La banda è di nuovo insieme

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Decine e decine di persone, uomini, donne e bambini di tutte le età, uscirono dalla sala cinematografica. Tutti erano spensierati, entusiasti del film appena visto.

Era il momento perfetto per andarsene, pensò Evelyn. Nessuno li avrebbe notati. Sarebbero stati solo cinque ragazzi qualsiasi.

"E... mischiarsi..." disse Dustin, prima di spalancare completamente la porta del bagno.

Ad uno ad uno uscirono e si gettarono nella calca. Evelyn si guardò intorno. Era rimasta così tante ore dentro quella base segreta da non sapere nemmeno che giorno fosse. Era sera, di questo ne era certa. Ma stabilire se fosse il 4 luglio o addirittura il 5 pareva un'impresa impossibile. Non che fosse così indispensabile. In fondo in quel momento avevano ben altri problemi a cui badare.

"Cavolo," mormorò Erica qualche passo avanti a lei, "ha funzionato."

"Ma certo che sì." rispose Dustin. Un sorriso rassicurante si fece largo sul suo volto. "Ora prendiamo l'autobus con gli altri e casa dolce casa, eccoci."

A quell'affermazione, la bocca di Steve si contorse in una smorfia. "Non credo sia una buona idea."

Evelyn ci impiegò qualche secondo a capire.

"Perché?" domandò Dustin.

"Io..." mormorò Steve. "io... beh, potrei..."

Il ragazzo spostò lo sguardo su Evelyn, supplicandola di aiutarlo.

"Questo idiota ha detto il tuo nome e cognome alle guardie." concluse la ragazza. "Ci impiegheranno dieci minuti a trovare casa nostra."

Dustin era sconvolto. Fissò prima Evelyn, poi spostò lo sguardo su Steve. "Cosa ti è preso?" esclamò il ragazzino, tentando di mantenere un livello di volume adeguato. Non potevano farsi prendere dal panico. Non in quel momento.

"Bello, ero drogato." si difese Steve.

"Allora?"

Steve guardò il ragazzino come se avesse detto la più grande cavolata del mondo. "Allora?" domandò offeso.

"Allora resisti." continuò l'altro. "Stringi i denti come un uomo."

"Sì, è facile per te dirlo."

"Hai condannato a morte il fratello della tua ragazza, Steve. Ti sembra normale?"

"Nessuno di noi morirà!" esclamò Evelyn.

Robin le afferrò la stoffa dei pantaloni e diede un forte strattone. "Forse sì..." mormorò, richiamando l'attenzione dell'amica.

Evelyn si guardò intorno, spostando lo sguardo da destra verso sinistra. Ma il loro peggior incubo si trovava proprio davanti a loro. Due guardie sovietiche bloccavano il passaggio perquisendo persona per persona.

"Contrordine! Contrordine!" urlò Dustin non appena uno dei due russi si voltò verso di loro.

Li aveva riconosciuti.

Iniziarono a correre nella direzione opposta. Si fecero largo tra la marea di gente, sperando di seminare velocemente le due guardie, ma i russi non si fecero sorprendere. Rimasero alle loro calcagna corridoio dopo corridoio.

I ragazzi continuarono a correre senza una metà precisa. Neanche davanti alle scale mobili spente si arresero. Si lasciarono scivolare giù e giunsero nella sala ristoro. Si nascosero dietro uno dei banconi, quello più discreto, senza troppe luci ad illuminarlo.

Rimasero accovacciati lì dietro per minuti e minuti. Non dovevano fiatare. Un solo rumore è sarebbero morti. Si strinsero più vicino. Robin prese la mano di Evelyn e iniziò a stringerla il più forte possibile, tanto da non farle più scorrere il sangue.

We can be heroes - Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora