CAPITOLO 4

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Domenica. L'origine deriva dall'espressione latina dies dominicus (giorno del signore).

Mosè racconta che al termine della creazione Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò al riposo perché con esso aveva concluso ogni opera che egli aveva fatto creando gli altri sei.

Cosa si fumava esattamente Dio?

Pensate che fatica creare altri sei giorni di merda come la Domenica, totalmente uguali.

Gli esseri umani, sempre così insicuri da dover necessariamente credere in qualcosa di superiore, così insicuri da credere che qualcuno li protegga dall'alto dei cieli.

Non dovremmo essere noi il nostro stesso Dio?

Arrivo da Diana puntuale, come sempre. Il pomeriggio tra amiche-nemiche prevede cibo spazzatura, giochi di società e inutili lamentele da parte delle mie compagne disaddattate.

Suono il campanello dell'appartamento mastodontico di Diana. Situato nell'Upper east side, fa parte di un complesso residenziale al quale possono accedere soltanto le famiglie potenti.

Attendo qualche minuto, ad aprirmi è la signora Stacy, la governante della famiglia Brown. Una donna molto bella, il viso incorniciato da un caschetto mosso ramato, gli occhi piccoli di un colore verde smeraldo e una bocca molto sottile.
Un tubino nero avvolge le forme delicate del suo corpo e un paio di décolleté rosse la alzano di cinque centimetri.

Più che la signora che gestisce questa casa, sembra la padrona di casa.

<<Benvenuta Signorina Cooper, prego, si accomodi>> i suoi toni aggraziati mi infastidiscono. <<Buongiorno Stacy>> le rispondo con il tono più cordiale che le mie corde vocali riescano ad emettere.

<<Le signorine la aspettano nella sala da pranzo, desidera qualcosa da bere?>> domanda facendomi strada affiancandomi. <<No grazie>> ribatto sbuffando.

Mentre percorro il lungo corridoio che divide il salone dalla sala da pranzo, mi soffermo su un oggetto che i miei occhi non avevano mai notato con tutte le volte che ho frequentato questa casa.

Una statua dalla forma fallica è adagiata in un angolo. Alta almeno due metri, totalmente nera, sembra di legno ma non ne sono sicura.

Kelly e Diana sono sedute a gambe incrociate sul tappeto persiano bianco e rosso della sala da pranzo.
<<Eccola la nostra stronza>> esclama Diana non appena mi vede sulla soglia della porta.

Con un cenno di mano mi invita a sedermi con loro che sono immerse in una montagna di patatine, burro di arachidi e focaccine.
Procedo verso di loro ma decido di sedermi sul divano Chesterfield bianco. Con la schiena appoggiata allo schienale e le gambe divaricate le fisso mentre ingurgitano calorie su calorie.

<<Allora, faremo qualcosa di divertente o devo rimanere qui, seduta ad osservare le vostre espressioni facciali?>> domando con il mio solito tono arrogante.

Kelly si volta verso di me osando una risata, intanto, Diana rimane impassibile.

<<Cosa vorresti fare?>> chiede quest'ultima.

<<Voglio giocare a scacchi e chi perde dovrà affrontare una penitenza>> dico abbassando il tono della voce con una sfumatura molto provocante.

<<Era basta! Hai già i tuoi giochi, possibile che devi sempre cadere nella malizia?>> Kelly, ora sdraiata a terra con le mani dietro la testa non riesce proprio a tenere a freno la lingua.

<<Hai notato malizia? Io parlavo di penitenze...pesanti. Diciamo cosi>> rispondo sporgendomi verso di loro con un sorriso. Ogni volta che parlo di giochi e penitenze il loro volto si incupisce,  gli occhi sembrano privi di anima e potrei giurare che il loro cuoricino smetta di battere per qualche secondo.

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora