CAPITOLO 19

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Abigail.
Ora lui sa.
E presto lo saprà anche mio fratello.

Non lo vedo dalla caccia al cadavere.
Sono passate tre settimane da quella notte ma ricordo ogni attimo.

Bryan che sfonda il portone della Trinity church, la disperazione nei suoi occhi e nei miei ma per motivi differenti.

Aveva seguito Kelly, l'aveva fermata davanti alla public Library e le aveva fatto svuotare il sacco, come si suol dire.

<<Sentivo che mi nascondevi qualcosa>> aveva detto, anzi urlato, una volta rientrati nella nostra abitazione.

Avevo lasciato il posto ad Era, non potevo gestire anche lui.

Lei gli aveva confidato che non si ricordava, non aveva idea di cosa stesse facendo né delle conseguenze a cui andavamo incontro.

Mentiva.  Sapeva tutto ovviamente ma lei è molto attaccata a lui e non avrebbe mai ammesso di essere una sadica, perversa, manipolatrice, subdola ragazza perché non è così. Sono io, Abigail a possedere quelle qualità. Era è il mio opposto.

Kelly mi chiama quotidianamente ma ignoro le sue telefonate. Mi ha tradita.

Poteva usare la fantasia, essere creativa e invece ha preferito sputtanarmi con mio fratello.

<<Non ho avuto scelta>> aveva detto in lacrime davanti all'altare.

Dinnanzi a quel cadavere aperto, Bryan si era quasi sentito male. Aveva chiamato l'obitorio, restituito il corpo e pagato cinquantamila dollari per il loro silenzio. Lo stesso aveva fatto con i partecipanti, tremila dollari a testa per tenere la bocca chiusa.

Diana invece è qui con me. Sdraiata sul divano, una rivista di moda aperta che sfoglia più per noia che per reale interesse.

Ed ora, in piedi dietro di me, due guardie del corpo mi tengono d'occhio. Posso uscire solo per andare in università o per recarmi da Edmund e anche in quei casi, loro sono la mia scorta.

Alti, longilinei. Uno biondo e l'altro moro. Non mi è concesso di sapere nemmeno i loro nomi. Basta che loro sappiano il mio e quello di chiunque mi si avvicina.

Ripenso all'ultima seduta con Edmund, il suo viso confuso quando gli ho rivelato il mio vero nome e quel momento di intimità.

Stento a credere che non abbia voluto proseguire, la sua morale di merda mi fa perdere la testa.

Il telefono squilla ancora, lo prendo dal bracciolo e guardo lo schermo.

Bryan.

<<Pronto>> rispondo.

<<Sarò a casa entro sera. Il tuo psicologo vuole parlarmi, verrai con me>> la voce dura e fredda mi fa capire che è ancora molto arrabbiato.

<<C'è altro?>> Chiedo osservando le bestie dietro di me, consapevole di non potergli sfuggire.

<<No>> riaggancia.

Edmund ha deciso di informarlo.

La sala d'attesa è deserta. La segretaria sexy non è seduta al suo tavolo.

Bryan se ne sta in piedi, appoggiato ad una parete. Due macchie nere sotto gli occhi verdi che si muovono da una parte all'altra di quell'enorme stanza.

Io, seduta su una poltrona attendo che che Edmund si faccia vivo.

<<Hai mangiato?>> Il silenzio viene rotto da mio fratello che mi pone una domanda di circostanza.

<<Si>> rispondo.

Il suono metallico di una serratura precede il mio psicologo.

<<Entrate>> dice, aprendo la porta del suo studio.

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora