CAPITOLO 13

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Io e Bryan siamo rimasti sdraiati sul prato per un tempo indefinito. E non ci importava della pioggia incessante, del freddo, dei vestiti fradici. Eravamo ancora noi, lui la mia ciliegia ed io la sua. Ancora insieme sotto quell'albero, ai piedi delle radici del mio essere.

<<Pensi mai alla mamma?>> chiede  mio fratello intento a preparare il pranzo mentre io,seduta per terra, fisso il vuoto.

<<Mai>> rispondo.

<<Come mai questa domanda?>> continuo, sollevando la testa per guardarlo.

Bryan alza le spalle.
<<Niente>> risponde.

<<Sai, qualche giorno fa sono sceso in cantina per cercare uno strumento e dentro una scatola ho trovato i disegni che facevi da piccola>> dice con malinconia e un triste sorriso sul volto.

<<Zia lucy scriveva sempre le date sul retro dei fogli>> aggiungo.

Mio fratello abbassa gli occhi per osservarmi e annuisce. Zia Lucy era la sorella di mia madre. Si è presa cura di noi e ci ha cresciuto come se fossimo figli suoi. Lei che di figli non ne ha mai voluti, si è ritrovata ad accudire due bambini, per lo più da sola.
Era una donna dai lunghi capelli neri sempre legati in una treccia. Gli occhi azzurri come il cielo, la pelle di porcellana e un corpo minuto. Si caricava di lavoro pur di non farci mancare nulla. Era una sarta ma all'occorrenza diventava  una domestica, una cuoca, una badante...poi, cinque anni fa, si è spenta all'età di quarant'anni, per un infarto.

<<Vieni, siediti a tavola. È pronto>> dice Bryan distogliendomi dai miei pensieri. Mi alzo dal pavimento e prendo posto.

Nonostante gli sforzi, rimane la solita schiappa in cucina, questo risotto fa pena.

<<Cosa ci hai messo dentro?>> chiedo sentendo un prurito in gola.

<<Albicocche e gorgonzola>> risponde fiero.

Sgrano gli occhi e faccio cadere la forchetta nel piatto. Mi alzo di scatto, appoggio una mano sul muro e l'altra sul collo. Non respiro.

Provo a schiarirmi la gola ma non ci riesco. Mio fratello si alza spaventato e viene in mio soccorso.

<<Era cos'hai?>> urla impanicato.
Indico il piatto, lui si volta verso la tavola, non comprende.

Non riesco a parlare, sento il corpo intorpidito e un peso sul petto. Ho le vertigini e sento le labbra gonfie.

<<Ti porto in ospedale!>> dice B prendendomi in braccio ma la sua voce la sento in lontananza, sto perdendo i sensi.

Quando riapro gli occhi, sono distesa su un letto, in ospedale. C'è puzza di disinfettante, le luci sono troppo forti e le pareti completamente bianche.

Ho un gran male alla testa. Porto una mano alla tempia per massaggiarla quando sento la voce di Diana.

<<Finalmente ti sei svegliata>> sussurra dandomi un bacio sulla fronte.

<<Che cazzo ci fai qui?>> dico mettendomi seduta.

<<È tornata la solita Era>> afferma Kelly dall'altra parte della stanza, appoggiata al davanzale della finestra.

<<Vado a chiamare il medico>> risponde la bionda prima di uscire dalla stanza.

Non ricordo nulla, solo che stavo mangiando con Bryan. E questo dolore alla testa mi sta facendo impazzire.

Dopo qualche minuto, la principessa rientra accompagnata da un uomo sulla sessantina, ha i capelli biondi e indossa un camice bianco.

<<Buonasera Signorina Cooper, sono il dottor Borne >> dice lui aprendo la cartellina rigida che tiene tra le mani.

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora