più sentito né Diana né Vincent, che avevo visto solo a scuola e di sfuggita. Ammetto che ero confuso, dopo tutto quello che era successo fra di noi, non aveva più provato ad avere alcun contatto con me. Eppure mi aveva chiesto il numero, mi aveva aiutato appena lo avevo chiesto, senza chiedere niente in cambio e poi mi aveva guardato in modo... Vabbè non che mi interessasse, ero solo confuso... tutto qui. Avevo cercato di evitare mio padre in tutti i modi, non riuscivo neanche a stare nella stessa stanza con lui, figuriamoci parlarci. A scuola stavo cercando di rimettermi in pari, evitando le occhiatacce di Miriam. Quel giorno ero in camera mia, di nuovo sui compiti di geometria. Dopo aver ritentato per la sesta volta lo stesso esercizio mi arresi. La notte prima non ero riuscito a dormire bene a causa di una serie di sogni terribilmente strani ma realistici. Uno di questi mi tornò alla mente: Ero solo, camminavo in piazza, verso la chiesa, quando il pavimento aveva incominciato a diventare sempre più morbido, fino a diventare liquido. Avevo paura e non riuscivo a muovermi. Mi ricordai della terribile sensazione di essere trascinato giù, di non saper gestire la pressione. Comunque era solo un sogno, pensarci era inutile. Mentre cercavo la voglia di passare ad un'altra materia mi vibrò il cellulare. Entrai su WhatsApp e trovai tre messaggi da un numero sconosciuto. Sorpreso distolsi l'attenzione dai libri di scuola, portandola interamente all'applicazione

?-Ei

?-Sei libero fra circa 10 minuti?

V-Ah, sono Vincent

Fissai i messaggi, convinto di aver letto male. -Fra dieci minuti? È scemo o cosa? – borbottai fra me e me

N-Per far cosa?

Davvero si aspettava che avrei detto di si come se niente fosse? Ok che eravamo quasi-amici, però non doveva esagerare

V-Non ti rapisco

Sorrisi, per niente divertito

N-Pensi che verrò con te se non mi dici dove?

Scossi la testa, riprendendo in mano i quaderni. Qualche secondo dopo il telefono vibrò di nuovo

V-Penso di sì, scendi

Sgranai gli occhi. Non poteva essere vero. Stava sicuramente scherzando. Mi alzai di scatto e andai alla finestra, che dava sulla strada. Lui era lì, appoggiato alla macchina con il telefono in mano. Tornai quasi correndo alla scrivania e presi il telefono

N-Non puoi fare sul serio

V-Perché?

V-Avevi di meglio da fare?

Mi buttai all'indietro sulla sedia sospirando, esasperato

N-Ovviamente

V-Non mi muovo da qui

V-Quindi ti conviene darti una mossa prima che inizi a suonare alla porta

Un brivido di terrore mi percorse al solo pensiero di cosa avrebbe fatto mio padre, che era in casa, se avesse visto Vincent. Anche solo il suo modo di vestirsi lo avrebbe fatto imbestialire

N-Si da il caso che avessi già voglia di uscire

N-Quindi non montarti la testa

Potevo immaginare il suo sorrisetto compiaciuto anche senza vederlo. Mi fiondai davanti all'armadio, iniziando a rovistarci dentro. Non ero mai stato il tipo di persona che sta ore davanti allo specchio a provare vestiti e outfit, ma in questo caso, cosa cazzo dovevo mettermi? Optai per una maglia grigia infilata dentro un paio di pantaloni verde militare, giusto per stare nel vago. Presi il telefono e il portafoglio, per poi uscire quasi di corsa da camera mia. Feci per andare verso la porta, quando mio padre mi fermò. -Dove stai andando? – Mi bloccai di colpo, l'aria colpevole. -Esco con dei miei amici- dissi senza guardarlo in faccia. Era davanti alla cucina, l'aria arrogante come al solito. Puzzava di fumo e birra scadente. -Chiedimi il permesso- Aveva la voce profonda, distorta dagli anni da fumatore. Non ho mai sopportato quando si comportava così, sapevo che era solo per ricordarmi che era lui a comandare, era a lui che dovevo chiedere il permesso. -Posso uscire? – La domanda uscì tirata, il tono di voce più acido di quanto avessi voluto. Lui mi squadrò con diffidenza, analizzandomi -Ti sei messo del profumo per caso? – Chiese storcendo il naso. Di colpo mi sentii andare a fuoco -... No, è deodorante- Mentire non era il mio forte. Lui mi fissò, l'espressione severa. Di colpo si girò verso la porta d'ingresso e si avvicinò ad essa. Lo fissai con terrore, pregando che non l'aprisse. Supplicai che non l'aprisse. Invece l'aprì. Una sensazione terribile si fece largo nelle mie membra, simile alla paura. No, al terrore. Mio padre era fermo davanti alla porta aperta, non riuscivo a vedere dietro di lui. Sperai in un miracolo, cioè che Vincent per qualche motivo fosse sparito, ma sapevo che non era così. Per qualche motivo non ci furono urla o scenate, lui era fermo, io anche. Dopo qualche secondo mi avvicinai, timoroso. Sbirciai da sopra la sua spalla, trovandoci Vincent, nell'esatta posizione in cui l'avevo visto l'ultima volta. Non si era accorto di mio padre, tanto era concentrato a fissare il suo cellulare. Con finta indifferenza passai di fianco a mio padre. Finalmente Vincent mi notò. Fece per aprir bocca, ma nel momento in cui vide la mia espressione supplichevole guardò oltre le mie spalle, dritto negli occhi mio padre, che non aveva ancora aperto bocca. L'unico modo che avevamo per uscirne vivi era che lui si comportasse nel modo più etero e maschile possibile, ma come potevo farglielo capire? Non potevo, infatti quando Vincent fece i conti con la mia espressione terrorizzata e mio padre dietro di me, si accigliò. Lo salutai, cercando di ignorare lo sguardo che mi accoltellava la schiena. Stavo per girarmi per dirgli qualcosa, quando lui sbatté la porta, rientrando in casa. Ignorai la confusione del ragazzo accanto a me e lo scansai, entrando in macchina. Lui fece il giro e mi imitò. Quando fummo entrambi al sicuro in macchina, mi girai verso di lui -Ma che ti prende? Presentarti davanti a casa della gente senza chiedere? Sei andato del tutto fuori di testa? – Lui mi squadrò, l'espressione gli si addolcì -Però ha funzionato, no? – Mi sorrise e di nuovo il suo sguardo mi investii. Spostai la testa di scatto, andando a sbattere contro il finestrino. Umiliato e vinto, cercai ridicolmente di nascondermi, di sparire. Quando mi resi conto che eravamo ancora fermi, davanti a casa mia, presi un respiro e invocai il mio autocontrollo, per poi girarmi di nuovo. Quasi mi venne un colpo quando me lo ritrovai ancora lì, a fissarmi. Colto alla sprovvista sbottai -Che hai da guardare? Sei venuto qui per farmi incazzare o cosa? – Lui distolse lo sguardo, smettendo di sorridere. Improvvisamente mi sentii in colpa, mentre girava la chiave nell'assoluto silenzio. Non era mia intenzione essere così insensibile, ma lui riusciva seriamente a farmi perdere le staffe ogni volta che ne aveva l'occasione. Cercai di capire se si fosse offeso o se stesse solo facendo il simpaticone, ma quando sbirciai lo trovai imbronciato, lo sguardo fisso davanti a sé, l'espressione corrucciata. Valutai se l'opzione di buttarmi fuori dalla macchina fosse più sopportabile di quello che la corretta via voleva che io facessi. Ovviamente non lo era, quindi non avevo scampo -Dove stiamo andando? – Chiesi cercando di smorzare la tensione che si era creata -Ti interessa davvero? – Chiese lui cercando di essere antipatico (senza successo) -Ok scusa – Lui non reagì, almeno non evidentemente -Vincent mi dispiace, ok? – Lui non riuscì a trattenere un sorriso, che però fece sparire subito -Ti da davvero così fastidio che sia venuto senza preavviso? – Oh andiamo, chi si crede di essere? -Si, parecchio- La sua espressione si spense ancora di più -Vuoi che ti riporti a casa? – Chiese quasi sussurrando. Alzai gli occhi al cielo, incredulo. Con chi avevo a che fare? Un bambino o un adulto? Quando non risposi si girò verso di me, l'espressione allarmata -Vuoi davvero che ti riporti indietro? Oddio scusa non pensa- Lo interruppi, scoppiando a ridere -No Vincent, non voglio che mi riporti a casa, stavo scherzando- Lui tornò a guardare la strada -Stronzo- sussurrò scuotendo la testa. Qualcosa dentro di me prese fuoco. Ma proprio letteralmente. Mi toccai il collo, trovandolo bollente. Allarmato mi guardai attraverso lo specchietto retrovisore. Ero completamente rosso, in tutta la faccia. Pensai di avere la febbre, eppure non avevo nessun sintomo. Rimasi immobile guardando fuori dal finestrino, non volevo che Vincent se ne accorgesse e che magari arrivasse a false conclusioni. Perché non avrebbe davvero avuto senso. -Dove stiamo andando? – Richiesi non riconoscendo la strada -Sorpresa- Disse senza guardarmi, il sorriso appena accennato. Alzai gli occhi al cielo -Almeno dimmi chi c'è- - Dai per scontato che non saremo solo io e te- O mio Dio, ma faceva sul serio? Aprii la bocca per ribattere, ma le parole mi morirono in gola -Quindi siamo solo noi? – La mia voce era diventata così acuta che mi diede fastidio. Lui scoppiò a ridere, il tono da presa per il culo -Oddio Nico, no non siamo solo noi- Mi sentii sollevato da un peso che non sapevo neanche di aver accumulato nel petto. I battiti del mio cuore tornarono nella norma, e finalmente tornai a respirare -Quindi chi c'è? – Se me lo faceva ripetere di nuovo mi sarei buttato davvero fuori dalla macchina -Mhm, c'è qualcuno che ci teneva a vederti- Che diavolo aveva? Si era mangiato un libro di indovinelli? Non dissi niente e mi misi comodo. Era chiaro che non mi avrebbe detto nulla di quello che volevo sapere. Ma che diavolo ci facevo in quella macchina? Con lui fra l'altro. -Più di una persona vuole fare quattro chiacchiere con te- Iniziai a preoccuparmi, dal tono in cui l'aveva detto sembrava una minaccia. Per un attimo temetti che mi stesse incastrando. Se pensavo a chi potessi stare sul cazzo mi venivano in mente parecchi nomi e non fu d'aiuto. Non parlammo per tutta la durata del viaggio, nonostante entrambi ci stessimo osservando in silenzio, un po' per uno. Vincent rallentò quando arrivammo davanti ad una fila di casette tutte uguali, piccole e anguste. Non era un brutto quartiere, le case erano colorate ma per niente vicine alla manutenzione. Si fermò davanti ad una di esse, spegnendo la macchina. Sospirò, girandosi verso di me. Ero alquanto turbato, ma mi fidavo di lui nonostante tutto. La sua espressione in quel momento tradiva del compiacimento, infondo ero esattamente dove lui voleva che io fossi, senza aver dovuto neanche insistere. Che cazzo stavo combinando? Evidentemente la mia espressione invece tradiva la mia diffidenza, perché mi sorrise, fissandomi dritto negli occhi come solo lui poteva fare -Di cosa hai paura esattamente? – Mi domandai come fosse possibile che la tensione si fosse alzata così tanto. La sua voce era una carezza, un sussurrò appena accennato che ti rimaneva impresso nel cervello. E poi quei dannati occhi, che mi vedevano fin dentro l'anima. Se ne accorse il bastardo. Se ne accorse e ne approfittò, come solo lui poteva fare. Sarei dovuto scappare in quel momento, uscire da quella cazzo di macchina e mettermi a correre fino a casa. Ma in quel momento non sentivo neanche i miei stessi pensieri. Il suo sorriso cambiò, i suoi occhi vagarono su di me, come se fossi l'unica cosa che valesse la pena essere guardata -Stai bene oggi. È un peccato che non sarò l'unico a vederti così- Così come si era alzata in fretta, la tensione calò di colpo quando lui aprì la portiera e scese. Mi resi conto che avevo trattenuto il respiro. Incredulo e confuso mi misi le mani sulla faccia, che aveva ovviamente preso fuoco. Mi veniva sinceramente da piangere, talmente stupito da essere terrorizzato. Sapevo cosa stava cercando di fare Vincent, era davvero palese che ci stesse provando con me, ma non poteva essere davvero così. Era il primo a sapere che odiavo certe cose, no? Però non era lui a farmi paura, ma io. Stavo letteralmente faticando a respirare. Diedi la colpa alle coincidenze, agli Dei. Mi venne in mente la famosa tentazione. Che il diavolo mi stesse tentando? Un po' assurdo, certo, però mi sentivo esattamente così, e io non dovevo cedere per niente al mondo. Feci un bel respiro e uscii dalla macchina. Lui era appoggiato di fianco alla mia portiera. Mi squadrò di nuovo, lo sguardo lascivo, ma non disse niente. Attraversò la strada, facendosi seguire. Si fermò davanti ad una delle case, tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e aprì la porta. Mi fece segno di entrare e io obbedii, non poco contrariato dal modo in cui mi dava ordini senza farlo davvero. Quando varcai la soglia un forte odore di erba mi intasò le narici. Non fui l'unico a notarlo, infatti Vincent si fermò un attimo, annusando l'aria. -Io li faccio fuori- Borbottò superandomi a passo svelto. Non sapendo che altro fare gli andai dietro, quasi correndo. Entrammo in una stanza completamente intasata dal fumo. Attraverso di esso a stento vidi le tre figure sfocate colpevoli. Quando Vincent oltrepassò la porta, le risate provenienti dal trio si zittirono di colpo -Io vi faccio fuori- Disse di nuovo. Nessuno fiatò -CHE CAZZO VI AVEVO DETTO?! – sussultammo tutti, vedendolo così incazzato. Iniziò a spostarsi per la stanza aprendo le due finestre, continuando a inveire con non si sa chi in particolare. Si mise a gesticolare con enfasi, cercando di far uscire il fumo dalle finestre. Era una scena abbastanza comica, ma nessuno osò nemmeno fiatare. Vincent arrabbiato era una cosa rara. Quando la visibilità si alzò, le tre figure acquistarono dei contorni. L'ansia di essere stato attirato in una specie di trappola scomparve nel momento in cui Fred, Grayson e Linda comparvero, seduti su un divano grigio. Fissavano tutti Vincent, la colpa negli occhi. Fred spense la canna dentro ad un portacenere e abbassò lo sguardo, Linda lo imitò subito dopo. Grayson fu l'unico a mantenere un minimo di sicurezza. -Vinc... - Iniziò Linda. Fissavo la scena da appena fuori la porta, troppo timoroso da entrare. -Sono via letteralmente da meno di 20 minuti e vi avevo dato solo UNA regola! – Prese fiato, passandosi una mano sulla faccia -Sono uscito per fare una cosa che mi avete chiesto voi, tra l'altro, e voi fate sto casino? – Sapere che venire a prendermi non era stata una sua idea mi mise una brutta sensazione nello stomaco, come di delusione. -Vincent non pensavamo che fosse così importante. Cioè, non fumare in casa? Quanti anni hai? Tredici? – Fred fulminò Grayson con lo sguardo-Gray, non siamo in casa nostra- Ero sempre più confuso e mi sentivo fuori posto. Indietreggiai di un passo. Poi un altro. Mi girai verso la porta il più lentamente possibile, ma non abbastanza velocemente da sfuggire al mio destino -Nico non ci provare, torna qui- Vincent mi venne dietro e mi afferrò per un braccio -Non andartene, solo... fammi sistemare questo casino- Aveva l'espressione esasperata quando tornò nel piccolo salotto. Volevo scomparire, ma non avevo scelta quindi lo seguii di nuovo. Quando entrai avevo gli occhi di tutti e tre puntati addosso. Linda quando mi notò, si alzò di scatto e mi venne in contro. Mi attirò a sé in un soffocante abbraccio, la cosa più rassicurante nelle ultime ore. Mi abbandonai a lei, ricambiando l'abbraccio con molto più affetto di quanto volessi effettivamente dare. Quando si staccò aveva un sorriso da ebete sul volto. Era molto più bella di quanto sembrasse sotto le luci lampeggianti di quando l'aveva conosciuta -Oddio Nico mi dispiace così tanto per l'altra sera, mi avevi chiesto di tenerti d'occhio e io mi sono fatta distrarre e ti sei fidato e- Grayson, che non si era mosso, la interruppe -Perché, che è successo l'altra sera? – Chiese sedendosi composto -Non c'eri- Disse soltanto Vincent evitando il suo sguardo. Ora più che mai volevo andarmene. La memoria mi giocava brutti scherzi, e più ne parlavano più il ricordo di quel tizio si schiariva nella mia mente. -Lo so che non c'ero, ho chiesto cos'è successo- Vincent lo fulminò, come se lo avesse volentieri buttato fuori di casa all'istante. Fred, non facendo caso né alla mia espressione supplichevole, né a quella incazzata di Vincent, si mise a spiegare, senza rendersi conto del disagio che si sarebbe creato -Un tizio gli ha messo le mani addosso mentre lui era completamente andato- Sentii le guance incendiarsi e la vergogna mi si insinuò nello stomaco, divorandolo. Come se non bastasse aggiunse -Probabilmente se Vinc non se ne fosse accorto, se lo sarebbe sicuramente scopato seduta stante- Guardai Fred, supplicando solo che smettesse di parlare. La sensazione di oppressione che avevo nel petto si estese sempre di più, gli occhi iniziarono a pizzicare. Grayson si girò verso di me e sul suo viso comparve un sorriso -Ah ma davvero? – Fece scorrere gli occhi su tutto il mio corpo, per poi tornare a guardarmi negli occhi. – Se devo essere sincero avrebbe dovuto, magari gli dava un po' di vita- Sgranai gli occhi e Vincent mi si avvicinò a grandi passi. -Gray ma che cazzo di problemi hai? – Mi si mise davanti, come a farmi da scudo, Linda si irrigidì al mio fianco. Fred non disse una parola, si limitava a fissare Grayson come se fosse un alieno. – Puoi andartene? – Chiese Linda con un filo di voce. Lui si alzò di colpo, andando verso di lei, l'espressione incredula -Amore era solo una battuta, non dicevo sul serio, lo sai- Lei si spostò ancora, liberando il passaggio per la porta d'ingresso. Gli lanciò un'occhiata omicida e lui non disse niente, si limitò a fissarla con disprezzo -Non posso crederci- Borbottò soffermandosi un istante su di me, per poi uscire dalla stanza a passo svelto. Sentimmo la porta sbattere e tornai, a respirare normalmente. Per diversi secondi nessuno proferì parola, come se, rompendo il silenzio, saremmo stati costretti a renderci conto di cos'era appena successo. Fu Vincent a romperlo. Si girò verso di me -Mi dispiace, non avrei dovuto portarti qui. Grayson sa essere davvero un pezzo di merda- Non avevo idea di come reagire, mi sentivo come se le mie gambe non facessero più parte del mio corpo. Lo guardai, cercando della sicurezza, almeno da parte sua. Invece trovai solo senso di colpa e frustrazione -Fa niente-Mi schiarii la voce, cercando di riattivarla. -Non è così grave, è finita bene quella notte quindi non c'è niente di cui preoccuparsi- Sembravo l'unico convinto di ciò. Vincent mi fissava e mi faceva incazzare, con quello sguardo preoccupato. -Dio mio, ho detto che va tutto bene, riprenditi Vincent- Gli sorrisi nel modo più convincente possibile, e solo allora si spostò. Mi accomodai vicino a Fred, che mi sorrise, incerto. L'odore di fumo ormai era quasi sparito, ma solo quando fu del tutto estinto Vincent si accomodò al mio fianco. Nella stanza si era creato un buco nero di disagio e non potei fare altro che fissarmi i piedi, cosa in cui ero diventato uno specialista. Linda mi si parò davanti, convinta di dovermi altre scuse-Mi dispiace Nico, ti sei fidato di me e io ti ho perso di vista, mi dispiace un sacco- Io annuii, cercando di sorriderle -Non è stata di certo colpa tua, basta parlarne- Lei abbassò la testa -Volevo farti conoscere il nostro mondo nel modo migliore possibile, non doveva finire così, ci credo se ora non vorrai più avvicinarti a noi e a tutto... questo- Sorrisi e scossi la testa -Poteva accadere ovunque, comunque è solo grazie a voi che ne sono uscito illeso, quindi dovrei ringraziarvi piuttosto- Mi girai verso Vincent, che mi fissava con lo sguardo acceso -Soprattutto tu, non so se te l'ho detto- Lui inarcò le sopracciglia senza capire cosa intendessi. Mi avvicinai e, quando a separarci c'era solo una spanna o due, sussurrai, guardandolo dritto negli occhi -Grazie Vinc- Sapevo che non dovevo giocare con il fuoco, ma così facendo, nel momento in cui lui si tirò indietro di colpo, gli occhi sgranati e le guance che tendevano al beige, mi resi conto che i miei timori erano fondati. Gli piacevo in quel senso e Dio solo sa quanto avessi avuto paura di ciò. Finiti i chiarimenti l'atmosfera si calmò e, mentre Linda mi dava il suo numero, Vincent obbligò Fred a fumare di fianco alla finestra -Se sento anche solo l'apparenza di odore di erba caccio anche te- gli aveva detto con tono che non ammetteva repliche. -Perché quest'ossessione per l'odore di fumo? – Gli chiesi qualche minuto dopo mentre Linda e Fred parlavano per i fatti loro. Qualcuno aveva fatto partire una piccola cassa Bluetooth, la musica elettronica come sfondo. Eravamo solo noi due sul divano, quindi io mi ero sistemato al suo fianco con le gambe incrociate in modo da guardarlo in faccia. Lui invece aveva accavallato le gambe ed era appoggiato al gomito che teneva sopra la testa, appoggiato allo schienale del divano. Avevo tutta la sua attenzione, e non mi sembrava una buona cosa. -Mio padre sa che fumo e cosa fumo, ma non tollera l'idea che lo scopra sua moglie- All'improvviso mi rivenne in mente la prima volta che avevo parlato con lui sul serio. Mi ricordai della foto che mi aveva mostrato della madre e l'espressione triste che aveva parlandone. Unii i puntini -Non voglio essere invadente quindi fermami in ogni momento, ma non è tua madre vero? La moglie di tuo padre? - Lui storse il naso e si scurì -No, e non lo sarà mai- Avevo toccato un tasto dolente e probabilmente dovevo cambiare discorso al volo, però non resistetti, infondo lui sapeva della mia vita molto più di quanto sapessi io della sua -Tua madre è...? – Lui si scostò di colpo, distogliendo lo sguardo. -Si, è morta- Abbassai lo sguardo e mi sistemai anche io, imitando la sua postura -Mi dispiace, non dovevo chiedertelo- Sussurrai, i sensi di colpa mi attraversarono il petto. Ero davvero un disastro. Lui non disse niente per un attimo quasi infinito. Quando si girò verso di me aveva gli occhi tristi, e non lo sopportai. Non sopportavo che a renderlo così fossi stato io- Mi sorrise -Non preoccuparti- Si tirò su, cercando di sollevarsi il morale -Scusa se ti ho rapito, ma Linda mi stava facendo impazzire- Sorrisi girandomi verso di lei. Prendermi una cotta per lei sarebbe stato comodo e appropriato, e poi era una persona adorabile. Ma quando la osservai non sentii assolutamente niente se non un forte affetto. Quando tornai a guardare Vincent invece, che aveva l'abitudine di fissarmi con quegli occhi, mi si capovolse lo stomaco. All'improvviso mi sentivo a disagio, colpevole e sporco. Mi alzai di scatto -Dov'è il bagno? - Chiesi senza guardarlo negli occhi. Lui sembrava confuso -Seconda porta a sinistra da qui- Mi allontanai a grandi passi, seguendo le indicazioni che mi aveva dato. Appena lo trovai mi chiusi la porta alle spalle, all'improvviso senza fiato. Aveva un piccolo specchio, che mi fece immediatamente notare lo stato pietoso in cui mi trovavo. Avevo i capelli completamente scompigliati, Dio solo sa perché collo e viso erano completamente rossi, e con il fiatone sembrava che avessi appena corso una maratona. Mi appoggiai al lavandino e mi feci scorrere l'acqua fredda sulle mani, per poi spargermela sulla faccia con urgenza. Avevo caldo e stavo sudando. Tanto. Avevo letto abbastanza libri e visto abbastanza film da intuire di che sintomi si trattassero. Fissai la mia figura come se stessi osservando un estraneo. Non ero così. Non potevo essere così. No. Uscii dal bagno quasi di corsa -Vincent devo tornare a casa- Lui mi guardò, interrogativo -Va tutto bene? – Scossi la testa senza guardarlo -Non mi sento bene- Lui si alzò e si avvicinò con chissà quale intenzione. Indietreggiai -Non vorrei attaccarti qualcosa- dissi cercando di essere il più convincente possibile. Lui non ritentò. Salutai Linda e Fred, abbracciando di nuovo Linda, che sapeva di cioccolato. Innamorarsi di lei sarebbe stato molto più semplice per tutti. Si. L'idea di fare un altro viaggio in macchina con Vincent non mi piaceva per niente. Non volevo sapere perché il mio corpo reagisse così tanto a lui, ma dovevo estinguere il problema alla radice, rimangiarmi tutte le promesse e troncare completamente i rapporti. Poiché fosse possibile dovevo innanzitutto tornare a casa. Presi un respiro e entrai nella sua macchina, che aveva il suo odore. Vedevo che mi lanciava qualche occhiatina di tanto in tanto, ma non ricambiai mai, terrorizzato all'idea di poterci cascare di nuovo. Lui d'altronde non fece domande e non parlò. Notai con paranoia che aveva imparato a memoria come arrivare a casa mia. Il viaggio mi sembrò molto più lungo dell'andata. Quando finalmente arrivammo, avevo l'impulso di scaraventarmi fuori, ma un pensiero molto peggiore di Vincent mi divorò. Senza riflettere mi girai verso di lui, al limite del panico -Puzzo di fumo? – Lui mi guardò, e quando mi resi conto di cosa volesse distolsi lo guardo, fissando dritto davanti a me, senza scostarmi. Lui si fermò a qualche centimetro dal mio collo, il suo respiro mi accarezzava la pelle. Lo aveva capito, l'effetto che mi faceva. Era ovvio. Non osai muovermi, come paralizzato. Si avvicinò al mio orecchio -No, vai bene- Sussurrò a voce bassa e volutamente maliziosa, soffiandomi leggermente sul collo. Rimasi immobile mentre lui si tirava indietro. Aprii la portiera di colpo e mi buttai fuori, ringraziandolo sbrigativamente. Mi girai appena prima di chiudere la porta e, com'era ovvio, stava sorridendo. 

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