12 anni prima
Il mio nome è Era. Sì, proprio come la dea greca, ma non c'è nulla di epico dietro la scelta di questo nome, anzi, lo trovo piuttosto imbarazzante. Almeno, ai miei occhi. Mamma e papà stavano per separarsi, ma quando lei scoprì di essere incinta, prese la gravidanza come un segno del destino. Quando seppe che aspettavano una femmina, decise di chiamarmi come la dea della famiglia, convinta che avessi salvato la nostra. Morirono entrambi, però, in un incidente stradale un mese dopo la mia nascita.
Non mi piace il mio nome. Un compagno di classe, Nathan, mi prende sempre in giro. Mi chiama "C'era una volta", e io mi arrabbio ogni volta.
«Le regole non erano queste, lo sai che non devi nasconderti fuori», mi dice Bryan, mio fratello, trovandomi.
Che noia le regole! Non mi piacciono. Giochiamo sempre a nascondino, e lui sa benissimo che, come ogni volta, farò di testa mia e mi nasconderò dove voglio. Eppure, continua a ripetere le stesse cose, come se non mi conoscesse...
Non vuole che esca da sola, nemmeno in cortile, perché l'ultima volta sono scappata di casa e sono andata a nascondermi nel giardino della vicina. Volevo solo giocare e far impazzire mio fratello, ma ho finito con una bella punizione e una ramanzina di cui avrei fatto volentieri a meno. Quella volta ridevo come una matta, mentre lui e zia Lucy gridavano il mio nome a squarciagola, in preda al panico.
Tutto il vicinato era uscito in strada a cercarmi, ma io non me ne preoccupavo affatto; ero tranquilla, nascosta nella siepe a giocare con i fiorellini. Solo quando ho sentito le sirene della polizia ho deciso di fare il mio ingresso trionfale, urlando "sorpresa" e correndo verso casa sotto gli occhi sbalorditi di tutti.
Dopo quella bravata, mi è stato proibito di guardare la televisione e di giocare per un mese. E no, non parlo di giochi con le bambole o i LEGO. Parlo dei giochi di ruolo e di società, quelli che adoro. Avete idea di cosa significhi non poter giocare per così tanto tempo? Ho solo sette anni, la mia pazienza è limitata.
Non rimanevo mai sola a casa; c'era sempre la tata quando zia lavorava, o mio fratello quando non era a scuola o fuori con gli amici. Non c'era modo di infrangere la punizione, anche perché zia aveva nascosto tutti i miei giochi.
Amo giocare con Bryan. Di solito, è lui il mio compagno di giochi preferito, ma ora che è più grande e mi dedica meno tempo, l'ho sostituito con il mio pupazzo preferito: un dinosauro blu di nome Rolly. Ci sediamo per terra, a gambe incrociate, e giochiamo a Monopoly, Scarabeo o Dama. Non importa il gioco, basta divertirsi.
«Mi stai ascoltando?» mio fratello mi osserva, seduto accanto a me, ai piedi del nostro ciliegio. Annuisco, mentre rigiro tra le mani uno strano oggetto rosa che il vento ha portato nel nostro cortile. L'ho visto volare dalla finestra della cucina mentre cercavo di nascondermi sotto il lavabo e, spinta dalla curiosità, sono corsa fuori.
«È un origami. Dove l'hai preso?» mi chiede accarezzandomi la testa. «È lui che ha trovato me», rispondo, guardandolo. Lui scuote la testa, poi si alza e mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi. Rientriamo in casa: è ora di cena, ma zia Lucy è ancora a lavoro, quindi dovrò mangiare la disgustosa sbobba cucinata da Bryan. Pasta e fagioli, bleah. Ha quindici anni, dovrebbe saper cucinare decentemente, e invece tutti i suoi piatti hanno lo stesso sapore: terribile.
Dopo cena ci sediamo sul divano, e ne approfitto per chiedergli più informazioni sull'origami.
«Si chiama inferno paradiso. Nei triangolini puoi scrivere quello che vuoi. Guarda, facciamo una prova», mi solleva e mi mette sulle sue ginocchia. «In questi buchi devi infilare il pollice e l'indice di entrambe le mani, poi con movimenti orizzontali e verticali lo fai muovere. Io ti dico un numero e tu conti. Ti fermi quando arrivi a quel numero, ok?» Sembra così difficile... Sceglie il numero undici e io inizio a muovere l'origami.
«Guarda, funziona!» esclamo entusiasta. Lui ride e mi dà un bacio sulla guancia.
«Ok, ora scegli un triangolino e alzalo.» Le mie mani sono piccole, e non è facile tenere l'origami aperto con una mano e sollevare il triangolo con l'altra.
«Aspetta, scelgo io», dice Bryan, vedendo la mia difficoltà.
Punta il suo dito sul triangolo in basso a destra e lo solleva, mentre io lo guardo con occhi adoranti, come nei manga. «Non c'è scritto niente», esclamo, con un velo di tristezza.
«No, ma facciamo finta che ci sia scritto "sei bellissima". Sta a te scrivere quello che vuoi. Domani puoi portarlo a scuola e giocarci con i tuoi compagni», dice, accarezzandomi il naso. Felice, gli butto le braccia al collo e mi stringo forte a lui.
«Ti voglio bene, B», gli dico sincera. Lui avvicina la testa al mio orecchio e mi sussurra: «Anche io, tanto».
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INFERNO PARADISO
ChickLitEra ha 19 anni ed ha avuto un infanzia traumatica. Cresciuta con suo fratello Bryan e sua zia Lucy possiede un carattere forte e...particolare. Odia le regole ma ama i giochi di società. Giochi che conduce nella biblioteca scolastica della Columbia...